Segnalare questo libro di Corrado Giustozzi mi torna estremamente gradito per due motivi: il primo è la stima che nutro verso l'autore, il secondo i miei limiti e la mia pigrizia.
Da qualche mese a questa parte sto cercando di spiegare in modo molto raffazzonato e lacunoso la mia perplessità sull'eccesso di ottimismo e di fiducia che si nutre nei confronti della tecnologia, con particolare riguardo, ovviamente, visto il senso di questo sito, ai problemi strategico-militari.
Nelle pagine di questo libro ho trovato scritto in modo chiaro e sicuramente migliore di come avrei potuto fare io, un'efficace sintesi dei problemi connessi alla sicurezza delle informazioni nel contesto della società della comunicazione e dell'infomazione.
Scrive Giustozzi «[...] la nostra ipertecnologica e ultraautomatizzata società moderna, basata su reti pervasive e computer digitali, è in realtà assai più vulnerabile di quella che cinquant'anni fa si basava sulla carta e sulla comunicazione tra umani. E purtroppo si tratta di vulnerabilità strutturali, di fragilità intrinseche al sistema, difficili persino da riconoscere in quanto nascoste fra le pieghe meno evidenti del tessuto connettivo su cui poggia il nostro nodello sociale».
In effetti è qui il punto: nella società postindustriale la sicurezza delle informazioni è non solo un problema primario in sé, ma è anche "il Problema".
Ovvero il primo e più emblematico dei problemi della nostra civiltà e contemporaneamente la sintesi che in sé comprende tutti i gli altri.
Come infatti suggerisce il titolo, le misure di sicurezza che di norma adottiamo hanno lo scopo di dividere noi, i buoni, da un esterno ostile: per poi scoprire con stupore che anche quando la palizzata non è inattaccabile o piena di falle, i nemici potenzialmente più pericolosi sono subdolamente o inconsapevolmente tra noi.
Come vedete una metafora che agevolmente possiamo adattare ad ogni tipo di situazione conflittuale: e non potrebbe essere altrimenti, vista la pervasività dei flussi informativi che ormai costituiscono la natura atomica del nostro vivere sociale.
Là dove finisce la metafora del forte assediato dai nemici, ma minato anche all'interno da falsi o incauti amici, è però nelle risposte, o almeno mi pare.
Il corrispettivo sociale esterno della sicurezza, ovvero la "difesa", non è mai statica ma è per definizione dinamica, ovvero punta non solo ad ostacolare e/o ad individuare ed isolare un potenziale nemico, ma soprattutto a neutraizzarlo: mi chiedo se sarebbe legalmente possibile polverizzare il computer dell'Hacker che cerca di rubare informazioni dai nostri database, e se si possono considerare perdite collaterali accidentali errori di identificazione o la distruzione dei server di snodo della rete percorsa dal malintenzionato.
Probabilmente avrò molte altre occasioni per citare o per appropriarmi (involontarialmente) di concetti contenuti in questo libro, ma ne consiglio vivamente la lettura diretta: quanto vi è scritto fa parte del bagaglio necessario a vivere con consapevolezza in una società informatizzata.
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