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UN ESEMPIO TRA I TANTI

Il nozionismo mal digerito del giornalismo italiano

Nicola Zotti



Va bene che è Estate e anche la serietà della stampa, quel poco che ne rimane, va in vacanza.

Va bene che le malattie fanno notizia, in particolare quando riguardano persone famose perché ce le fanno sentire più umane e normali, tanto più quando si tratta di malattie imbarazzanti per quanto comuni.

Però non posso nascondere il disagio che mi ha provocato l'articolo segnalatomi dal sempre attento Riccardo Affinati che, laconico come è nel suo stile, mi scrive:

«Ti segnalo il seguente articolo del 26 luglio del Corriere della Sera. Ciao, Riccardo
http://www.corriere.it/cronache/10_luglio_26/rastelli_napoleone_f7b341da-9882-11df-a51e-00144f02aabe.shtml»

Vado a vedere, e quel disagio affiora già dalle prime parole dell'articolo: "Un attacco di emorroidi...". Però resisto e proseguo la lettura: il giornalista Paolo Rastelli, che non è alle prime armi, ma una delle firme più importanti del Corriere della Sera. rispolvera una storia vecchia per guadagnarsi lo stipendio e, seppure tra distinguo e condizionali, infila tra le cause della sconfitta di Napoleone a Waterloo le sue "condizioni di salute" e la mancanza dei chiodi per mettere fuori uso i cannoni inglesi quando la cavalleria francese li raggiunse sloggiandone gli artiglieri.

Vi dicevo dei distinguo: forse per il riaffiorare di una sopita etica professionale, Rastelli distribuisce cautela e scuse anticipate agli appassionati e agli studiosi di storia per le banalità che sta per scrivere, ma poi, impunito e impunibile, le scrive lo stesso, meritandosi, quindi la presenza sulla questa colonnina infame.

Per carità, si sforza, Rastelli, ci prova a farci vedere che si è informato, che ha studiato e, anche se inframmezza qualche luogo comune ("la superba leadership del Duca di Wellington, la tenacia dei soldati britannici e lo scarso addestramento di parte delle truppe francesi"), dobbiamo almeno apprezzare lo sforzo di essere innocuo, l'impegno ad essere insignificante. E io ci provo.

Ma poi il castello di carte nella sua fragilità cade. Ecco comparire, in bella vista ad inizio paragrafo, la squillante prova di quanto approssimative e mal digerite siano le nozioni di Rastelli:

«Il Napoleone di Austerlitz, che a cavallo dall’alto del Pratzen guardava l’attacco degli austro-russi e ne programmava la disfatta, è un ricordo lontano.»



L'ipotesi è che Napoleone, per controllare meglio le truppe nemiche fosse in mezzo a loro, sull'altopiano di Pratzen e non, come sarebbe stato più sicuro, tra i suoi uomini, a cavallo o no, di fronte ad esso, al massimo sullo Zurlan.

È solo storia, cari lettori, solo la storia di una battaglia, in fondo: ma ricordatevelo la prossima volta che il sig. Rastelli e, per quanto mi riguarda, qualsiasi esponente della categoria, scriverà di altro, ad esempio della nostra salute, del nostro benessere economico, e persino della nostra squadra di calcio.