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Solferino (MN), Nord tav. 17 F3
San Martino della Battaglia (BS), Nord tav. 17 E3

Solferino 24 giugno 1859

nicola zotti

Il 22 Giugno 1859, l’esercito austriaco aveva completato il suo ripiegamento dietro il Mincio, ma l’imperatore Francesco Giuseppe attendeva solo l’occasione per riprendere l’offensiva contro l’armata franco-piemontese.

Proprio nelle stesse ore, questi ultimi avevano mezzo completato l’attraversamento del fiume Chiese (ci impiegarono 3 giorni: dal 21 al 23) e si preparavano ad affrontare con una certa trepidazione l’assedio del Quadrilatero, ormai ritenuto inevitabile.

Il 23, tanto Napoleone III quanto Francesco Giuseppe cercarono informazioni l’uno dell’altro, ottendendone dalla ricognizione di particolarmente confuse: entrambi ne ricavarono la convinzione che l’avversario fosse mal posizionato: i francesi con un’avanguardia oltre il Chiese, molto distanziata dal grosso, gli austriaci con una retroguardia ancora al di qua del Mincio, almeno altrettanto lontana dal resto del suo esercito. A queste condizioni, una decisa offensiva avrebbe potuto portare alla distruzione di una consistente forza nemica dando una svolta, probabilmente decisiva, alla campagna.

Così gli austriaci il 24 si accinsero a riattraversare il Mincio per marciare verso una battaglia che si prevedeva potesse avvenire il giorno successivo a ridosso del Chiese, mentre i francesi programmavano una marcia di trasferimento che li portasse a chiudere una trappola contro quella distratta “avanguardia” che doveva trovarsi tra Medole e Guidizzolo. Due ordini di marcia uguali che nelle intenzioni avrebbero portato ciascuno praticamente sulle posizioni di partenza dell’altro: inevitabile ci si scontrasse nel mezzo.

L’VIII corpo austriaco puntando verso Lonato incontrerà i piemontesi a S. Martino. La lunga colonna formata da V, I e VII corpo (se fosse stata distesa si sarebbe allungata per 45-60 km.) si dirigeva verso Castiglione, ma si fermerà a Solferino; IX, III e XI corpo, anch’essi incolonnati, miravano a raggiungere Carpenedolo, ma si fermeranno molto prima, poco oltre Guidizzolo.

Dal canto loro, nelle intenzioni i sunnominati piemontesi da Lonato sarebbero dovuti arrivare a Pozzolengo, il I corpo francese a Solferino, il II a Cavriana, il IV a Medole e il III a Castel Goffredo.



Il movimento francese incominciò in piena notte, mentre quello austriaco fu ritardato dalla consumazione del rancio, ma la cosa non ebbe ripercussioni particolari perché le posizioni che gli austriaci raggiunsero, seppure casualmente, a Solferino erano naturalmente forti e avrebbero potuto svolgere la funzione di arresto dell’armata francese necessaria al successo della programmata manovra di sfondamento-aggiramento da sud nella piana di Medole.

Alle 6 del mattino il I corpo d’armata francese aprì la battaglia contro gli avamposti austriaci appartenenti al V corpo d’armata, che coprivano a ovest Solferino: aiutati dal terreno e rinforzati dalle unità che sopraggiungevano alla spicciolata, la loro resistenza si rivelerà insormontabile. A sud gli scontri incominciarono poco dopo, con i francesi che scacciarono da Medole i distaccamente austriaci con la IV armata, sostenuta alle spalle e sul fianco scoperto dalla III, per poi prolungare immediatamente l’avanzata verso Guidizzolo, dove trovarono però l’opposizione della testa di colonna austriaca, costituita dal IX corpo d’armata.

Anche a nord le unità cominciarono i combattimenti secondo l’ordine di marcia, ovvero mano a mano arrivavano sulla llinea del fuoco: le divisioni piemontesi 3ª e 5ª impegnarono a fondo l’VIII corpo d’armata austriaco, con tale vigore da far credere al suo comandante Benedek di essere fronteggiato da 10 brigate quando erano in realtà solo 4. La 2ª divisione piemontese, che fungeva da collegamento con l’armata francese, fu invece fermata a Madonna della Scoperta da 2 brigate del V corpo d’armata austriaco sottratte alla difesa di Solferino.



