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Soldato Marco Angelini

nicola zotti



Subject: La Prima Guerra
Date: Mon, 3 Nov 2008 11:01:52 +0100
Thread-Topic: La Prima Guerra
From: "La Posta Gianluca" <g.laposta@xxx.xx> To: <n.zotti@mclink.it>

Gentilissimo Signor Zotti,

e come potevo non scriverle alla vigilia del 4 novembre (novantennio della Vittoria) e dopo aver letto le condivisibili considerazioni [di Arturo Lorioli, ndNZ] sulla Colonnina infame sull'ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto recentemente scomparso! (Bersagliere anche lui come me, tra l'altro, il che - mi perdoni la banalità - riempie di un certo orgoglio chi come me ha servito nel Corpo vivendo una delle più belle esperienze - per fornuna non di guerra - della mia vita....ma questo è un altro argomento!).

Sono personalmente molto legato al ricrodo della I GM e del 4 novembre che per noi ne segnò la fine vittoriosa....ed è un legame che va al di là della reggiunta unità nazionale, della terre irredente e dell'eroismo dei nostri soldati....

Deriva, nello specifico, da una memoria familiare. Il mio bis-nonno, Marco Angelini, fu richiamato nel dicembre del 1916 all'età di 35 anni e con una famiglia di 4 figli... durante il periodo che vestì la divisa della Brigata Roma - 79° RGT di Fanteria... ebbe un intenso scambio epistolare con i propri familiari... e noi conserviamo ancora gelosamente quelle lettere quale memoria di un passato che non abbiamo mai sentito lontano. Morì sulla Bainsizza, il 30 agosto del 1917 in piena Undicesima Battaglia dell'Isonzo... non so se mori come un eroe... non mi interessa..so solo che lascio moglie e figli piccoli senza un padre ed un marito...e di tale repentina mancanza ho potuto constatare le conseguenze a livello caratteriale anche nei membri della mia attuale famiglia.

Non mi dilungo su questioni che esulano completamente dai temi da lei trattati... ma è davvero singolare constatare come eventi accaduti 91 anni fa possano produrre delle conseguenze ancora oggi riscontrabili.

Mi permetta, per ricordare il mio bis-nonno, di inviarle un bell'articolo scritto da mia madre per la rivista La Barrozza dell'associazione Pro-Ruscio (piccolo paesino dell'Umbria da cui proviene quel ramo della mia famiglia). L'articolo fu scritto per una lodevolissima iniziativa dell'associazione: ricordare in un quaderno i morti che la piccola comunità aveva sopportato durante le guerre coloniali e le Grande Guerra (un secondo quaderno fu edito anche per i caduti della II GM).

La saluto cordialmente

Gianluca La Posta

Soldato Marco Angelini

Fra coloro che non sono tornati, perché inghiottiti dalla spaventosa voragine della Grande Guerra, c‚è anche mio nonno: Marco Angelini (2). Era nato a Monteleone di Spoleto il 13 agosto 1881 da Pasquale e da Apollonia Rosati che, oltre a lui, avevano avuto Girolamo, Mariano, Giulio e Antonia.


il soldato Marco Angelini

 

La famiglia Angelini, originaria di Rescia, possedeva alcuni terreni e boschi compresi tra Ruscio, Monteleone e la stessa Rescia. Come per altri "rusciari" l'attività delle carbonaie era prevalente rispetto a quella agricola. Infatti, le scarne notizie rilevabili dal foglio matricolare, indicano Marco Angelini come "carbonaio, in grado di leggere e scrivere e con una cicatrice sul collo". Pur appartenendo al mondo agricolo, era dotato di discreta cultura (per l'epoca) e di capacità amministrative. Dai suoi contemporanei era chiamato "il ministro". Si era sposato con Maria Belli il 18 agosto 1907 ed aveva avuto quattro figli: Orlando nel 1908, Emilia nel 1911, Simone nel 1914 e Anna Maria, detta Nannina, nel 1917.

La sera del 22 maggio 1915, un breve messaggio avvertiva tutti i comandi militari che era arrivato per l'Italia il momento di scendere in campo contro l'Austria Ungheria: "Sua Maesta‚ il Re ha decretato la mobilitazione generale dell'Esercito e della Marina e la requisizione dei quadrupedi e dei veicoli. Primo giorno di mobilitazione 23 corrente mese." Era cosi‚ terminato il periodo di incertezze che aveva diviso la societa‚ italiana e il mondo politico tra neutralisti e interventisti. Non era ancora la dichiarazione di guerra ma inequivocabilmente si capiva che gli indugi erano rotti.

