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L'INTRODUZIONE DEGLI ARCHIBUGI OCCIDENTALI IN GIAPPONE

Arrivano i portoghesi

nicola zotti


L'Occidente si affacciò per la prima volta in Giappone il 23 settembre 1543. Una giunca cinese, sospinta dai venti, era stata costretta a cambiare la propria destinazione e ad apporodare nell'isola di Tanegashima, presso il villaggio di Nishinomura.


Tra i passeggeri, due occidentali provenienti dal Portogallo, dei quali le cronache giapponesi stilate qualche decennio dopo i fatti (il Teppoki, il Tanegashima kafu e altre) riportano i nomi: Murashukusha e Kirishita da Mota, identità non proprio portoghesi, e difficili far concordare con quelle provenienti da fonte portoghese (le "Peregrinaçam" di Fernao Mendes Pinto -- il quale per altro si include in una terna di viaggiatori --, il "Tratados descobrimentos antigos e modernos" di Antonio Galvano e altre), ma in fondo indifferenti per quanto ci riguarda, perché più importante era, ai fini della nostra storia, ciò che portavano nel proprio bagaglio: un paio di archibugi occidentali.

I due nanbansen ("diavoli meridionali") suscitarono il vivo interesse della popolazione giapponese e, superato con difficoltà il problema della lingua ricorrendo a scambi in cinese scritto tra il capitano della giunca e un locale monaco buddista, riuscirono a raccontare le proprie disavventure al capo del villaggio.

L'insolito avvenimento doveva essere immediatamente comunicato nella capitale Akogi e il solerte capovillaggio vi si recò immediatamente, organizzando un incontro con il signore dell'isola, il quindicenneTanegashima Tokitaka, 14mo esponente della dinastia dopo l'abdicazione del padre.

 

L'imbarcazione danneggiata venne rimorchiata a remi fino all'estremo opposto dell'isola e qui venne accolta dallo stesso Tokitaka e dalla sua corte il 25 sera.

Il giorno successivo due stranieri, che rappresentavano per i locali una specie di attrazione da circo equestre, vennero ricevuti con ogni onore da Tokitaka nel suo palazzo. Portavano con sé un lungo oggetto in legno e metallo e, trovando difficoltà a spiegare che cosa fosse e a che cosa servisse, chiesero ed ottennero di effettuare una dimostrazione.

Immaginiamo l'entusiasmo dell'adolescente signore di Tanegashima quando l'archibugio sparò: il fumo, il fuoco, il botto: e soprattutto un bersaglio colpito a 100 passi. Tutto ciò che può fare felice un ragazzino in guerra per la riconquista di un feudo perduto.

L'archibugio dei portoghesi venne acquistato per 1.000 tael d'argento (qualcosa meno di 40 kg. del prezioso metallo) e immediatamente passato al fabbro e maestro nell'arte della fabbricazione delle spade Yaita Kinbee Kiyosada al quale fu affidato il compito di fabbricarne delle copie.

Qui le cose si complicavano, perché, seppure di fattura non particolarmente complessa, presentava qualche problema tecnico impossibile da risolvere, per quanto abile fosse l'artigiano giapponese.


Costruire un tubo in ferro era fattibile, ma il meccanismo di scatto che portava la miccia accesa a contatto col focone di sparo, la molla che teneva la serpentina in tensione e soprattutto la chiusura posteriore della canna erano un altro paio di maniche.

Si narra che Yaita per sciogliere alcuni misteri dovette ricorrere alla bellissima figlia Wakasa, di cui il portoghese chiamato Murashukusha si era invaghito, e che gli venne data in sposa in cambio di alcune non precisate informazioni.

Rimaneva da sciogliere ancora l'enigma principale, quello del vitone che chiudeva la culatta della canna: ma qui solo un fabbro occidentale esperto nella costruzione di archibugi avrebbe potuto dare le risposte cercate, e l'artigiano fu costretto per il momento a improvvisare soluzioni di efficacia più che limitata.

Anche a questo pensò, però, la bella Wakasa che, partita immediatamente con il consorte per il Portogallo, ma afflitta dalla nostalgia per tutto il suo (breve, immaginiamo) soggiorno in Europa, convinse il marito a ritornare nell'isola natia l'anno successivo, nel 1544. Non da sola, però, ma con un maestro d'arme occidentale che diede a suo padre le informazioni tecniche di cui aveva bisogno per produrre il primo vero archibugio giapponese.

Per chiudere con questo inciso (probabilmente una leggenda, perché ne parlano solo le tarde tradizioni giapponesi e non le prime fonti giapponesi né quelle portoghesi, che invece ci si sarebbero prevedibilmente accanite), Wakasa, compiuto il suo dovere, poteva finalmente liberarsi del fastidioso fardello costituito dall'indesiderato marito occidentale.

Non trovò di meglio che fingersi morta e Murashukusha, uomo di mondo, finse di crederci, non esimendosi tuttavia, da "vedovo" rancoroso, di maledire tutta la sua famiglia.

Comunque la giovane assurse nel suo paese ad encomiabile simbolo di dedizione filiale e le è dedicata persino una statua che accoglie i visitatori nel porto di Nishinoomote imbracciando un archibugio di ferro.

Le prime fonti giapponesi, tuttavia, tolgono fascino alla storia e si limitano a riportare il secondo arrivo nel 1544 di una nave straniera che trasportava sull'isola un fabbro e armaiolo portoghese che insegnò a Yaita la tecnica per realizzare il vitone posteriore.

Vera o no la storia di Wakasa, comunque, pochi mesi dopo l'arrivo dei portoghesi il fabbro Yaita aveva già consegnato al signore Tokitaka qualche decina di archibugi, che, seppure imperfetti e causa di qualche incidente, consentirono all'impaziente e aggressivo ragazzino di riconquistare l'isola di Yakushima, verdeggiante e montagnoso possedimento strappato alla sua casa tempo addietro.

Un'altra testimonianza dell'intraprendenza e della capacità di apprendere dei giapponesi marcia al fianco del fabbro Yaita Kinbee Kiyosada: un archibugio, come ebbe ad osservare lo stesso Tokitaka, è inservibile senza la polvere da sparo, e a questa pensò un altro artigiano, Sakawa Koshiro, che apprese sempre dai portoghesi l'arte di mischiare assieme nelle giuste proporzioni carbone di legna, salnitro e zolfo.

Incidentalmente, nell'isola di Tanegashima non mancavano due materie prime indispensabili alla fabbricazione degli archibugi e al loro funzionamento: il minerale di ferro per le parti metalliche veniva fornito dalla sabbia ricca di minerale ferroso, e anche lo zolfo per la polvere da sparo era disponibile a sufficienza. Il carbone di legna non era un problema, mentre per il salnitro si dovette procedere con importazioni dalla Cina.

Che sull'isola di Tanegashima, dove accidentalmente sbarcarono i due passeggeri portoghesi in balìa del vento, fossero presenti a sufficienza le materie prime necessarie a dare il via alla produzione di archibugi, è una circostanza che aggiunge altra materia impalpabile a questo intreccio di eventi casuali che pure ebbe un'incredibile influenza sulla storia giapponese.

Iniziò così una rivoluzione militare ma il suo esito non era affatto scontato.