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SIMBOLO DI IDENTITA'

Lo scudo medioevale


nicola zotti




Lo scudo è stato il primo equipaggiamento difensivo inventato dall’uomo ed è rimasto per millenni nella panoplia dei guerrieri per il semplice, razionale motivo che funziona. E quando ci si gioca la vita, la razionalità è sempre la prima guida a cui si affidano le decisioni. Per gli antichi Greci lo scudo era talmente importante che in vari casi definivano la tipologia delle proprie truppe in base allo scudo di cui erano dotate: hoplitai da hoplon, il grande scudo rotondo e accentuatamente concavo delle fanterie pesanti, peltastai, le fanterie leggere armate con la piccola pelte, thureophoroi i “portatori di thureos”, uno scudo ovale, ampio ma maneggevole.

La forma dello scudo, il suo peso, il modo in cui veniva impugnato, e altri dettagli, rivelano lo stile di combattimento prevalente di chi lo possedeva. Ne possiamo distinguere due grandi categorie: 1) scudi di grandezza media o piccola e agili, spesso di forma rotonda e con impugnatura centrale o all’avambraccio, venivano soprattutto usati per deflettere i proiettili, e solo occasionalmente impiegati nei corpo a corpo; 2) scudi più grandi e pesanti, di forma ovale, rettangolare o rotonda, spesso provvisti di umbone – una semisfera metallica posta al centro dello scudo che faceva tutt’uno con l’impugnatura – e di forma avvolgente più o meno accentuata, erano tipici di truppe da mischia: proteggevano dai tiri da lontano, ma dovevano essere sufficientemente maneggevoli per essere brandeggiati in modo attivo anche nei combattimenti ravvicinati. La resistenza dello scudo era proporzionale al suo peso, ma in battaglia un requisito altrettanto se non più importante era la maneggevolezza e le cronache riferiscono spesso di scudi spezzati da un colpo bel assestato di lancia, ascia o spada.

All’alba del Medioevo lo scudo fu il più diffuso armamento difensivo, se non altro perché il meno costoso: il suo prezzo era solo un terzo di un elmo e un sesto di una cotta di maglie di ferro, e questi ultimi erano praticamente prerogativa solo dei capi. Tutti i guerrieri Franchi, oltre ad essere armati almeno con la lancia, dovevano possedere uno scudo: rotondo, composto di strati di legno sovrapposti e conformati in modo da conferirgli una forma concava così da contenere il corpo, ricordando l’Hoplon greco. Alcuni erano ricoperti di cuoio, forse in entrambi i lati, e a volte il bordo lungo tutta la circonferenza veniva rinforzato da una striscia di metallo ripiegata. Talvolta una struttura metallica fissata posteriormente conferiva maggiore solidità. La sua caratteristica principale, ai fini del combattimento, era la presenza di un umbone, al quale era posteriormente collegata la maniglia con la quale veniva impugnato. Questo non solo protegge efficacemente la mano ma, come detto sopra, è tipica degli scudi usati in modo dinamico e anche offensivo nei corpo a corpo. Un secondo tipo di impugnatura consisteva in due cinghie di cuoio: una per infilarvi l’avambraccio e una per la tenere lo scudo stretto nella mano. In questo caso si nota nelle illustrazioni la presenza di un’imbottitura all’interno dello scudo per attutire l’effetto dei colpi.
Durante le marce lo scudo veniva tenuto sulla schiena o appoggiato alla spalla con un’apposita cinghia di cuoio, che poteva anche tornare utile in combattimento quando si voleva avere le mani libere.

Lo scudo carolingio è mediamente più grande degli altri scudi alto medioevali, con un diametro tra i 50 e gli 80 centimetri: così proteggeva una più ampia porzione del corpo del guerriero, dal collo fino al basso ventre. La superficie frontale dello scudo è spesso decorata con motivi geometrici o astratti, senza alcun particolare motivo che il gusto personale del possessore: un’abitudine antica perché anche Omero nell’Iliade descrive questa abitudine sia per i Greci che per i Troiani.