Fissati i cardini a Solferino e a Guidizzolo, le truppe che sopraggiungevano iniziarono a riempire il campo di battaglia coprendo l’una il fianco interno dell’altra ed estendendo il cobattimento, senza alcun controllo da parte dei rispettivi comandanti in capo.

Tuttavia Napoleone III, che in definitiva era stato preso di sorpresa dall’improvvisa offensiva austriaca, fu più giudizioso nell’interpretare il suo ruolo e i compiti di un comandante in capo, seguendo molto da vicino il corso dell’azione e dotandosi, al contrario di Francesco Giuseppe, di un elemento di manovra di sua esclusiva disponibilità: la potente riserva costituita dalla Guardia imperiale.

Dopo le prime ore di combattimento, verso mezzogiorno, la situazione era infatti stagnante: a nord i piemontesi perdevano e riconquistavano le posizioni con un altissimo tributo di sangue, ma, come abbiamo visto, impegnavano a fondo gli austriaci e costringevano il V corpo d’armata austriaco a sottrarre forze alla difesa di Solferino e a chiedere rinforzi al I corpo, che avrebbero potuto essere impiegati con maggiore utilità in un contrattacco locale. Di fronte a Guidizzolo il IV corpo d’armata comandato da Niel non si spostava di un centimetro, aiutato dal fatto che i suoi avversari del IX corpo austriaco non potevano ricevere adeguato sostegno dall’XI ancora in marcia, così come al centro, a sud di Solferino e nella piana di Medole, all’attacco del III corpo austriaco mancò l’apporto completo del VII, tuttora per la maggior parte ancora in fase di movimento.

 



Fu proprio attorno a quest’ora che Napoleone III prese in pugno la situazione e cercò di sbloccarla impegnando il II corpo e reparti della Guardia in un attacco contro le posizioni di Cavriana tenute dal I e dalla divisione Brandenstein del VII, quest’ultima appena arrivata. L’attacco ebbe successo convincendo Francesco Giuseppe all’abbandono di Solferino e al ripiegamento a est di tutto il suo centro. Alla stessa ora, il generale Wimpffen, che dirigeva le operazioni dell’ala sinistra al comando della I armata austriaca, dichiarava impossibile proseguire nell’attacco. I corpi al suo comando avevano fallito ogni tentativo: all’attacco del IX corpo era infatti seguito un tentativo di aggiramento interno da parte del III, che venne efficacemente contrastato dal tiro incrociato dell’artiglieria francese schierata nella piana.

Nonostante la battaglia si concludesse di fatto verso le 20 per effetto della caparbia resistenza di alcune unità austriache, alle 14 essa poteva dirsi, quindi, virtualmente conclusa: il ripiegamento austriaco divenne in breve una vera e propria ritirata, questa volta definitiva, oltre il Mincio. Avevano pesato sull’esito finale la superiore abilità tattica dei comandanti di unità francesi, la scarsa collaborazione offerta al resto del dispositivo da Benedek, la scarsa aggressività di Wimpffen, le deficienze del comando supremo austriaco, e di Francesco Giuseppe innanzitutto, in particolare se paragonate alla guida per lo meno presente di Napoleone e alla sua attenzione nel garantirsi la disponibilità di una consistente riserva al suo diretto controllo. Non ultima incise anche la prova offerta dall’esercito piemontese che, seppure guidato male e senza coordinamento, aveva dimostrato di essere composto da soldati eccellenti.

Solferino fu una battaglia importante per l'Italia, ma anche per le lezioni sull'arte militare che impartì agli eserciti europei.


Ordini di battaglia (Fonte: Depot de Guerre, Campagne del l'Empereur Napoleon III en Italie 1859, Paris 1863)

Ordine di battaglia francese

Ordine di battaglia piemontese

Ordine di battaglia austriaco