La Raab separava l'esercito ottomano da quello cristiano, circa 30.000 uomini raccolti con un'inopinata alleanza di addirittura una dozzina di componenti, con più ragioni e tradizioni di inimicizia che di unione: principi tedeschi protestanti accanto a cattolici, Francesi al fianco degli Austriaci, e persino un reggimento Piemontese. Per non parlare degli Ungheresi che avrebbero voluto combattere contro i Turchi una guerra di schermagli e imboscate.
Gli Europei schierati a Morgersdorf fronteggiavano l'unico guado della zona, bloccando gli almeno 60.000 Ottomani sulla riva meridionale del fiume, là dove questo formava un'ampia ansa volta a mezzogiorno.
Queste disposizioni delle truppe erano frutto di una complessa e sagace manovra orchestrata da Montecuccoli per costringere gli Ottomani a un pericoloso attraversamento contro gli Europei schierati.
Le speranze di Montecuccoli furono però troppo presto compromesse dalle guardie del guado che troppo presto e inopinatamente ne abbandonarono la difesa, permettendo agli Ottomani di stabilire una solida testa di ponte sulla riva settentrionale del fiume.
Il primo agosto le qualità di Montecuccoli si
manifestarono nella loro completezza: saldezza di nervi, acume tattico, autorevolezza, carisma.
I riluttanti convinti a restare, le diverse nazionalità di quella improvvisata coalizione persuase a collaborare e a sostenersi reciprocamente, le poche unità di riserva usate con oculatezza e impareggiabile colpo d'occhio.
Montecuccoli dispose
le ordinanze in formazione sottile (2 linee di moschettieri e 6 di picchieri), con i moschettieri schierati di fronte e ai fianchi dei picchieri e in appoggio degli squadroni di cavalleria, per trarre vantaggio dalle armi combinate, ottimizzando non solo l'ampiezza del fronte di fuoco ma anche la sua frequenza mediante il fuoco alternato delle linee, ovvero precisamente con le parole dello stesso Montecuccoli:
«La moschetteria non faccia tutta insieme una salva, ma compartiscasi in modo ch'una o due file per volta sparando, li tiri sieno continui, e dove l'ultima di esse ha dato fuoco, abbia la prima ricaricato»
Il risultato fu un capolavoro militare nel senso più ampio e completo del termine.
Lo sfondamento ottomano venne prima contenuto e poi respinto, i numeri superiori impossibilitati a dispiegarsi e a esercitare il proprio peso in virtù degli spazi angusti in cui erano
stati costretti dal terreno e dalla sagacia manovriera di Montecuccoli.
Di fatto forse nessuno sarebbe riuscito a strappare quella vittoria se non Montecuccoli.
Capitano al servizio degli Asburgo, aveva maturato una singolarissima esperienza di guerra, coniugando nella sua persona sia la conoscenza delle innovazioni militari occidentali maturate con la Guerra dei Trent'anni, e sia una profonda e diretta testimonianza della grandezza militare ottomana.
E quello che è sorprendente nella caratura umana di Montecuccoli è la circostanza che da impetuoso comandante di cavalleria sia riuscito ad essere all'altezza della guida di armate, adeguando alle circostanze il proprio carattere e il proprio comportamento come pochi
grandi uomini sono capaci di fare.
Ma molto poco di questo capitale umano sarebbe rimasto ai posteri
se Montecuccoli non fosse stato anche un grande intellettuale o, per dirla con Ugo Foscolo, che la dice meglio di quanto potrei mai fare io, grazie al fatto che Montecuccoli "con gli scritti rese eterno quanto aveva compiuto con le sue gesta".
Per completezza di informazione bisogna aggiungere un grazie agli Asburgo, i quali dopo aver gelosamente celato per decenni le opere del loro Capitano
sotto segreto di stato, ne consentirono alfine la pubblicazione.
L'Europa tradusse subito quelle voluminose opere in ogni lingua, eccettuato l'Inglese, e Montecuccoli divenne il von Clausewitz del XVIII secolo: non solo come "autorità", ma anche come precursore del metodo e delle analisi del Prussiano.
È di Montecuccoli, infatti, il primo tentativo sistematico di affrontare il fenomeno guerra in tutti i suoi aspetti: strategico, tattico, amministrativo, politico e sociale.
Primo lui a comprendere il professionismo militare, a riflettere sull'economia di forze e a sul ruolo della manovra, che per Montecuccoli doveva costruire le condizioni migliori per una battaglia decisiva:
«Il persuadersi di far guerra, progressi e conquiste senza combattere in aperto e senza venir a giornata, s'ella non è contraddizione ne' termini, egli è almeno gran paradosso».
Immagino che fu questa affermazione a far ammettere a von Clausewitz, certo non un ammiratore della guerra di manovra, che le campagne di Montecuccoli contro Turenne, il più grande generale francese prima di Napoleone, furono il più brillante esempio di questa forma di guerra.
Certo Montecuccoli fu, come era logico per quei tempi, un dogmatico ma, benchè fosse alla ricerca degli aspetti meccanicistici della guerra si occupò anche approfonditamente di quelli psicologici, morali, sociali ed economici.
Uno "scienziato", dunque, ma anche un umanista, capace di un'impresa tra la più difficili e più complesse in un'epoca di grandi trasformazioni: quella della comprensione e della sintesi.
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