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LA PASSIONE DEL MEDIOEVO PER LA TECNOLOGIA

Medioevo: la civiltà delle macchine


nicola zotti



"Innovazione tecnologica" e "Medioevo" sono termini che difficilmente troviamo accostati, tanto più quando si parla di tecnologie militari. Per secoli, anzi, la narrazione dell'arte militare medioevale è stata orientata a farne una rozza caricatura, presentandocela come un concentrato di cieco oscurantismo.

Solo da pochi decenni ci accostiamo alla storia del Medioevo, anche in campo militare, con una maggiore attenzione e sensibilità alle straordinarie sfumature ed effervescenze di quella epoca, e scopriamo – in ritardo – un uomo medioevale ricco di vitalità sperimentatrice e di immaginazione creativa.

Proprio a partire dall'arte militare, anzi, il Medioevo sviluppò una passione per la tecnologia, in particolare quella meccanica, molto in anticipo rispetto ai celebrati progressi del Rinascimento.

Il Feudalesimo aveva modificato il paesaggio con i propri imponenti castelli di pietra, simbolo e strumento di dominio del territorio, ponendo all'arte militare medioevale un problema molto difficile da risolvere.

Certo, con molto tempo a disposizione, una piazzaforte, per quanto ben munita, finiva sempre per cedere. Ma gli eserciti medioevali si mobilitavano per lo più solo per periodi stagionali, i loro accampamenti divenivano presto luoghi insalubri, e il loro approvvigionamento altrettanto rapidamente poteva esaurire le già magre risorse di un'agricoltura di sussistenza.

In questa lotta contro il tempo era necessario percorrere una strada diversa.
La risposta furono nuove macchine d'assedio che l'uomo medioevale europeo sviluppò come risultato finale di un sorprendente intreccio tra passaggi di conoscenze con l'Oriente, studio dell'antichità classica, ed esperimenti in quello spazio comune tra scienza e magia che era in quei secoli la ricerca tecnologica.

In Cina erano state compiute due invenzioni stupefacenti: una, la polvere pirica, avrebbe alla lunga cambiato la storia del Mondo, ma la seconda, il trabucco, era destinato ad avere un'efficacia immediata sul Medioevo europeo.

Nell'antichità classica, le armi d'assedio erano dotate di un meccanismo propulsivo fondato sulla forza elastica della torsione. Funi di fibre robuste ed elastiche come i capelli umani o i tendini di animali attorcigliati, fornivano l'energia necessaria alla propulsione a lunga distanza di grandi dardi o di pietre di circa 30 kg. Tuttavia con l'umidità quelle funi perdevano le proprie caratteristiche e in ogni caso avevano una durata e una resistenza limitata nel tempo.

I Cinesi, invece, avevano inventato nel IV secolo d.C. un'arma da getto che per la propulsione sfruttava il principio della leva azionata dalla forza umana: un lungo braccio basculante, sorretto da due telai laterali, veniva fatto ruotare violentemente da una squadra di tiratori, mediante funi appese ad una sua estremità. All'altro capo, una fionda scagliava il proiettile. Il nome "trabucco" (altri nomi: mangano e bricola) deriva probabilmente da queste tre componenti fondamentali, il braccio di lancio e i suoi due sostegni: in latino "tri - brachium".

Questo trabucco "a trazione" era già noto ai Bizantini nel VI secolo, e diffuso anche nei paesi islamici. E furono probabilmente i Bizantini a consegnarne i segreti ai Crociati, che ne rimasero subito affascinati.

Fu proprio uno sconosciuto ingegnere Europeo a perfezionarlo ulteriormente e in modo definitivo, sostituendo la squadra di tiratori con un contrappeso, e quindi lanciando il proiettile grazie alla sola forza di gravità.

Era nata un'arma completamente nuova destinata a cambiare il corso della storia.
Il trabucco a contrappeso, infatti, non solo era dotato di una potenza fino ad allora inimmaginabile, ma era anche molto più preciso: il contrappeso arrivò a pesare fino a 30 tonnellate ed è stato calcolato che aveva la potenza di scagliare un proiettile da un quintale a più di 400 metri di distanza. Mantenendo fissi i parametri, questo proiettile avrebbe avuto una traiettoria molto stabile e quindi una grande probabilità di centrare sempre lo stesso punto delle opere difensive nemiche, moltiplicando gli effetti distruttivi dei colpi.

Gli scalpellini divennero presenze costanti negli assedi, perché a loro spettava il compito di scegliere le pietre più adatte e di lavorarle a dovere in modo che avessero peso e forma costante.

La precisione nel tiro permetteva non solo di infliggere precisi colpi consecutivi, ma anche di "mirare" i punti deboli delle difese nemiche, come gli ingressi, facilitando il compito degli assedianti. I castelli non sono più inespugnabili e l'autonomia anarchica dei signori feudali ne risulta così compromessa, favorendo la nascita degli stati nazionali.

Alcuni studiosi avanzano l'ipotesi che le esperienze maturate nello studio dei contrappesi e della forza di gravità per la realizzazione dei trabucchi, abbiano persino favorito l'invenzione degli orologi.

I contemporanei spendono ogni superlativo possibile per descrivere questi mirabolanti marchingegni e nei codici miniati essi hanno un ruolo da protagonisti assoluti.

Nasce nell'uomo medioevale una vera e propria passione per le "macchine" con una generazione di proto-ingegneri che prepara la strada al più grande di tutti: Leonardo da Vinci.

