torna alla homepagetorna alla homepage
storia militare e cultura strategica
torna alla homepage
 
dalle discussioni
dell'area Warfare di MClink,
a cura di Nicola Zotti
 
home > campi di battaglia d'Italia > Montaperti (4 settembre 1260)


ricognizioni
in territorio ostile


recce team

storie
strategia
tattica
what if?
vocabolario
documenti
segnalazioni
link
scrivici


quelle piccole sciabole incrociate

quelle piccole spade incrociate

Viaggi nei
campi di battaglia d'Italia
sulle carte del Tci

 


MONTAPERTI (SI), CENTRO tav. 9 E4

Montaperti (4 settembre 1260)

nicola zotti



Non tutti gli anniversari sono importanti allo stesso modo, e i 750 anni dalla battaglia di Montaperti, nonostante la cifra tonda e ragguardevole, forse, giudicando col metro della rilevanza militare, non sono sufficienti a considerarla tale.

Tuttavia, c'è sempre un tuttavia, perché rileggendo la storia della battaglia avrete l'occasione di giudicare voi stessi quanto noi italiani siamo cambiati e quanto c'è ancora nel nostro Dna di Guelfi e Ghibellini.

I guelfi di Firenze e i loro alleati organizzarono una spedizione forte di ben 30.000 fanti e 3.000 cavalieri per intimidire i ghibellini di Siena, che in effetti avevano assunto comportamenti apertamente provocatori, violando patti e stringendo pericolose alleanze. L'elenco dei guelfi comprendeva oltre a Firenze, Arezzo, Campiglia, Colle, Lucca, Orvieto, Pistoia, Prato, Pitigliano, San Gimignano, San Miniato, Val d'Elsa, Volterra e Guelfi della Lombardia.

Per evitare che, in assenza del grosso delle truppe guelfe, i ghibellini, o presunti tali, fiorentini, potessero ordire trame e complotti, essi furono costretti a seguire l'esercito e a partecipare alle operazioni militari: la decisione fu cruciale per l'esito finale della battaglia, ma al momento sembrò la più astuta, se non la più saggia.

I Ghibellini sesesi, comunque, non si fecero impressionare dall'ampiezza della coalizione che si era formata contro di loro. In effetti, in un primo momento, qualche dubbio lo ebbero, ma i fiorentini esagerarono nelle richieste e la loro arroganza, per quanto ben fondata sui numeri, ebbe l'effetto opposto di motivare i senesi alla resistenza.

Assicuratosi l’entusiasmo di 800 cavalieri mercenari tedeschi con un mese di paga doppia anticipata, grazie al prestito di un ricco mercante locale, i senesi si sentirono pronti a dare battaglia, e assieme ai loro alleati, tra i quali spiccavano alcuni fuoriusciti ghibellini di Firenze, misero assieme un esercito di 1.600 cavalieri e 20.000 fanti e mossero contro il campo guelfo a Montaperti.

La serietà dei cavalieri tedeschi impressionò i senesi: per la gioia dei mercanti di pelli, rimisero nel circuito economico senese la gratifica ricevuta comperando il cuoio necessario a fabbricarsi protezioni imbottite per i propri cavalli: una corazzatura ancora sconosciuta in Italia.

Il campo guelfo era a poca distanza da Siena, sulla strada per Arezzo, poco prima di Montaperti.

I senesi combattevano a casa propria e conoscendo bene il territorio e ne approfittarono: nascosero dei cavalieri alle spalle dei fiorentini e fecero sfilare più volte la loro colonna tra gli avvallamenti del terreno per mascherare la propria inferiorità numerica.



I guelfi, impressionati quel tanto che bastava, giudicarono prudente allontanarsi, ma i nemici erano ormai troppo vicini e la battaglia fu inevitabile.

Ancora impegnati a levare il campo, i fiorentini, colti di sorpresa, non poterono evitare di schierarsi frettolosamente in battaglia. Tuttavia una cresta favoriva la loro posizione e gli avversari avrebbero combattuto in salita.

Erano probabilmente le 10 del mattino quando i senesi attaccarono con tutta la determinazione di cui erano capaci.

I mercenari tedeschi dimostrarono di valere la spesa, distinguendosi nella lotta, ma col passare delle ore il rapporto di forze e la posizione difensiva fiorentina fecero sentire il loro peso, in particolare sul lato dove si confrontavano le fanterie, perché sul fianco destro dello schieramento guelfo la situazione inizialmente fu più equilibrata, se non addirittura a vantaggio dei senesi.

Ovunque la lotta divampava crudele e violentissima, e gli attacchi rinnovati senza risparmio. I fiorentini riuscirono ad assumere il controllo della situazione anche sul lato destro del loro schieramento e solo l'intervento della guardia del carroccio, che abbandonò senza difesa il prezioso simbolo, riuscì a riequilibrare la situazione.

Fu proprio durante una di queste concitate fasi, che il conte Guido Novello, capo dei fuoriusciti fiorentini riconobbe propri familiari tra le fila dei guelfi e riuscì a convincerli a disertare guidandoli personalmente contro i loro precedenti compagni d'arme.

La notizia si diffuse rapidamente, come è logico aspettarsi, e Bocca degli Abati, un altro tra i cavalieri fiorentini arruolati a forza tra le fila guelfe, pensò bene che era giunto il momento di cambiare anch'egli schieramento.

Si lanciò contro l’alfiere che reggeva lo stendardo guelfo e il taglio netto del braccio facendo cadere lo stendardo, poi, non soddisfatto o forse in estrema coerenza con la sua furia iconoclasta, radunò i suoi e attaccò il carroccio fiorentino.

Qui fu meno fortunato, perché la guardia del carroccio li fece tutti a pezzi: erano forse le 18:00 e il caos regnava ormai nello schieramento guelfo. Era il momento più opportuno per lanciare l'attacco alle spalle programmato fin dalla mattina.

La sua efficacia fu devastante: l'esercito guelfo si diede alla fuga ma non riuscì a sfuggire alla strage e le acque dell'Arbia si tinsero di sangue.