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CAMBIARE IL TITOLO AD UN LIBRO PER VENDERNE PIU' COPIE

Il guerriero è l'anima del commercio

Nicola Zotti


È chiaro che poi uno continua a dover leggere i ibri nell'edizione originale. È chiaro che poi gli autori stranieri in Italia non fanno una gran figura. È chiaro che il servizio reso alla storia non è dei migliori.

Così il libro di Yann Le Bohec "L'armée romaine sous le Bas-Empire", nell'edizione italiana edita da Carocci, diventa "Armi e guerrieri di Roma antica": un titolo che come minimo tradisce le intenzioni dell'autore e di fatto inganna il lettore con un messaggio generico e fuorviante.

Uguale destino è toccato al pregevole e per certi versi affascinante "Soldiers & Ghosts" di Jon E. Lendon, trasformatosi ad opera delle edizioni UTET in "Le ombre dei guerrieri", un titolo altrettanto posticcio.

Mi sfugge la ragione di questi arbitri, purtroppo ne vedo le cause.

In un ufficio delle case editrici, una stanza che vorremmo sordida quanto le intenzioni di chi ci lavora, ma che come il Maligno si veste di normalità e piacevolezza, un gruppo di persone hanno deciso durante una riunione di marketing che tradurre letteralmente il titolo era troppo banale e poco commerciale.

Gii occhi del potenziale lettore/acquirente non sarebbero fanciullescamente luccicati del desiderio di acquisto per un tedioso "L'esercito romano nel basso Impero" o un metafisico "Soldati e fantasmi".

Meglio offrire al lettore/acquirente roboanti guerrieri, clangore di spade, zampilli di sangue e, perché no già che ci siamo, anacronistiche deflagrazioni hollywoodiane.

E taccio sulla qualità delle traduzioni: perché non ho difficoltà a dirvi che comprendo il bisogno di lavoro dei traduttori, ai quali sarebbe crudele chiedere di rinunciare ad una cospicua entrata, dichiarandosi sinceramente incompetenti sui temi oggetto della traduzione. Un altro incompetente le case editrici lo troveranno sempre e comunque, e in fondo, che danno si può procurare traducendo male un libro di storia militare?

Ci rimane la facoltà di indignarci ma, a parte la fatica e l'inutilità del gesto, bisogna avere la coerenza e l'onestà intellettuale di ammettere che anche questo è un lavoro da lasciare ai professionisti.