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IL SONNO DELLA RAGIONE

"E paghiamo anche il canone...": il mio commento

Nicola Zotti

Ho ricevuto dal lettore Fabio Bozzo un'email intitolata "E paghiamo anche il canone" nella quale mi segnalava due (ulteriori) esempi della rozzezza intellettuale della nostra televisione, chiedendomi di commentarli.

Nel primo si annunciava (TG1 del 15 12 2007) che «la Legione Straniera francese adesso arruola anche italiani», affermazione che -- ci ho pensato -- commenti non ne merita, cadendo nell'ambito delle baggianate.

Il secondo, invece, risaliva al'edizione del 13 12 2007 del programma "Atlantis, storie di uomini e di mondi", de La7.

In conclusione di un servizio sulla campagna d'Africa della Seconda guerra mondiale, descrivendo la figura di Erwin Rommel, la presentatrice concludeva affermando "...non era un mostro, ma è stato il fedele servitore d'un mostro e ciò, di fronte alla Storia, lo rende colpevole."

Francisco Goya, El sueño de la razón produce monstruos. Caprichos 1798.



In effetti gli autori hanno espresso un giudizio etico molto impegnativo.

Accantonata la questione se Erwin Rommel fosse egli stesso moralmente riprovevole nelle sue azioni come individuo ("non era un mostro") lo si rimprovera -- di fronte alla Storia -- di avere "servito" qualcuno che invece lo era, Adolf Hitler, e quindi di avere una colpa incancellabile di cui rispondere.

Gli autori televisivi del commento in effetti pongono in modo per la verità piuttosto rozzo tre dilemmi etici che accompagneranno sempre chi fa la guerra e anche chi come me ne parla in questo momento.

Il primo è quello della colpa, il secondo quello della complicità nella colpa, il terzo quello della mostruosità della colpa stessa, di fronte al tribunale della Storia con la S maiuscola.

Ma esiste il tribunale della Storia (con la S maiuscola?), trascendente e infallibile, o non è piuttosto una sentenza più prosaicamente e laicamente umana, immanente e fallibile, quella che può essere pronunciata?

Se temiamo i mostri, quelli generati dal "sonno della ragione" non possiamo esimerci dal porci questa domanda, e quindi inevitabilmente rinunciare, per umiltà, ad emettere giudizi in nome e per conto della Storia (con la S maiuscola).

Più che del peccato, quindi, da essere umani dovremmo occuparci, modestamente, del reato: che, a rifletterci, è una cosa molto più controversa e dolorosa (anche dal punto di vista etico) che quella di emettere sentenze morali.