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a cura di nicola zotti

 

 
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MA QUANDO È INIZIATA LA RIVOLUZIONE FRANCESE?

I fatti di Campo di Marte

nicola zotti

Il 14 luglio 1789 è la data della presa della Bastiglia, simbolo della Rivoluzione francese. È anche un caposaldo di quel poco di nozionismo che costituisce il bagaglio culturale comune del cittadino italiano, con la notevole eccezione di alcuni parlamentari della Repubblica i quali, interrogati da un’intervistatrice televisiva su alcune date, tra le quali, appunto, quella della Rivoluzione francese, come probabilmente ricorderete non seppero che rispondere, o sbagliarono non solo il giorno o l’anno, ma persino il secolo.

Al di là dell’emozione e dei possibili vuoti di memoria, che possono capitare a tutti, o dell’ignoranza, che comunque è sempre intenzionalmente indirizzata e quindi ambito di responsabilità personale, si sarebbe potuto imbastire con la corrosiva intervistatrice una vivace polemica.

Io ad esempio lo avrei fatto. Rovesciando il rapporto indagato-indagatore e mettendo alla prova l’istruzione della signorina stessa, avrei risposto, con sicurezza al limite della sicumera: “17 luglio 1791”. Sono probabilmente l’unico al Mondo a pensarla così e tale indubbiamente rimarrò anche alla fine di queste righe, tuttavia la data che per me è il vero, unico simbolo della Rivoluzione francese è quella dei fatali accadimenti di Campo di Marte o della “Fusillade du Champ-de-Mars”, come la chiamano i francesi, spostando l’accento sulle conseguenze anziché sull’evento veramente decisivo che si svolse qualche ora prima.

Partiamo, dunque, dalla fine. I fatti di Campo di Marte provocarono un’insanabile frattura tra i moderati, monarchici costituzionali e Foglianti, e gli estremisti, Cordiglieri e Giacobini. La rottura di un equilibrio, comunque precario, che portò il potere politico a scivolare inesorabilmente nelle mani delle fazioni più radicali: tempo un anno e la Francia (fino al precipizio della convenzione di Termidoro) fu a loro disposizione: venne proclamata la repubblica, il re decapitato, inaugurato il regime del terrore. È significativo che le prime vittime illustri – solo le più illustri non le più importanti, come cercherò di spiegare più avanti – furono i due moderati ai quali proprio la presa della Bastiglia aveva consegnato Parigi e le sue più importanti cariche amministrative e militari: lo scienziato Sylvain Bailly, sindaco della città, e La Fayette che ne era il governatore militare. Il primo dopo quattro mesi di violenti attacchi politici, in particolare di Marat, fu costretto a dimettersi e a ritirarsi a vita privata, senza comunque riuscire a sottrarsi al furore rivoluzionario: fu arrestato, giudicato per tradimento e ghigliottinato.

La Fayette abbandonò la Francia quando la stessa accusa fu sollevata contro di lui, sempre da Marat, e con basi più sostanziose rispetto a Bailly. Alla ghigliottina però preferì il carcere duro che lo attendeva nell’Europa controrivoluzionaria.

La colpa di Bailly e di La Fayette non era in effetti tra le più lievi: avevano a lungo cercato l’occasione per una “fusillade” che ristabilisse l’ordine nel caos rivoluzionario, una prova di forza propedeutica al ritorno alla legalità auspicato dai ceti medi parigini. L’occasione propizia sembrò presentarsi quando seppero dei disordini scoppiati al Campo di Marte: rischiarono, la colsero e fallirono. Bailly fece innalzare la bandiera rossa sull'Hôtel de ville, che annunciava la legge marziale, e quindi si presentò di persona alle 6 e mezza nella piazza in compagnia di La Fayette e della guardia nazionale.

La folla non li prese sul serio e li accolse a sberleffi. Che cosa successe in seguito non è chiaro. Forse un colpo di pistola partito dalla folla sfiorò Bailly, seguito da una sassaiola contro la guardia nazionale: alla fine, comunque, la guardia nazionale aprì il fuoco, caricò alla baionetta e la cavalleria inseguì i fuggitivi prendendoli a sciabolate: cinquanta sediziosi rimasero sul selciato. Morti, ma non erano i primi in quel giorno tragico e gravido di conseguenze.

Arriviamo quindi ai primi eventi di quel 17 luglio 1791. Parigi era in paranoico fermento per la fallita fuga del re. Circolava una petizione promossa dai Cordiglieri per la proclamazione della Repubblica e i tavoli per firmarla erano stati posti fin dall’alba a Campo di Marte su una lunga piattaforma sopraelevata. La giornata, una bella Domenica estiva, era iniziata male: esponenti della guardia nazionale avevano ricevuto sassate e lo stesso La Fayette era stato preso di mira da un attentatore.

La firma della petizione nel campo di Marte procedeva in questo clima di tensione, quando la folla intravide qualcosa muoversi sotto la piattaforma. L’immediata ispezione portò alla scoperta di due individui “sospetti”: un giovane parrucchiere e un anziano reduce con una gamba di legno. Con loro una cesta di cibo e un trapano. I più scalmanati non ebbero dubbi: erano spie e come tali li trattarono. Vennero picchiati, impiccati e decapitati, le loro teste innalzate su pertiche, affinché tutti le potessero vedere.

I due avevano invano cercato di giustificarsi spiegando che si erano nascosti per spiare sì, ma sotto le gonne delle petizionarie. Due sventurati guardoni, insomma – questa fu la versione più accreditata in seguito – avevano impresso una svolta decisiva alla Rivoluzione francese.