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L'ULTIMA GRANDE BATTAGLIA DELL'ETA' DEL BRONZO

La battaglia di Kadesh (1275 a.C.)

nicola zotti


Ramesse II era il giovane e ambizioso erede dei faraoni della XIX dinastia del periodo del Nuovo Regno e quando nella prima metà del XIII secolo a.C. era salito al trono, aveva ricevuto dai suoi predecessori un Egitto profondamente mutato rispetto alle epoche precedenti.

Le esperienze maturate nell’edificazione delle colossali opere dell’architettura egiziana avevano fornito ai faraoni le competenze necessarie a gestire grandi masse di uomini: il passaggio dall’organizzazione di un affollato cantiere alla programmazione logistica di una campagna militare con un’altrettanto numerosa armata, non era un salto semplice da compiere, ma gli scribi dei faraoni vi riuscirono, fornendo loro uno strumento militare capace di proiettarsi molto oltre il bacino del Nilo.

La politica imperialista del grande faraone Thutmose I nel XVI secolo a.C. estese così a Palestina e Siria i confini del regno. La Siria soprattutto, per la sua ricchezza e la sua posizione strategica di fulcro degli scambi economici con il resto dell’Asia, aveva mutato gli orizzonti dei faraoni. Thutmose l’aveva strappata ai Mitanni, ma i suoi successori si trovarono a contenderla con alterne fortune e infine a perderla a vantaggio degli Ittiti, la nuova potenza emergente in Anatolia.
mappa strategica

Nelle condizioni dell’epoca le pur ingenti risorse umane dell’Egitto non erano sufficienti a sostenere il gravoso impegno militare rappresentato dall’occupazione permanente delle nuove conquiste e i faraoni dovettero affidare il controllo territoriale locale ad alleati e vassalli, la cui lealtà era continuamente messa a dura prova dalle pressioni militari e diplomatiche dei re ittiti. Seti I, padre di Ramesse, era stato costretto a cedere con un trattato agli Ittiti la città di Kadesh, indispensabile per la conquista da sud della Siria.
Ramesse si sentiva però destinato a ripetere le gesta dei suoi antenati e approfittò di una delle ricorrenti crisi di confine per dare avvio alla riconquista della Siria proprio dal primo passo necessario, ovvero riappropriandosi di Kadesh, in aperta violazione degli accordi stipulati dal padre.

Il faraone dedicò i primi anni del suo regno ai preparativi di questa impresa. Dovette contrastare anche le scorrerie dei pirati Shardana, bellicoso popolo del mare colonizzatore della Sardegna, e vi riuscì talmente bene che, dopo averli fatti prigionieri in una battaglia marittima, li arruolò in massa nella propria guardia personale. L’espansione del suo esercito raggiunse così almeno i 20.000 uomini, riuniti in 4 “divisioni” di 4.000 fanti e 500 coppie di carristi, dedicate ciascuna a una divinità del Pantheon egiziano e acquartierate stabilmente in altrettante città centri di arruolamento: la divisione Amun a Tebe, la P’Re a Eliopoli, la Set a Pi-Ramesse e la Ptah a Menphi.
La battaglia di Kadesh è tra le meglio documentate dell’antichità, perché gli egiziani la celebrarono come una propria vittoria in numerosi bassorilievi e con due testi, il “Poema” e il “Bollettino”, ma oggi le ricostruzioni storiche sono molto meno trionfalistiche.

Ramesse e le sue armate partirono verso la fine di aprile dalla base di Sile e impiegarono un mese per arrivare nella città di Shabtuna a circa 16 km da Kadesh, il nono giorno del terzo mese della stagione del raccolto (tardo maggio). Ogni divisione si distendeva in una lunga colonna ed era distanziata dalle altre di circa mezza giornata di cammino (una decina di chilometri) mentre una quinta divisione composta dagli alleati Ne’arin, ovvero dai contingenti di truppe provenienti via mare da Palestina e Libano, percorrendo la valle della Beqa’ si sarebbe ricongiunta agli egiziani da ovest direttamente sul campo di battaglia.

Le prime notizie del nemico giunsero da due nomadi intercettati a Shabtuna i quali riferirono a Ramesse che Muwatalli e l’esercito ittita erano ancora lontani, addirittura ad Aleppo, prospettando al faraone un insperato colpo di fortuna: poter scegliere la posizione migliore per il proprio esercito e condizionare i rispettivi schieramenti nella futura battaglia.