L'entrata in guerra dell'Italia, il 24 maggio 1915, lo aveva colto intento, assieme ai suoi fratelli, nella cura degli interessi indivisi della famiglia di origine. Questa, come molte altre di Ruscio, era organizzata in forma patriarcale ed inglobava, aggregandole, le famiglie che i vari figli maschi andavano man mano costituendo. l'indiscusso capofamiglia era il fratello Girolamo, mentre la cura della numerosa prole del gruppo era demandata, per specifiche competenze, alle donne: Cecilia, Rosa e Maria rispettivamente mogli di Girolamo, Mariano e Marco. Il foglio matricolare di Marco segnala che era stato, in un primo momento, riformato dal servizio di leva per essere, poi, reintegrato, in seguito ad una ulteriore visita medica fatta a Spoleto, il 18 novembre 1916, nella classe di leva 1881, quale soldato di 1° categoria. Pochi giorni dopo il Natale dello stesso anno, il 27 dicembre, venne chiamato alle armi per la mobilitazione generale. In quei giorni la situazione bellica risultava alquanto critica. L'andamento della guerra era incerto, le operazioni stagnavano, da molto tempo, in una guerra di posizione che logorava uomini e mezzi. L'Esercito italiano aveva lanciato numerose offensive, con risultati complessivamente scarsi ed a prezzo di gravissime perdite. Il crescente bisogno di rincalzi determinò la chiamata alle armi di tutti gli uomini disponibili. Crebbe, quindi, il numero di soldati con famiglia a carico, dato che nel gennaio 1917 furono richiamati alle armi perfino i nati nel 1874; fanti contadini di quarant‚anni con 5, 7, 10 figli ciascuno. Si verificò il caso di una compagnia di 230 soldati che avevano lasciato a casa 952 figli. Marco Angelini ne aveva lasciati tre ed una quarta in arrivo (nacque, poi, il 4 febbraio del 1917). Sicuramente gli fu di conforto il saperli raccolti in seno alla sua famiglia che, amorevolmente, si occupò anche della moglie. Dal foglio matricolare rileviamo, ancora, che fu incorporato, con il numero di matricola 6908, nel 2ª plotone, della 7ª Compagnia, del 2º Battaglione del 79º Reggimento di fanteria della Brigata Roma, "e tale giunto il 19 gennaio1917". Raggiunse il "territorio dichiarato in stato di guerra" il 2 aprile dello stesso anno. Ebbe meno di due mesi e mezzo di addestramento, sia alle armi sia all'idea della guerra. L'esercitazione, con il fucile modello 1891, fu alquanto sommaria. Come si può rilevare dal suo libretto di tiro, infatti, fu limitata a 6 colpi sparati ogni 5 giorni, dal 23 febbraio al 20 marzo del 1917.  Il fante Marco Angelini  percepiva il salario previsto per i soldati: 50 centesimi al giorno; alle mogli lo Stato riconosceva un sussidio di 60 centesimi al giorno oltre ai 30 centesimi, per ciascuno dei figli minori di 12 anni. Il suo arrivo, nel teatro delle operazioni, coincise con una ripresa delle attività belliche che avevano, invece, ristagnato tra il novembre del 1916 e l'aprile del 1917. Nel solo mese di maggio l'esercito perse complessivamente circa 128.000 uomini, tra morti e feriti. Era iniziata l'undicesima battaglia dell'Isonzo e l'esercito si apprestava a sferrare la battaglia della Bainsizza. Nei mesi che seguirono vi fu un grande eccitazione in quel settore del fronte. Si sperava che quella sarebbe stata l'ultima battaglia, quindi, l'ultimo sforzo prima della vittoria e della pace che avrebbe posto fine a tanta sofferenza. Ma nel mese di agosto, dopo un incoraggiante inizio, l'offensiva fallì sull'intero fronte, tranne che per un limitato successo sull'altipiano della Bainsizza dove Marco perse la vita il 30 agosto 1917. Il foglio matricolare segnala laconicamente "morto in combattimento", mentre l'estratto del Registro degli Atti di Morte riferisce che "mancò ai vivi nell'altopiano della Bainsizza a quota 778 a ora incerta". Nella sua breve e sfortunata permanenza al fronte egli ebbe un continuo contatto epistolare con i suoi cari, come documentano le numerose lettere conservate dalla famiglia.


Posizione in prima linea (foto Ten. Gianni Peri)

 

Il tenore dei messaggi, per lo più indirizzati ai fratelli ed alla "cara consorte", tendeva a tranquillizzare i familiari. L'esordio è sempre "Grazie al buon Dio, sto bene e lo stesso voglio sperare di voi tutti" con un frequente richiamo alla buona sorte che lo aveva, sin lì, assistito. Pochi i riferimenti ai timori, ai patimenti ed alle fatiche di soldato. Anche del suo coinvolgimento in fatti bellici poco traspare, forse per espresso divieto o, forse, per risparmiare inutili apprensioni ai suoi cari. Sappiamo che il suo reparto, attestato sul monte Maio a quota 1572, dal 24 maggio subì numerosi attacchi nemici, sempre respinti infliggendo gravi perdite. Il 26 maggio così scrisse alla famiglia  "e ancora mi trovo in trincea. Sto in prima linea. Ma qui dove mi trovo adesso è meno pericoloso. Stanotte abbiamo combattuto e dove stavo era molto pericoloso e, davvero, i Santi mi hanno assistito. Spero che fra otto giorni, se il Signore ci guida,  ci appartiene di andare un po‚ indietro (nelle retrovie, n.d.a.) e spero che questi giorni passino subito e che prima che ritorno in questi posti verrà una santa pace. Questo io spero e, credete che io ho pensato sempre a voi".

