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ARMATI E ARMI DELLE GUERRE DELLE ROSE

Eserciti e combattimenti delle guerre delle rose

nicola zotti


Come è comprensibile in una guerra civile, i contendenti si confrontavano con eserciti di struttura praticamente identica. Stessa la composizione e uguale la cultura militare, che derivava direttamente dalla appena conclusasi guerra dei Cent'anni.

Sui campi di Francia, la cavalleria si era in molte occasioni mostrata vulnerabile agli arcieri inglesi, e per questo i cavalieri erano stati costretti a smontare e a dotarsi di corazze più moderne, capaci di deflettere le potenti frecce degli archi lunghi. L'artiglieria aveva fatto la sua comparsa e si era mostrata per la prima volta un'arma decisiva sul campo di battaglia.

Tutti questi fattori si ritrovano nelle campagne delle guerre delle rose: eserciti troppo simili per permettere all'uno o all'altro dei contendenti di godere di qualsiasi fattore asimmetrico o di stimolare innovazioni tattiche. Così, in modo eccentrico rispetto a quello che era avvenuto e stava acquisendo una prepotente inerzia innovativa sul continente, gli eserciti delle guerre delle rose non promuovono fanterie sul modello di quelle castigliane, in quegli anni impegnate nel completamento della conquista di Grenada, o svizzere, a loro volta capaci di segnare il destino di Carlo il Temerario. Mentre queste dominavano e domineranno sul continente, quelle inglesi battono strade conosciute.

Il nucleo principale delle armate era infatti costituito dagli uomini d'arme nobili, reclutati sulla base delle alleanze e delle fedeltà di casata. Su di loro gravava il peso maggiore del combattimento e dal loro numero e dal loro morale, l'esito finale delle battaglie. Corazzati da capo a piedi in avanzatissime armature italiane, si battevano con armi da impatto ad una o due mani, unici strumenti in grado di sfondare quei prodigi di tecnologia difensiva con qualche colpo ben assestato.

Le battaglie delle guerre delle rose sono dunque decise dallo scontro corpo a corpo tra uomini d'arme corazzati che hanno fatto della guerra la loro principale occupazione. Scontri sanguinosi e feroci che cominciano con le armi da impatto e finiscono con sottili, lunghi e robusti stiletti capaci di infilarsi nelle feritoie delle corazze, assestando colpi agli occhi, alla gola, alle ascelle o in qualunque punto debole della corazza.

Sono combattimenti intensi, ma che raramente superano le due o tre ore, perché sostenere 50 chili circa tra armi e armatura per lunghi periodi, e magari nella calda stagione, non è umanamente possibile neppure per i robusti e allenati uomini d'arme inglesi. Ed è l'eccezione che conferma la regola la battaglia di Towton che durò dall'alba al tramonto.

La tipologia di reclutamento e i vincoli di fedeltà feudale in qualche modo costringevano i comandanti a schierarsi nel bel mezzo delle proprie truppe e a combattere assieme ad esse: guidando con l'esempio e condividendo i rischi della lotta.

Questo aveva un effetto positivo sul morale delle truppe, almeno finché il comandante non veniva colpito ed ucciso e lo stendardo con la sua insegna abbattuto, dopo di che, scioltosi il vincolo di fedeltà, poteva accadere che l'intera formazione del magnate decidesse di averne avuto abbastanza e di potersene tornare a casa. Valorosi comandanti come re Edoardo IV, imbattuto in battaglia, potevano anche dirsi molto fortunati per esserne sopravvissuti.

Al di là di questo, però, è implicito che il comandante fosse impedito dall'avere il controllo dell'andamento della battaglia e tutto quello che poteva fare era organizzarla al meglio in anticipo, perché del suo svolgimento complessivo non avrebbe potuto certo avere facilmente una visione d'assieme.

Ciò non toglie che le battaglie delle guerre delle rose ben conoscessero inganni e movimenti, riserve e decisioni del momento, attente -- ancorché non sempre felici --predisposizioni del campo di battaglia. Ed è sintomatico a questo riguardo che chi assumeva l'iniziativa attaccando risultasse spesso il vincitore su chi teneva, a dispetto di ogni logica, una posizione difensiva.

