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COME SIAMO STATI FORTUNATI DOPO l'8 SETTEMBRE...

Abbiamo evitato il caos!

nicola zotti


Marco Nese, giornalista del Corriere della Sera (il 21 gennaio 2007, pag. 37) recensisce un libro che racconta del fallimento della strategia americana in Iraq e, per chiudere in modo brillante, si lancia in un paragone tra la situazione irachena (dove gli americani hanno azzerato i vertici politici e militari compromessi con il partito Baath) e quella dell'Italia dell'8 settembre 1943.

«Gli americani stavano commettendo lo stesso sbaglio in Italia dopo l'8 settembre. Avevano in mente di cancellare le strutture portanti del Paese, civili e militari. Sarebbe stato il caos. In quel caso per fortuna ci ripensarono».

Ma come siamo stati fortunati!

Il re non scappò, i vertici militari non si dileguarono, l'esercito non si dissolse, il Roma non fu affondato, non morirono almeno ventimila soldati italiani nei combattimenti coi tedeschi dei giorni successivi, né 13.400 mai affogarono a causa dei bombardamenti alleati che affondarono i convogli tedeschi che li conducevano verso i campi di prigionia, dove altri 40.000 sarebbero potuti morire, se i tedeschi ve li avessero internati. Così pure, solo perché gli americani non compirono fatali errori, evitammo due anni di guerra civile: sarebbe stato il caos...

Abbandono a fatica il sarcasmo che l'affermazione di Nese si merita, perché la questione è molto, molto seria.

Nese farebbe bene a ricordare che l'Italia era "Una nazione allo sbando" (titolo del libro scritto da Elena Aga Rossi per il Mulino) indipendentemente dalle intenzioni degli alleati, qualunque esse fossero, e, per inciso, i duri nella circostanza furono i britannici e non gli americani, che pretesero ed ottennero la nostra resa incondizionata.

Di ciò che può essere definito caos nulla ci fu risparmiato, e non riesco a pensare che cosa di peggio ci sarebbe potuto capitare se gli alleati avessero fatto piazza pulita di una classe dirigente vergognosa: ed è per questo che le parole di Nese fanno male, in modo sconsiderato e irresponsabile, perché cercano un ruolo "americano" dove non c'è, sottraendo a noi italiani, al re, a Badogliio e al resto della classe dirigente, peso e responsabilità nelle cause di quell'apocalittico disastro che fu l'8 settembre.

Non la morte della Patria: che negli italiani sopravvisse, come ricorda sempre Elena Aga Rossi, ma certo «il momento di totale crollo e di dissoluzione dello Stato». Le "strutture portanti del Paese" si erano già autodistrutte e non c'era "americano" che potesse cancellare o salvare ciò non c'era più. Le macerie che vennero recuperate col governo Badoglio, macerie erano e tali si dimostrarono negli anni successivi.

Da quella dissoluzione e da quel totale crollo non ci riprenderemo mai finché la storia sarà raccontata dalla superficialità di certi giornalisti.