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AGNADELLO (CR), NORD tav. 16 E4

Agnadello 14 maggio 1509

nicola zotti

Quanta storia d'Italia è concentrata nelle vicende che ruotano attorno alla battaglia di Agnadello: non mi stupisco che per la prima volta si sia sentito "Italia" come grido di guerra, seppure associato dai veneti, bontà loro, al nome di San Marco.

Il papa aveva riunito la lega di Cambrai contro Venezia, quando questa, nel 1508, si era impadronita della Romagna, territorio che avrebbe dovuto essere di sovranità papale.

Francia, Impero e Napoli si erano associate al papa nell'impresa: un'esagerazione, si penserebbe oggi. Ma Giulio II era uno che faceva le cose in grande, la Cappella Sistina insegna. E oltretutto l'Imperatore Massimiliano I si dimostrò piuttosto lento nell'azione.

Il re di Francia Luigi XII, radunato un esercito di 15.000 cavalieri, 14.000 fanti francesi e 8.000 svizzeri, marciò verso l'Adda. Dopo averlo attraversato incontrastato su due ponti di barche presso Bassano, si diresse a Pandino passando per Rivolta d'Adda.

Poco apprezzata dai veneziani l'utilità di un ostacolo strategico come l'Adda, la campagna poteva dirsi conclusa: ma Pitigliano, comandante delle forze della Serenissima, aveva ricevuto precisi ordini di rifiutare battaglia e, come vedrete in seguito, ubbidì alla lettera.

I veneziani, divisi su due colonne, muovevano anch'essi verso sud e la retroguardia, guidata dall'Alviano (15.000 fanti di cui 4.000 romagnoli e 3.000 cavalieri), raggiunse e superò Agnadello entrando in contatto con l'avanguardia francese, disponendosi subito a dare battaglia ed informando delle proprie intenzioni Pitigliano, che rispose invitandolo a ripiegare verso Vailate, mentre lui lo avrebbe preceduto andando verso Brescia.


L'Alviano, non ubbidì all'ordine del suo superiore, ma si fermò dove si trovava: una forte posizione dietro un terrapieno, al riparo del quale pose una parte delle sue artiglierie (6 cannoni) e i romagnoli. Subito di rincalzo mise il resto delle sue fanterie e in terza linea, su una posizione dominante, schierò altra artiglieria (14 cannoni) e la cavalleria.


Compito di una retroguardia è quello di costringere l'avversario a schierarsi per rallentarne l'avanzata. Quello di un'avanguardia è invece attaccare immediatamente per impedire alle truppe nemiche di sganciarsi: Alviano non rispettò il proprio compito, mentre Gian Giacomo Trivulzio e Carlo d'Amboise, che guidavano rispettivamente gli svizzeri e la cavalleria francese all'avanguardia, eseguirono il proprio, forse addirittura con zelo eccessivo.

La cavalleria di d'Amboise attaccò i veneziani appena giunta sul campo di battaglia, ma venne respinta. Dopo di lei, anche gli svizzeri assalirono la forte posizione del terrapieno subendo la stessa sorte. (1) Era una sconfitta parziale di cui Alviano provò ad approfittare con un contrattacco locale, senza particolare successo.

Pitigliano non si mosse verso il "suono del cannone", ma proseguì imperterrito la marcia verso Brescia, allontanandosi sempre più dalla battaglia, mentre la colonna francese si schierava unità dopo unità, impegnando con intensità crescente lo schieramento veneziano. Da ultima la retroguardia (2) composta di guasconi, condotta da Baiardo, si trovò a superare l'ala destra veneziana e attaccò con decisione i cannoni e la cavalleria sull'altura.

La cavalleria sbandò, abbandonando i cannoni al proprio destino. I francesi ne approfittarono aprendo il fuoco alle spalle dei veneziani (3).

Era la fine per l'armata veneziana, che si disperse. Soli e circondati rimasero i romagnoli, ai quali venne offerto di arrendersi: rifiutarono e vennero sterminati.