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Mireille Horsinga-Renno, Lindau (euro 15,00).

Una ragionevole strage

Nicola Zotti


In un sito come questo, dove si parla di guerra senza retorica ma anche con una freddezza intellettuale che a volte spaventa anche me che ne sono il responsabile, si può raccontare un libro come quello scritto dalla giornalista Mireille Horsinga-Renno senza retorica e con freddezza intellettuale?

Si può, anzi si deve, cioé devo: anche per proteggermi un po' dall'incubo che evoca, il campo di sterminio, nella forma del castello di Hartheim, una succursale di Mauthausen in Austria, dove medici come Georg Renno, lontano parente dell'autrice applicarono i principi dell'eugenetica a spese di 18.269 portatori di handicap.

E "genetica" è anche la catena pesante di colpa che lega l'autrice al cugino del nonno, appunto il dottor Georg Renno: un minuscolo, infinitesimale pezzo di codice genetico in comune, una goccia dello stesso sangue, non solo lo stesso cognome. Un legame che nessuna dottrina eugenetica può purificare e che ci ricorda che le guerre non finiscono mai, ma fanno nuove vittime quando meno ce lo aspettiamo.

L'autrice ci descrive i passaggi di questa scoperta e la sua successiva urgenza di non chiudere, ma anzi di aprire una porta su quel passato.

Ci racconta anche però, con la sua esperienza, un'altra verità, ovvero che la mostruosità è una norma che i nostri occhi e la nostra mente correggono rendendola guardabile: una normalità ben descritta da Hanna Arendt nel suo "la banalità del male" e che è fatta di uomini semplici e uguali in tutto e per tutto a ciascuno di noi che non si fanno domande e non chiedono risposte.

La guerra non fece altro che chiedere ad essi di partecipare al compimento di orrori più grandi di quelli che avrebbero forse compiuto in pace.

Ed essi obbedirono: per ignavia, per ambizione, per incapacità di ribellarsi, per paura o perché non avevano mezzi per sfuggire all'ingranaggio: come noi obbediremmo, per gli stessi motivi, se non fossimo stati così fortunati da nascere in un'epoca che non ci mette a questa dura prova, e non ci chiede di essere eroi, ma anzi ci promuove tali spesso per un nulla.