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FORSE HO ESAGERATO

post scriptum

 

Dopo aver scritto queste righe devo compiere un passo indietro. Il sarcasmo è una tentazione alla quale non so resistere. Gli eccessi vanno corretti.

A Millán-Astray va riconosciuta una personalità più profonda di quella da me descritta.

Dotato di grande carisma, era indubbiamente un ottimo comunicatore e anche, a suo modo, un intellettuale.

Questo forse non lo avrebbe preso come un complimento. Ricordiamo la terribile polemica che ebbe con MIguel Unamuno, famoso uomo di cultura spagnolo, nel 1936.

Nel torbido esordio della guerra civile, Millán-Astray e Unamuno si trovarono assieme all'università di Salamanca (di cui Unamuno era rettore) per una occasione uffiiciale.

Unamuno, che uomo di sinistra non era (aveva ottimi rapporti con Franco), reagì vementemente all'infuocato nazionalismo di Millán-Astray, pronunciando il famoso discorso «Venceréis porque tené is sobrada fuerza bruta. Pero no convenceréis

Millán-Astray aveva cercato di sovrapporre alla voce di Unamuno il suo grido «¡Muerte a la inteligencia, viva la muerte!».

Quasi un ordine per i suoi legionari. Solo l'intervento della moglie di Franco, anche lei sul palco, salvò Unamuno da conseguenze peggiori.

Quelle parole di Millán-Astray a noi oggi provocano un motivato sconcerto. E lo provocavano anche nei suoi contemporanei, se anche il poeta José María Pemán cercò di stemperarne la violenza interpretandole come «Mueran los intelectuales, los falsos intelectuales, traidores».

Ma c'era poco da addolcire. Il nichilismo armato di Millán-Astray aveva radici profonde nella sua epoca e nella filosofia orientale dei codici dei samurai giapponesi di cui il militare era conoscitore e persino divulgatore.

Tra Pemán che la buttava in politica e Unamuno che invece sosteneva «Este es el templo de la inteligencia. Y yo soy su sumo sacerdote» (anche questo dà da pensare), Millán-Astray replicava con lo svuotamento di ogni speranza e di ogni capacità di comprensione.

Un paradosso dentro un altro paradosso: "morte all'intelligenza": eppure è la morte ciò che Millán-Astray esalta: e come? Augurando alla morte una lunga vita.

Ineccepibile nonsenso, un salto nel vuoto da grande dadaista.

NZ

 

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