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CON TUTTI I PROBLEMI CHE ABBIAMO

Se Fuksas va...

Nicola Zotti

Uno dei misteri del mondo della comunicazione sono le interviste.

Un giornalista porta il taccuino o il microfono in strada e chiede ai passanti la loro opinione non su che cosa mangiano a pranzo, ma sull'ultima risoluzione dell'ONU o sulle concause della crisi energetica.

Una prima alternativa è quella di andare da una persona famosa e porgli le stesse domande. E' ovvio che la personalità in questione non deve assolutamente essere scelta per la competenza che possiede nel campo dell'indagine,

Una terza possibilità è quella di intervistare una personalità su un argomento politico nella sua qualità di leader di opinione. In questo caso, il peso specifico delle idee espresse dipende dalla fama acquisita dall'intervistato nel suo particolare campo professionale.

Trattandosi di opinioni politiche, ed ognuno di noi in democrazia avendo diritto alle proprie, il peggio che può capitare sono tre colonne di parole in libertà, di chiacchiere da bar, di grottesche banalità.

Così il 2 giugno il Corriere della Sera pubblica a pag. 6 un'intervista di Fabrizio Roncone a Massimiliano Fuksas, nella quale all'architetto viene dato modo di esprimere il proprio sdegno per la presenza del presidente della camera Bertinotti sul palco dell'autorità alla parata della festa della Repubblica.

Esordendo con un "Cosa c'entra la festa della Repubblica con questa parata di eserciti in armi?", Fuksas prosegue definendo i nostri generali "tromboni", alcuni politici "guerrafondai", e Bertinotti reso stupido dal potere. Quindi invita il neopresidente della Camera ad impegnarsi concretamente contro la produzione, il commercio e la diffusione delle mine.

Avendo l'Italia aderito al protocollo di Ottawa da una decina d'anni, probabilmente Fuksas vorrebbe che Bertinotti si scatenasse contro la Cina e la Russia, primi produttori mondiali di mine assieme a Stati Uniti, Egitto (dove la Valsella ha ridislocato la sua produzione) e India.

Infine il dialogo si dirige verso un argomento sul quale Fuksas potrebbe avere una qualche competenza: l'estetica. "Le cose militari sono brutte, dice Fuksas, esteticamente inguardabili".

Ci sarebbe piaciuto da parte sua un giudizio altrettanto netto sulla risistemazione dell'Augusteo, ad opera del collega architetto Meier, quando al contrario Fuksas se la cavò con una battuta reticente: «Roma è in grado di superare ed assorbire tutto. Speriamo in un futuro migliore».

Forse Roma è veramente in grado di superare tutto, ma Fuksas no. Infatti lo stesso 2 giugno a pag. IV delle pagine romane di Repubblica scopriamo che l'architetto Fuksas, indignato (ma questo conoscerà altri stati d'animo?) per un recente furto avvenuto nel suo studio romano, ha deciso di abbandonare definitivamente la capitale per lavorare esclusivamente nel suo studio di Parigi.

Seguono interventi imploranti da parte di politici e vari altri famosi romani per convincerlo a restare.

Io, invece, lo lascerei andare. Mica per altro: è vicino il 14 luglio e vorrei vedere Fuksas indignato chiedere ai francesi "cosa c'entra la festa della Repubblica con questa parata di eserciti in armi?".