Verso il X secolo compare un nuovo tipo di scudo direttamente derivato da quello rotondo: lo scudo chiamato “a goccia”, a “lacrima” o “a mandorla”. La sua diffusione è molto estesa, ma si ritiene che i suoi “inventori” siano stati i Normanni. La cavalleria si è ormai affermata come la principale forza militare del periodo e riconosce la necessità di una migliore protezione del proprio intero corpo: lo scudo quindi si allunga a punta verso il basso, mentre la parte alta mantiene la sua forma arrotondata. Lo sviluppo in lunghezza favorisce la protezione delle gambe del cavaliere, oltre quella del busto. Viene usato sia a piedi che a cavallo e in entrambi i casi indubbiamente fornisce una buona protezione delle parti vitali del corpo. Non è giunto fino a noi nemmeno un esemplare di scudo a mandorla e quindi le sue caratteristiche possono essere desunte solo dalle rappresentazioni artistiche, lasciando spazio a dubbi e a interpretazioni dovuti alle imprecisioni e alle semplificazioni degli autori. Nelle antiche illustrazioni, ad esempio, si può notare che questo scudo potesse essere sia concavo che piatto, fosse ancora dotato almeno in alcuni esemplari di un rinforzo metallico sul bordo, e possedesse un umbone, benché, probabilmente, non venisse più usato per colpire, perché l’impugnatura era cambiata e non era più a maniglia come nello scudo tondo. La più nota rappresentazione di questo tipo di scudo è sicuramente quella dell’arazzo di Bayeux, che celebra le gesta di Guglielmo il Conquistatore e la sua vittoria in Inghilterra sugli anglo-sassoni alla battaglia di Hastings (1066). Gli scudi illustrati in questa opera sono impugnati in modi diversi tra loro: sul retro hanno una serie di cinghie di cuoio chiamate “enarmes”, rivettate all’interno dello scudo, che probabilmente ogni guerriero faceva sistemare dall’artigiano nel modo che riteneva più comodo, ma sia i fanti e sia i cavalieri portano sempre lo scudo con la mano sinistra. L’impugnatura più comune consiste in una larga cinghia che il guerriero teneva attorno al collo e in una seconda cinghia posta nella parte alta dello scudo che veniva stretta dalla mano.

L’estremità inferiore appuntita poteva permettere ai fanti di piantare lo scudo nel terreno per formare un rudimentale muro di scudi con i lati sovrapposti, consentendo in questo modo di impugnare con entrambe le mani la grande ascia danese. Questo steccato di scudi, immaginiamo non molto resistente, doveva comunque essere sufficiente a rendere restii i cavalli a condurre a termine una carica, per paura di sbatterci contro. Tutti gli scudi, sia quelli dei Normanni e dei loro alleati e sia quelli degli Anglo-sassoni sono decorati: si notano uccelli e draghi, linee geometriche, croci di sant’Andrea, onde: per quanto si può capire, ancora non si tratta di simboli araldici, ma, come in precedenza per gli scudi rotondi, di semplici personalizzazioni. L’umbone, quando presente, era integrato nella decorazione e veniva anche dipinto di conseguenza.

Le rappresentazioni artistiche del secolo successivo ci testimoniano che lo scudo a mandorla si diffuse dalla Polonia alla Spagna e dalla Scandinavia all’Italia e fu usato durante le prime tre Crociate: era lo scudo più popolare almeno fino all’inizio del Duecento, senza cambiare dimensione, forma, e materiali di costruzione.

Scudi rotondi, come quelli che erano stati caratteristici dei primi Carolingi, non scompaiono del tutto: sull’arazzo di Bayeux, ad esempio, vediamo anche alcuni scudi tondi e uno scudo quadrato, tutti impugnati dalla fanteria Inglese, e diventeranno in seguito una caratterizzazione che gli illustratori per convenzione riservano ai “cattivi”: i Romani, i Saraceni, Golia.

Verso gli ultimi decenni del XII secolo lo scudo subisce una trasformazione significativa: perde o perlomeno riduce la parte arrotondata superiore, assumendo una forma triangolare e una superficie meno avvolgente. Fanteria e cavalleria non condividono più uno scudo identico, ma la cavalleria ne utilizza una versione più piccola, mentre le fanterie conservano per un tempo più lungo lo scudo a mandorla e quando adottano quello triangolare questo mantiene dimensioni più grandi, adatte a coprire gran parte della figura.

Il motivo di questo cambiamento è stato associato all’adozione contemporanea da parte della cavalleria del “grande elmo” chiuso e al miglioramento delle corazzature delle gambe. Con la testa ben protetta e le gambe più difese, lo scudo poteva diventare più piccolo, leggero e maneggevole. Ancora una volta dobbiamo affidarci alle rappresentazioni artistiche per cercare una regola generale: il grande elmo non sembra aver conosciuto una diffusione immediata e uniforme a causa del suo alto costo. Invece vediamo lo scudo triangolare utilizzato anche da guerrieri forniti di un tradizionale elmo conico o solo di una cuffia di maglia che lasciano scoperto il volto. È dunque possibile che la maneggevolezza e la leggerezza fossero i requisiti divenuti più importanti e richiesti, in particolare da parte della cavalleria.

Sempre verso la fine del XII secolo alcune famiglie nobili iniziarono a utilizzare una varietà di simboli per sottolineare il proprio status. Questa pratica divenne rapidamente molto popolare e nell’arco di un secolo non c’era famiglia con almeno un po’ di sangue blu nelle vene che non ostentasse il proprio simbolo araldico. Il posto migliore, e anche il più tradizionale, per ospitare un’illustrazione era lo scudo, con la sua superficie ampia, ben visibile e regolare, e come tale divenne il principale, anche se non l’unico, luogo per rappresentarla: ancora oggi invale l’uso di rappresentare i simboli araldici in uno scudo.