Di più. Il Medioevo può a ragione essere definito la "civiltà delle macchine". Uomini intellettualmente curiosi in ogni campo di indagine sapevano mettere a frutto in modo trasversale le proprie conoscenze con una abilità che oggi potremmo riconoscere come "ipertestuale". La vera passione dell'uomo medioevale, però, era la meccanica, verso la quale si concentrarono gli sforzi delle migliori menti dell'epoca,

Il genio rinascimentale di Leonardo da Vinci, infatti, fonda i propri eccelsi conseguimenti sulle opere di un collettivo di ingegneri genuinamente medioevali, tra i quali spiccano gli italiani Guido da Vigevano (1280-1349), Walter de Milemete (vissuto nel XIV secolo), Mariano di Jacopo (1382-1453) e Giovanni Fontana (1395-1455), o il tedesco Konrad Kyeser (1366-1405). Per questi uomini tecnologia e magia sono una cosa sola, che essi vedono come un generoso dono divino entusiasticamente proteso verso il miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo.

Inventori capaci di sfruttare ogni minima piega delle conoscenze dell'epoca per realizzare macchine militari, ma anche per lo sviluppo dell'architettura, per l'agricoltura e la trasformazione dei suoi prodotti. Un po' come grandi chef capaci di costruire un piatto prelibato partendo da ingredienti semplicissimi, essi possedevano una conoscenza oggi smarrita delle qualità di materiali "poveri" come il legno, la pietra, le fibre vegetali, i lubrificanti naturali. Erano anche degli eruditi che conoscevano e sapevano impiegare nella pratica le opere di grandi del passato come Archimede di Siracusa o di Euclide di Alessandria, dal XII secolo tornate nella disponibilità degli studiosi in una traduzione latina.

Nei loro trattati, scritti in un territorio di confine dove scienza e magia convergono in modo armonioso, descrivono o propongono invenzioni estremamente ingegnose che sfruttano abilmente ogni minima possibilità fornita dalle tecnologie dell'epoca: piattaforme d'assalto che utilizzano la vite di Archimede per sollevarsi all'altezza dei parapetti dei castelli, veicoli d'assalto semoventi e addirittura arieti per lo sfondamento di mura e portoni con propulsione a razzo.

Questa passione per le macchine e i meccanismi è di essenziale importanza anche per lo sviluppo di un'altra importante arma del Medioevo: la balestra.

Il mondo greco utilizzava molte antenate della balestra, chiamate katapeltikon, katapeltai, gastraphetes. I Romani utilizzavano la cheirobalista, l'arcuballista e la manuballista. Dopo la caduta dell'Impero Romano la balestra venne praticamente dimenticata, per la predilezione delle popolazioni germaniche nei confronti dell'arco.
L'invenzione probabilmente di un "grilletto" che rendeva più pratico e sicuro il rilascio del dardo, la rese nuovamente competitiva in termini bellici rispetto al suo concorrente diretto.

Già prima dell'anno Mille la balestra conobbe una rinnovata attenzione e nell'arazzo di Bayeux la imbracciano molti combattenti. I motivi di questo ritorno furono dovuti in primo luogo all'utilità dell'arma durante gli assedi: i castelli cambiarono la propria architettura per impiegare il tiro sui fianchi degli assalitori e nelle mura furono aperte le feritoie dalle quali i balestrieri potevano colpire gli assedianti da una posizione molto ben protetta. In una sola settimana si poteva completare l'addestramento di un balestriere, contro gli anni di strenuo addestramento fisico e di esercizio necessari a formare un arciere. Quest'ultimo aveva a proprio vantaggio solo la rapidità del tiro, almeno doppia rispetto a quella del balestriere, ma non certo la forza cinetica del dardo di balestra, capace di penetrare la corazza più robusta.

Gli inventori medioevali si impegnarono con successo sia per migliorarne le caratteristiche positive che per ridurne i difetti.

Aumentare la potenza della balestra, infatti, comportava in modo praticamente automatico renderne più laboriosa la messa in tensione. Leve, pulegge, staffe, argani: ogni mezzo delle tecnologie dell'epoca venne impiegato per facilitare le operazioni di caricamento del balestriere che riusciva a imprimere alla sua arma anche una forza di mezza tonnellata tirando ad una velocità che non era molto distante a quella di un arco, ma con una potenza alla quale nessuna corazza poteva resistere.

Per i nobili cavalieri nelle loro costose armature il campo di battaglia era diventato molto pericoloso: non combatteva più guardando negli occhi un suo pari, ma rischiava la vita contro un plebeo che lo minacciava da una distanza di sicurezza.

Per la Chiesa questo era un intollerabile atto di violenza indiscriminata e provò a fermarlo. Il Concilio Lateranense Secondo, promosso da Innocenzo II nel 1139, condannò addirittura con un anatema la ferale arte "ballistrariorum et sagittariorum", ovvero dei balestrieri e degli arcieri, quando impiegata contro cristiani e cattolici, ma senza seguito: le ragioni della politica e della guerra si rivelarono ben più forti degli anatemi papali, e i cristianissimi e cattolicissimi re europei proseguirono indisturbati a dotarsi in ogni modo possibile e nella maggiore quantità possibile di ogni marchingegno la tecnologia mettesse loro a disposizione per prevalere sui propri nemici.