I comuni venivano arruolati per la guerra mediante un sistema di delega reale o di vincolo feudale. Numericamente costituivano la parte maggiore dell'esercito sia che combattessero con gli archi, ed erano la grande maggioranza, o con armi da impatto assieme agli uomini d'arme, ma le notizie sulle loro gesta in battaglia sono assai scarse. La loro arma elettiva era un'arma in asta simile all'alabarda, il roncone, atta a colpire di punta e di taglio, e anche ad agganciare l'avversario e a sfondarne la corazza: ce n'era almeno una in ogni casa per difesa personale e sul fatto che sapessero come usarla nei suoi 4 effetti, non vi possono essere dubbi. La resistenza dei comuni in combattimento era però limitata dall'impossibilità materiale di procurarsi un'armatura a livello di quella dei nobili, contro i quali non avevano grandi speranze, e non solo per l'abilità militare di questi. Oltretutto non si diffonde sulle isole britanniche l'uso della picca che avrebbe avuto almeno l'effetto, se usata con abilità, di tenere a distanza gli avversari più titolati.

Agli arcieri (e ai cannoni) spettava il compito di cominciare la battaglia con il tiro preparatorio. Naturalmente, avendo gli inglesi ben sperimentato gli effetti sugli altri delle frecce degli archi lunghi, era normale che adottassero tutte le contromisure necessarie a minimizzarne gli effetti: nelle guerre delle rose, gli arcieri si dimostrano efficaci solo in modo episodico e soprattutto quando una delle due parti ne possiede un numero sostanzialmente maggiore. La loro capacità di resistere all'attacco degli uomini d'arme è scarsa, vuoi per l'assenza di armatura, vuoi per un incompleto armamento offensivo, e quando gli uomini d'arme riescono a chiudere il contatto con pochi danni, agli arcieri non resta che la fuga.

Nelle battaglie delle guerre delle rose non mancano i mercenari e in due di esse (Bosworth e Stoke) giocarono anche un ruolo importante: irlandesi e scozzesi, innanzitutto, ma anche francesi, borgognoni e picchieri tedeschi: questi ultimi da segnalare perché si fecero ammazzare fino all'ultimo nella battaglia di Stoke quando i loro colleghi mercenari irlandesi, coraggiosi ma privi di armatura, lasciarono il campo. Come è comprensibile, tuttavia, la partecipazione di mercenari stranieri in una guerra civile creava problemi politici che non potevano essere sottovalutati e quindi si ricorreva ad essi come risorsa di ultima istanza.

L'importanza assunta dall'artiglieria nella guerra dei Cent'anni aveva convinto gli eserciti delle guerre delle rose a non scendere mai in campo senza di essa. Solo nella battaglia di Tewkesbury, però, si conosce una qualche efficacia del suo tiro nel costringere l'avversario ad abbandonare una buona postazione difensiva. Per il resto l'artiglieria dell'epoca era più utile negli assedi, che non svolsero un ruolo importante nella guerra civile, perché le città si arrendevano al vincitore della battaglia campale. Praticamente assenti, invece, le armi da fuoco portatili, ancora troppo inferiori agli archi lunghi per valere la spesa: fu arma di qualche mercenario venuto dal continente.

La cavalleria montata non ebbe un grande impatto nelle guerre delle rose. Si distinsero gli "harbingers" o addetti agli alloggiamenti e ai rifornimenti, che precedevano gli eserciti fungendo anche da avanguardia e ai quali in questo modo capitava spesso di dover dare inizio agli scontri. Per il resto, ricordata la predilezione della cavalleria ad agire come fanteria montata, non manca qualche episodio significativo di azione a cavallo come la (sfortunata) carica di Riccardo III a Bosworth o il felice espediende di Edoardo IV a Tewkesbury che, nascondendo appena 200 cavalieri in un bosco e lasciando ad essi la decisione di quando intervenire, diede un colpo decisivo alle sorti della battaglia.