Il desiderio si avvera il 13 luglio quando la Brigata riceve il cambio e si sposta nella zona di Schio per un periodo di riordinamento.  Solo in quel frangente, lontano dai pericoli, svelò la durezza della vita di trincea. Infatti, da qui scrive il 22 luglio: "anche io, caro fratello, posso ringraziare Iddio perché, come sapete siamo molto indietro a riposo. Dopo che ho passato i pericoli senza dillo, ora mi posso contentare; qui ci fanno iniezioni, molti bagni e fanno le istruzioni a piazza d‚armi e lunghe marce. Presto di qui, dicono, che andremo via in un paese vicino a Vicenza. Questo mi successe a Monte Maio, il 24 maggio, quando subimmo un forte attacco e fummo molto vicino ai nostri nemici: da una scheggia di bombarda ho avuto il fucile spezzato in mano e fui salvo. Ffacemmo qualche prigioniero ma mantenemmo la nostra posizione. Anche il 19 maggio subimmo tre attacchi, quasi corpo a corpo, ma noi, sempre, avemo mantenuta la nostra posizione. Santa Rita mi scampò, così spero per l'avvenire. Traspare qui, senza enfasi e senza retorica, l'orgoglio del combattente che ha respinto il nemico. Poi, rivolto ai fratelli, ebbe un pensiero altruistico: "sono dispiaciuto che state soli e che dovete crepare e lavorare anche per me".

Il pensiero è, in tutte le lettere, rivolto ai figli che non dimentica mai di raccomandare all'attenzione della moglie. Anche la speranza de "la bona pace" è, costantemente, presente. Ma il 15 agosto il reparto è di nuovo in linea per partecipare alla prevista imminente offensiva. Il 27 giunge al ponte di Plava e, di qui, prosegue per Leupa per operare contro le linee nemiche di quota 774 e 778 sull'altipiano della Bainsizza dove, fino al 1° settembre, si susseguiranno sanguinosi combattimenti, al termine dei quali il 79° fanteria, dopo asprissima lotta ed alterna vicenda, riesce a rafforzarsi in posizioni prossime agli obiettivi assegnati. Marco cade durante quei sanguinosi scontri all'età di 36 anni. L'ultima lettera scritta alla moglie ed ai fratelli è datata 27 agosto e risulta spedita lo stesso giorno della sua morte: 30 agosto 1917.

Gli ultimi suoi pensieri furono: "Dunque, fra poco partiamo e andiamo in prima linea. Speriamo tutto bene. State tranquilli. Ho saputo che Pasquale (Pasquale Angelini, figlio di Mariano, quindi suo nipote) non appartiene più alla mia Divisione. Così spero che rimarrà indietro. Certo io non potrò scrivervi spesso, ma come posso, non dubitate, che lo farò perché non sono pigro a scrivere. Voi scrivete lo stesso." Poi rivolto alla moglie "Cara consorte state tranquilla che io mi fò coraggio. Sono orgoglioso che Orlando è stato promosso con boni voti e sono tanto contento che Annamaria chiama papà e mamma e ha messo due denti. Speriamo presto che questa guerra finisce così non mi sazierò di bacialla. Ricoprite di baci i nostri figli. Vi saluto di nuovo tutti, anche zii e parenti e chi domanda di me. Vi bacio Vostro Marco".

Non tornò ed i suoi resti sono forse custoditi nel sacrario di Oslavia tra quelli dei caduti senza nome. Con il regio decreto 1241 del 29/7/1920 la Patria gli ha dato il riconoscimento postumo a fregiarsi della medaglia commemorativa nazionale della guerra 1915-18 ed ad apporre sul nastro della medaglia le fascette corrispondenti all'anno di campagna 1917; e con il regio decreto del 16/ 12/ 1920 a fregiarsi della medaglia interalleata della Vittoria.

Molto tempo è trascorso da quei drammatici eventi, ma di Marco resta viva la memoria, grazie anche alle preziose lettere che hanno consentito ai suoi discendenti di poter "scoprire" quell'uomo, quel padre e quel nonno che la tragedia della prima guerra mondiale ha impedito loro di conoscere.