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"In una situazione come l'attuale, c'è da stupirsi
che l'elenco [dei traditori] sia così breve".
George Washington 27.9.1780,
riferendosi al tradimento di Benedict Arnold..


IL BALUGINARE DI PUGNALI

Tradimento

nicola zotti

Categorizzare il tradimento dal punto di vista storico e militare è molto difficile. Dal punto di vista politico, poi, lo è ancora di più.

Quello del traditore, infatti, è un ruolo ineliminabile dai contesti negoziali di qualsivoglia natura: è molto facile, infatti, arrivare ad un punto in cui un accordo si logora in modo tale da consentire ad uno dei contraenti di dichiararne la rottura.

Questo processo traumatico non è mai privo di avvisaglie: gli scricchiolii che lo annunciano spesso cominciano con largo anticipo, e il tradimento non è altro che l'inevitabile conclusione di un processo.

A cose fatte, il traditore elencherà la lunga serie di torti subiti e le ripetute violazioni degli accordi che lo hanno ineluttabilmente spinto ad un pronunciamento definitivo, mentre il tradito sottolinerà come la prova migliore della malafede del traditore nella conduzione del rapporto sia il tradimento stesso.


La ricostruzione dei passaggi che hanno condotto a questo esito sarà largamente influenzata da giudizi di valore dai quali è molto difficile districarsi, e che invece io voglio evitare, rinunciando dichiaratamente a qualsiasi analisi dal punto di vista etico: perché qualcuno è danneggiato dal tradimento e qualcuno lo auspica e lo sollecita, traendone beneficio e questa semplice constatazione monopolizzerebbe il mio esame.

Dante Alighieri non ha difficoltà, ad esempio, a condannare Giuda, Bruto e Cassio alla masticazione perpetua nelle fauci di Satana, come traditori di autorità, religiose e imperiali, che a lui appaiono incontestabili: la pena peggiore per il reato peggiore.

Noi moderni siamo molto meno inflessibili e mostriamo una naturale predisposizione a considerare una gamma più ampia di punti di vista. Non abbiamo familiarità con autorità supreme e quotidianamente, invece, sperimentiamo il restringimento del nostro orizzonte sociale, il suo ripiegarsi su noi stessi, i nostri interessi, le nostre convenienze.

Laddove l'interesse nazionale non è più individuabile, ma anzi è un peso, quando non un surrettizio mascheramento di interessi personali, è abbastanza ovvio che questi ultimi prendano universalmente il sopravvento.

Il tradimento è la naturale conseguenza dell'individuazione di una discontinuità nel comune riconoscimento di interessi condivisi e la constatazione da parte del soggetto che si appresta a tradire che anzi dal patto stesso riceve un nocumento immediato e diretto.

Un patto, di norma, ha una durata temporale, ed è implicito che il bilancio del suo funzionamento sia effettuato alla scadenza prevista. A quella data, però, la condizione di un soggetto potrebbe essere ormai irrecuperabile. La sua tendenza spontanea è quella di localizzare unilateralmente delle "pietre miliari" alle quali effettuare un bilancio parziale, premessa della decisione di tradire.

Due esempi molto diversi tra loro possono aiutare a chiarire ed approfondire il concetto.

Il primo riguarda un tradimento falso e il secondo un tradimento vero.

Dopo la guerra 1914-'18 in Germania scattò la ricerca del responsabile della sconfitta. Ebrei, partiti operai, politici e la popolazione tedesca nel suo complesso, furono singolarmente o collettivamente accusati di aver tradito il soldato al fronte pugnalandolo alle spalle, così come l'eroe Sigfrido era stato pugnalato alla schiena, nell'unico punto vulnerabile, dall'infido Hagen.

La leggenda dura ancora oggi benché proprio i militari tedeschi, per primi, l'abbiano sfatata conducendo una approfondita indagine sulle cause della sconfitta, che si concluse con una condanna degli errori compiuti pervicacemente dall'alto comando di von Hindeburg.

In questo drammatico contesto, il tradimento non è solo un'accusa infamante, ma è ancor peggio l'individuazione del responsabile di una vera e propria "Götterdämmerung", un'immane catastrofe epocale, che si affermava potesse essere originata solo da un colpo alle spalle, unico punto debole di un'armata invincibile.

Nella fattispecie il tradimento diventa, quindi, la sola spiegazione possibile di un evento impossibile: impossibile, naturalmente, finché un esame oggettivo e serio non ne ricostruisce la genesi e la dinamica.

Il secondo esempio che vi voglio portare è in certa misura opposto al precedente, e riguarda il generale Benedict Arnold, il soggetto della citazione apertura.

Arnold è l'archetipo del traditore nella cultura popolare americana e da noi è molto poco conosciuto. Ottimo generale nella guerra di indipendenza americana, gli vanno sicuramente riconosciuti molti meriti nei successi ottenuti nella fase iniziale della guerra dalle colonie in rivolta.

Vincitore della battaglia di Saratoga, dalla quale uscì ferito nel fisico -- una gamba più corta di 5 centimetri -- e soprattutto nello spitrito: non solo non gli fu riconosciuto un passaggio di grado, ma il Congresso non gli rimborsò neppure le spese sostenute durante la campagna, gettandolo sul lastrico. Subì addirittura l'accusa di condotta disonesta e condannato, e incarcerato, per infrazioni amministrative.

I denari che chiese agli inglesi per tradire non furono 30 ma 20.300: ne ottenne molti meno perché il complotto che aveva escogitato per realizzare il suo passaggio nell'altro campo fallì. Un complotto a dire il vero molto ben studiato, perché avrebbe comportato la cessione agli inglesi del forte di West Point e la divisione in due parti delle colonie ribelli, un evento che se fosse accaduto avrebbe provocato la fine della causa indipendentista.

Persino la memoria del suo successo a Saratoga è stata cancellata e sul monumento che sul campo di battaglia lo celebra come "miglior generale dell'armata continentale" paradossalmente non appare il suo nome, e questo elogio rimane anonimo, appeso nel nulla.

Possiamo riconoscere al "traditore" Arnold, dunque, più di qualche buon motivo per sentirsi a sua volta tradito: e potremmo chiederci se l'opinione che abbiamo oggi di lui non sarebbe radicalmente diversa se il suo piano fosse andato a buon fine.

Su questo ho qualche dubbio: come scrive Cervantes «il tradimento è gradito, ma i traditori sono odiosi».