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RICEVO E VOLENTIERI PUBBLICO

Muore l'ultimo soldato italiano della 1ª Guerra Mondiale

Arturo Lorioli



Per il breve spazio di una giornata, tempo massimo concesso alla trattazione di argomenti "seri" (non sia mai che il popolo bove venga distratto dalla sua dieta di centravanti, veline e lotterie!) gli organi di informazione italioti hanno indirettamente riscoperto l'esistenza di un dimenticato fenomeno chiamato "Grande Guerra", ricordando la scomparsa alla veneranda età di 110 anni del bersagliere ciclista Delfino Borroni, Cavaliere dell'Ordine di Vittorio Veneto, ultimo superstite della generazione di combattenti del Piave, dell'Hermada e del Sabotino.

Dico "indirettamente riscoperto", perchè del protagonista si è evidenziato il "record di anzianità" (il "record", di qualsiasi cosa sia, anche di lancio delle frittelle, fa sempre notizia), con la guerra come vago - anzi, vaghissimo - sfondo. Non sorprende. Gli stessi cronisti probabilmente non hanno alcuna idea di che cosa abbia rappresentato e di che cosa ne sia derivato, di come quel devastante conflitto abbia totalmente rivoluzionato le strutture politiche, sociali e culturali che avevano costituito l'dentità condivisa del nostro continente per secoli, in modo più radicale e pervasivo di qualsiasi altro evento precedente.

Sarebbe stato un bel tema da affrontare. Ma guardarsi indietro per capire che cosa si è oggi ed immaginare una direzione verso cui rivolgersi per il domani non è sport che goda di popolarità, capire e pensare sono in fondo comportamenti intrinsecamente antisociali. E la parabola della memoria storica ha continuato senza sussulti il suo corso immutabile, dalla percezione della Grande Guerra come "glorioso momento del compimento dell'Unità Nazionale", a "insensato massacro senza ragione", a "Grande Guerra cosa?" ... Memoria storica? Scusate, che stupido ... assenza di memoria storica. Perchè come tutte le battaglie, quella della memoria storica va combattuta al fronte, in questo caso quello dell'istruzione e dell'educazione scolastica, che però - dicono! - ha cose più gravi a cui pensare.

Ma i simboli della Grande Guerra e di tutte le altre guerre italiane, compresa la morte del nostro ultimo combattente, torneranno ad avere un senso compiuto e potranno essere fonte di insegnamento e riflessione costruttiva solo quando saranno sentiti, riconosciuti e condivisi. Fino ad allora, rimanendo solo vuota e dimenticata esteriorità, suoneranno quasi offesa ai sacrifici patiti da tanti nostri soldati e dalle loro famiglie. Lapidi e memorie li abbiamo già a Redipuglia e nei tanti Sacrari di Guerra altrettanto indegnamente dimenticati: vivo a Roma ... e quanti mai tra i miei concittadini hanno messo piede nel Sacrario dei Caduti al cimitero del Verano? (o, se per questo, quanti sanno che esite? o che ne esistono di analoghi in tante città?) Quanti si sono fermati in raccoglimento sotto ai Tre Archi dello Stato Maggiore Aeronautica? Quanta gente si interroga passando per una delle tante "Via Vittorio Veneto" (o addirittura "Cavalieri di Vittorio Veneto") sparse in tutta italia?

Quindi fermarsi alla notizia del "simpatico - vecchio - nonnetto - guarda - tu - come - era - ancora - in - gamba - poverino" è stato forse il minore dei mali, o per lo meno l'evitare l'ipocrisia di una perdita di tempo. Di fronte a tanto abbandono - prima di tutto culturale ed educativo - a che servirebbe tentare di spiegare quanto rilevante sia per noi ancora oggi la Grande Guerra, se non a far finta di tramandare l'incomprensibile ad un pubblico di disinteressati?