Ramesse, che guidava l’avanguardia alla testa della divisione Amun, decise allora di allungare il passo per conquistare questo vantaggio posizionale. La divisione Amun, alla quale si aggiungeva il voluminoso bagaglio reale, accelerò fino ad accamparsi a ovest di Kadesh, in un luogo dove poteva controllare la città e contemporaneamente vigilare tanto sulle possibili vie di approccio settentrionali ad essa quanto proteggere l’imminente arrivo da ovest dei suoi alleati Ne’arin. Si trattava di un rischio, perché Ramesse pagava il vantaggio tattico ottenuto provocando una pericolosa frattura tra sé e il resto del proprio esercito e ben presto si rivelò un errore che poteva costargli carissimo. La cattura di spie ittite rivelò infatti a Ramesse che i due nomadi erano stati inviati da Muwatalli per ingannarlo: in realtà i suoi nemici erano già presenti in forze e lo aspettavano nascosti a nord-est di Kadesh. Dal campo egiziano partirono messaggeri verso le divisioni arretrate con urgenti richieste di soccorso.

Anche Muwatalli, però, aveva un problema da risolvere. Guidava una forza di coalizione di 3.500 carri e quasi 40.000 fanti e quindi vantava al momento una superiorità schiacciante su Ramesse, ma ignorava l’entità complessiva dell’esercito egiziano. Predispose allora per la mattina successiva un piano di battaglia in due fasi: un primo contingente di 2.500 carri avrebbe aggirato Kadesh da sud e dato inizio all’attacco contro la prima divisione egiziana che prevedibilmente sarebbe giunta seguendo lo stesso tragitto della prima. Il resto dell’armata, guidato da lui personalmente, schierato oltre l’Oronte, sarebbe intervenuto in un secondo momento, presumibilmente appena il faraone fosse uscito dal campo per sostenere i suoi uomini.



qadesh 1

Nelle prime ore del giorno, come Muwatalli aveva previsto, arrivò la seconda divisione egiziana, la P’Re, in una colonna di almeno 3 km, che la marcia accelerata aveva reso disunita e scomposta.

L’ansia di raggiungere il faraone ne dovette anche rilassare le cautele e quando l’enorme massa di nemici emerse sul proprio fianco destro ne fu totalmente sorpresa. Dopo aver guadato i corsi d’acqua che circondavano Kadesh, i pesanti carri ittiti si gettarono contro la P’Re senza interrompere il movimento, probabilmente in molte colonne di decine di mezzi, provocando il panico e l’immediata fuga degli egiziani in ogni direzione.

La disintegrazione totale della P’Re sottraeva agli ittiti un bersaglio ma gliene forniva un altro ancora più prezioso: l’opportunità di chiudere la battaglia in un unico colpo. Compiendo un largo movimento aggirante, i carri ittiti si gettarono sul campo di Ramesse e della Amun. Qui si era assistito sgomenti alla distruzione della P’Re, ma il faraone aveva avuto il tempo di coordinarne una strenua difesa. I guerrieri shardana della sua guardia si distinsero nel combattimento, sicuramente agevolati dal disordine dell’attacco ittita.

qadesh 2


Ramesse contrattacca
Perso l’impeto iniziale, l’attacco ittita viene prima contenuto e poi respinto: con ammirevole freddezza e intuito, Ramesse radunò ogni carro disponibile e li lanciò in una sortita sul fianco avversario: la freschezza e l’agilità delle sue truppe ebbe in breve la meglio sugli ittiti, buona parte dei quali dovevano essere solo inermi cocchieri, costringendoli alla fuga e ad abbandonare la gran parte dei loro passeggeri ancora impegnati nel combattimento del campo.

Non fu comunque un'impresa semplice, perché il resoconto egiziano narra che il faraone dovette impegnarsi in ben sei cariche.
Qadesh 3


Muwatalli aveva assistito da lontano agli iniziali successi dei suoi carri e non aveva ritenuto necessario o potuto partecipare al combattimento: forse per eccesso di sicurezza o perché l’attacco al campo dei suoi carri non era stato previsto e lo aveva colto impreparato. Ora che esso era fallito, però, il re ittita non poteva più procrastinare un intervento e attraversò l’Oronte per andare in soccorso alla sua armata in fuga.

Troppo tardi, però: Ramesse abbandonò senza esitazioni l’inseguimento per affrontare il suo diretto avversario. Prima del faraone, però, intervennero i suoi alleati Ne’arin, giunti con provvidenziale tempestività sul campo di battaglia.

Il loro attacco sul fianco sconcertò gli Ittiti che si videro minacciati anche da sud per il sopraggiungere della divisione Ptah.

Nonostante abbiano forze ancora superiori, prudentemente si ritirarono oltre il fiume. Ramesse con il suo coraggio si era sicuramente guadagnato una vittoria, ma entrambe le armate erano esauste e Kadesh rimaneva saldamente in mano ittita. La sua impresa poteva considerarsi fallita e le sue ambizioni di conquista erano state vanificate.