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INVECE DI RIMETTERE ASSIEME I PEZZI

Mangiare la ratatouille irachena

nicola zotti

Nell'opinione pubblica, la guerra in Iraq si è trasformata in un confuso coacervo di contrastanti punti di vista.

Qualsiasi giudizio sulla strategia dell'amministrazione Bush deve partire da questa considerazione, dentro la quale si accalcano i giudizi più disparati e le notizie più diverse.

Fosse anche solo per questo motivo, dunque, il bilancio in termini politici e di comunicazione politica deve obbligatoriamente essere considerato negativo.

Altre valutazioni si aggrappano come possono ai dati, ai "fatti", che provengono dal comando delle forze della coalizione o da altre fonti di informazione.

Anche questo è un segnale di debolezza intrinseca degli argomenti a disposizione in particolare dell'amministrazione Bush, perché i successi strategici in guerra cantano una canzone che si trasforma spontaneamente in coro: quando è una voce sola a cantare, la sua forza difficilmente è tale da distinguersi dalla Babele nella quale è immersa.

Ascoltare quella singola voce diventa così estremamente difficile, oserei dire impossibile: dovrebbe essere la politica a renderla intelleggibile e solida consentendole di sovrastare i rumori di fondo, ma è una condizione che, come abbiamo visto sopra, al momento ci appare chimerica.

Questo è avvenuto, infatti, per la pubblicazione il 10 settembre 2007 del rapporto del gen. David Howell Petraeus, attuale comandante in capo della forza multinazionale in Iraq. Grafici e cifre che evidenziavano una positiva inversione di tendenza nei principali "indicatori" della guerra: morti americane, morti di civili, conflitti etnico-settari, progetti di ricostruzione portati a completamento.

La forza di convincimento dei numeri si rivela illusoria: possiamo considerarli gonfiati ad arte, oppure giudicarli sufficienti o insuffiicenti. È quando si trasformano in informazioni e quindi in conoscenza che assumono una vera natura.

Gli americani dovrebbero aver fatto tesoro dei tranelli dei "Body count", l'unico vero fantasma vietnamita che pende sulla situazione irachena.

Laddove i dati significano poco o nulla ci sono, invece, novità interessanti. I giornali americani non gli conferiscono una grande evidenza, sui nostri non ne ho proprio mai sentito parlare.

A pagina 23 deil Washington Post del 30 settembre 2007, la giornalista Ann Scott Tyson riferisce che in Iraq le milizie locali hanno raggiunto le 30.000 unità (cifra difficilmente verificabile, ma quello che mi interessa è il fenomeno).

Si tratta di forze armate tribali che operano nelle rispettive province di appartenenza per il mantenimento dell'ordine.

Le FFAA del governo, dapprima riluttanti, hanno alla fine accettato di compiere azioni coordinate con loro, su sollecitazione degli Stati Uniti che hanno finalmente potuto concentrare i propri militari in azioni più consone al loro addestramento e al loro mandato.

Di fronte a quella ratatouille (o se preferite caponata) che è l'Iraq, insomma, gli alti comandi della coalizione – in testa, ovviamente Petraeus il cui motto è "Money is ammunition": i soldi sono le munizioni – sembrano aver rinunciato a voler rimettere insieme i pezzi di melanzana, di peperoni e di cipolla, per mangiarsela così com'è.

Basandosi sul presupposto che i cosiddetti "insurgents", gli insorti iracheni che seminavano sulle strade IED (ordigni esplosivi improvvisati), nulla avevano a che spartire con il tessuto tribale e le gerarchie locali, tanto valeva rafforzare questi ultimi affinché partecipassero attivamente alla propria autodifesa.

Il maggior generale Benjamin R. Mixon, comandante americano nel nord dell'Iraq, a questo riguardo sostiene che «non abbiamo abbastanza forze per rendere sicuro ogni singolo villaggio: se possiamo convincere una buona maggioranza degli sceicchi a collaborare con noi questo riduce l'area nella quale il nemico può operare».

Il gioco vale la candela: il rischio è che questa strategia rafforzi la frammentazione della nazione irachena ed eventuali tendenze centrifughe. Il vantaggio è mettere gli iracheni in condizione di controllare il proprio territorio: con gli sceicchi felici di recarsi a Washington per ritirare gli assegni per la ricostruzione.

Una guerra per niente tecnologica, ma tutta politica, ed è interessante la reazione di Osama bin Laden a questo cambio radicale di situazione. Le sue ultime dichiarazioni di fine ottobre 2007 sono da questo punto di vista illuminanti: è lui ad affannarsi a rimettere assieme i pezzi di melanzana, anziché mangiarsi la ratatouille (o se preferite la caponata) così com'è.