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La divisione

nicola zotti


La Divisione è l'unità fondamentale del Corpo d’Armata.  Come elemento amministrativo e tattico era nata in Francia nel 18o secolo.

Nel 1759 il duca de Broglie l’aveva introdotta nell’organizzazione dell’esercito integrando tra loro in modo permanente unità di fanteria – generalmente 2 brigate di 2 reggimenti ciascuna, in media  15mila uomini – con una batteria di artiglieria (6 o 8 cannoni) di medio calibro, e quindi si estese, sullo stesso modello organizzativo, anche alla cavalleria.

Ciò conferiva al comandante di Divisione un supporto di fuoco indipendente di cui disporre a proprio giudizio: un’autonomia decisionale che permetteva una grande adattabilità sul campo di battaglia.

Naturalmente era necessario un lungo periodo di addestramento comune tra le due componenti, che altrimenti avrebbero finito con l’ostacolarsi a vicenda.

Nel 1794 Lazar Carnot, Ministro della Guerra, sviluppò il concetto aggregando alla divisione un’aliquota di cavalleria leggera, alla quale venivano affidati compiti preziosissimi: per la Divisione i cavalleggeri sono  “antenne” che usano il proprio lungo raggio d’azione per perlustrare il terreno, e “pinze” che durante le proprie scorribande contribuiscono in modo significativo al sostentamento della truppa, individuando e requisendo le risorse alimentari: gli uomini marciano leggeri con razioni sufficienti per pochi giorni, che per di più devono essere consumate solo quando il combattimento è imminente.

La loro sussistenza dipende da ciò che riusciranno a requisire nelle città e nelle campagne attraversate durante la marcia.  A questo fine a ciascuna divisione viene riservata ad ogni tappa un'area di 20 chilometri quadrati di esclusiva pertinenza.

Napoleone comprese le potenzialità del sistema divisionale e ne fece l’insostituibile mezzo per la propria strategia fatta di alta mobilità e di manovre veloci e improvvise.

Durante le guerre napoleoniche i generali di divisione furono spesso chiamati a decisioni strategiche cruciali e non si tireranno mai indietro dimostrando l'utilità del sistema delle promozioni per merito e non per censo – carrière ouverte aux talents – ereditato anch'esso dalle riforme di Carnot: un uomo che merita ampiamente l'appellativo di "organizzatore di vittorie" con il quale è passato alla storia.

Negli anni successivi non solo il sistema divisionale venne adottato universalmente, ma l'importanza della divisione crebbe in proporzione all'aumentare della dimensione degli eserciti: le divisioni raggiunsero una numerosità che prima era limitata ai reggimenti e la potenza delle Forze Armate di una nazione iniziò ad essere calcolata in divisioni.

Opportunamente, va aggiunto, perché le divisioni acquisirono sempre maggiore autonomia e potere di fuoco, riprendendosi il ruolo originario di regine del teatro delle operazioni e del campo di battaglia.

Merita di essere ricordata a questo riguardo la discussa riforma Parriani che modificò, proprio alla vigilia della Seconda guerra mondiale, la struttura delle divisioni di fanteria del nostro esercito in controtendendenza rispetto agli altri eserciti belligeranti.

Da ternaria (ovvero su tre reggimenti) la nostra divisione divenne binaria (ovvero su due reggimenti), con conseguente aumento nominale delle nostre divisioni, ma con un disastroso effetto sulla loro efficienza bellica che si riduceva a 6 battaglioni contro i 9 di un'analoga formazione britannica, che era comunque meglio strutturata e armata.

Oggi le divisioni sono praticamente scomparse tranne che dagli eserciti maggiori, dove si sono trasformate in organizzazioni multiarma terribilmente complesse da governare.