Il significato simbolico dello scudo è legato alla trasposizione letterale della sua funzione difensiva al piano spirituale. Il fatto che gli stemmi araldici fossero generalmente inquadrati in uno scudo, produce però un’enfasi del suo significato complessivo: il cavaliere annuncia pubblicamente la propria identità e i propri ascendenti, rivendicandoli e contemporaneamente affidandosi ad essi nell'ora del pericolo. Lo scudo evoca la buona fede del suo possessore, la sua natura essenzialmente pacifica, eppure determinata a sostenere la giustizia. Spesso nelle immagine religiose lo scudo è impugnato da angeli e riporta gli strumenti della passione, in latino “Arma Christi”, ovvero la croce, la corona di spine, i chiodi e gli altri oggetti usati per la crocefissione di Cristo: unica sicura difesa della fede.

Nonostante questa esaltazione del suo ruolo, lo scudo era avviato verso l’estinzione. Lo scudo triangolare rimase in uso fino al Quattrocento, ma il suo declino era legato al più generale progresso delle armi e delle armature.

A partire dal Duecent divenne comunque molto diffuso in ambito civile un piccolo scudo tondo concavo metallico da pugno chiamato brocchiere. Comodo e relativamente piccolo (tra i 20 e i 50 centimetri di diametro per un chilo o poco più di peso), poteva essere appeso alla cintura e usato in caso di necessità come strumento di difesa e di offesa. La sua ottima mobilità, unita alla resistenza, consentiva non solo di deflettere i colpi dell’avversario, ma anche di ferirlo utilizzandolo come un pugno di ferro. In alcuni casi veniva anche fornito di una punta, aumentando notevolmente il proprio potenziale offensivo.
Nel Rinascimento il combattimento con spada e brocchiere iniziò a essere codificato e insegnato nelle scuole di scherma dai più importanti maestri del tempo, divenendo una vera e propria disciplina schermistica.

L’evoluzione verso forme sempre più complete e perfezionate di armature portava, infatti, una doppia minaccia contro l’uso dello scudo: da un lato, infatti, la corazza a piastre proteggeva già a sufficienza il corpo del cavaliere; dall’altro le armi più adatte per sfidare con successo un’armatura erano quelle contundenti come mazze e martelli da guerra, contro i quali uno scudo non offriva particolare protezione. Durante le cariche con la lancia, invece, lo scudo continua ad assolvere un ruolo utile, subendo qualche piccola modifica nella forma, soprattutto negli scudi da torneo: l’angolo in alto a destra viene tagliato a formare un incavo nel quale viene appoggiata la lancia per una sua maggiore stabilità.

Tra Trecento e Quattrocento, inoltre, le fanterie iniziano ad imporre il proprio predominio sul campo di battaglia ricorrendo in misura sempre maggiore ad armi che richiedono l’uso di entrambe le mani: le armi in asta come picche, alabarde e ronconi. Nel contempo con sempre più frequenza i cavalieri combattono appiedati utilizzando armi dello stesso tipo, che impediscono loro l’uso dello scudo.

Verso la metà del Quattrocento lo scudo praticamente scompare dall’uso della cavalleria, ormai completamente protetta da ottime corazze, mentre conosce una breve stagione di risorta popolarità tra le fanterie. Si tratta sostanzialmente di due tipi di scudi: uno molto simile a quello anticamente in uso dai Franchi, e uno più piccolo, interamente metallico, tenuto nel pugno sinistro, chiamato rondella o brocchiere. Con questi scudi, specialisti di fanteria armati di spada chiudono il contatto con i picchieri durante le mischie, scivolando sotto la fitta selva di picche che si forma in questi casi. L’espediente, però, non ebbe una grande diffusione, perché richiedeva un buon numero di specialisti e perché i picchieri impararono a difendersi con una certa efficacia accorciando la loro presa sulla picca.

Un secondo tipo, molto grande e pesante, il palvese, era una specie di parapetto mobile usato dalle truppe da tiro, in particolare dai balestrieri e i primi tiratori con armi da fuoco.

E fu proprio l’introduzione delle armi da fuoco a segnare la fine dello scudo, facendolo scomparire dai campi di battaglia del Rinascimento.

Rimase, però, in uso nella periferia d’Europa e in Oriente. Lo usarono gli Highlanders scozzesi durante la sollevazione Giacobita del 1745 e l’artigiano di Perth William Lindsay per l’occasione ne produsse centinaia in due modelli: uno da “ufficiale”, che costava 10 scellini, e uno “da soldato semplice” che ne costava solo 5. Chiamato “targe”, poteva essere dotato anche di una punta lunga fino a 30 centimetri. Le ultime truppe occidentali a scontrarsi con guerrieri dotati di scudi furono però quelle di Napoleone durante l’invasione della Russia del 1812: sia i cosacchi e sia le cavallerie nomadi asiatiche arruolate nell’esercito dello Zar erano infatti spesso dotate di uno scudo.