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LA BATTAGLIA CHE DOVEVA DISSANGUARE LA FRANCIA A MORTE

Verdun, il tritacarne

nicola zotti


Il capo di stato maggiore tedesco Erich Georg Anton Sebastian von Falkenhayn era noto per la sua prudenza ed era probabilmente questa caratteristica che influenzava la sua concezione della guerra di trincea.

Dopo l'offensiva iniziale del 1914, per tutto il 1915 l'esercito tedesco era stato sostanzialmente sulla difensiva. Nel 1916 l'Alto comando imperiale decise di riprendere l'iniziativa, per assestare alle armate alleate un colpo decisivo.

Profondamente convinto che la guerra si potesse vincere solo sul fronte occidentale, von Falkenhayn studiò un piano che nelle intenzioni doveva portare ad una rapida fine della guerra.

I presupposti di von Falkenhayn erano tanto brutali quanto razionali:

1) sul fronte occidentale l'avversario da battere erano i francesi, un attacco contro i britannici non sarebbe stato risolutivo;
2) per piegare definitivamente i francesi si doveva "dissanguarli a morte";
3) questo risultato poteva essere raggiunto solo con l'apporto dell'artiglieria, l'arma di distruzione per eccellenza nella quale i tedeschi godevano di un significativo vantaggio.

Sulla base di queste premesse, la strada concettuale del piano di von Falkenhayn era in qualche modo spianata: si doveva individuare un obiettivo militare di alto valore simbolico per i francesi, e contro il quale si potesse dispiegare il più alto numero possibile di bocche da fuoco.

Una minaccia contro questo obiettivo l'avrebbe trasformato in una trappola, anzi in un "tritacarne", dentro il quale i francesi avrebbero sacrificato il proprio esercito sotto il peso dell'artiglieria germanica e senza che la fanteria tedesca dovesse fare altro che l'esca della trappola.

Un piano forse non particolarmente sofisticato, né "aggressivo", né tanto meno brillante sotto il punto di vista dell'arte operazionale (e per questi motivi malvisto dagli alti gradi dell'esercito tedesco), ma anche il miglior piano che si potesse escogitare all'interno delle regole della guerra di trincea, dopo che queste avevano mostrato l'insensatezza dei precetti tattici escogitati negli anni precedenti, nei quali si stabiliva -- come nei manuali tedesci del 1906 -- che l'offensiva doveva essere condotta "ad ogni costo".

Il piano delle operazioni tedesco aveva due corollari: la minaccia doveva essere credibile, perché doveva spingere i francesi a spendere nella trappola tutte le proprie risorse, e, contrariamente ai citati principi tattici convenzionali, si doveva agire economizzando le proprie truppe, perché il saldo delle perdite doveva essere tutto a svantaggio dei francesi.

Al primo avrebbero pensato le neonate "Stosstruppen", sfondando rapidamente il fronte con le loro tattiche innovative (e anticonvenzionali) e prendendo i forti francesi avvalendosi anche di 8 compagnie di lanciafiamme (praticamente tutti i lanciafiamme dell'esercito imperiale), al secondo avrebbero dovuto pensare i comandanti di corpo d'armata e di divisione, assestando le proprie unità su posizioni difendibili, ben all'interno del raggio di tiro dell'artiglieria, alla quale come abbiamo visto, sarebbe spettato il compito distruttivo principale.

Il terreno migliore per realizzare questo piano fu indivituato nel saliente di Verdun, che non solo era il luogo ideale per scatenare le emozioni francesi, ma poteva anche essere bombardato da tre lati, proprio perché si incuneava profondamente nella linea difensiva germanica. Verdun, dunque, non doveva affatto essere conquistata, ma solo minacciata, in modo che i francesi concentrassero alla sua difesa più forze possibili e il più possibile morissero sotto i colpi dell'artiglieria tedesca.

Il 21 febbraio 1916 il piano scattò e per i primi due giorni funzionò alla perfezione: tutti gli obiettivi previsti furono raggiunti. Le nuove tattiche delle Stosstruppen associate all'incredibile quantità di bocche da fuoco utilizzate (oltre 1.600, senza contare i mortai divisionali), polverizzarono le prime linee francesi.

Ciò che fece fallire, in ultima analisi, il piano di von Falkenhayn, era contenuto nelle stesse ragioni della sua vittoria. Alcuni comandanti di divisione si fecero prendere la mano dal successo e avanzarono ben oltre gli obiettivi inizialmente stabiliti.

Si trovarono così invischiati nei boschi e nei campi sconvolti dai proiettili attorno alla fortezza di Verdun, non solo allontanandosi troppo dalla copertura dell'artiglieria tedesca, ma anche occultandosi alla sua osservazione.

Siccome con la logica militare non si scherza, in breve tutte le unità tedesche furono nelle stesse condizioni: una dopo l'altra dovettero lottare per obiettivi territoriali limitati, chi per parare un fianco esposto, chi per accorciare una distanza, chi per respingere un contrattacco. Il tutto mentre le artiglierie tedesche miseramente cercavano di riposizionarsi negoziando a fatica quella cava di fango che esse stesse avevano creato.

Nelle feroci mischie che seguirono il piano di von Falkenhayn andò a farsi benedire: necessariamente, l'imperativo sul campo di battaglia tornarono ad essere le parole "ad ogni costo" dei manuali del 1906: e prodighi di vite umane furono i generali tedeschi, in un'orgogliosa gara con quelli francesi.

Verdun divenne per entrambi il posto dove vincere o morire provandoci, sperimentando quanto di più moderno ci fosse per assicurarsi il risultato: ad esempio gli aeroplani, che furono massicciamente impiegati, per la prima volta anche come bombardieri.

Alla fine Verdun, dopo centinaia di migliaia di morti, rimase in mani francesi, soprattutto a causa dell'offensiva britannica della Somme, che dirottò l'attenzione tedesca su un altro scenario di crisi.

Ma questa è un'altra storia.