Nella storia dell'arte militare, pochi eserciti hanno attirato tanti unanimi elogi quanto quello dei mongoli. Basil Liddell Hart nel suo "Strategy" li cita come unico esempio di qualche interesse nell'arte militare medioevale: naturalmente sbagliava, come in altre occasioni lasciandosi prendere la mano dalla sua passione per i giudizi trancianti e per la ricerca di precedenti alle proprie teorie, ma certo non nell'opinione relativa ai mongoli.
Da Gengis Khan in poi, l'aspetto che affascina i più riguarda certamente la natura equestre delle armate mongole: grandi masse di arcieri a cavallo che muovono veloci, furiose e inarrestabili, come stormi di rapaci o, nel fantastico immaginario medioevale, come nugoli di demoni provenienti direttamente dall'inferno.
Di fatto, però, le armate mongole potevano contare su ben altra forza che non la ferocia, perché muovere un'armata composta da centinaia di migliaia di cavalli crea, come cercherò di illustrare, qualche problema in più, che comunque i mongoli sapevano anticipare e risolvere.
Prendiamo in esame una campagna tra le molte condotte dai mongoli per fare qualche calcolo logistico.
Nel 1299 Mahmud Ghazan, Ilkhan di un territorio che si estendeva per 3.750.000 km2 dall'Armenia a Occidente fino al Pakistan ad Oriente, radunò un'armata per riprendere la lotta che impegnava con scarsa fortuna gli ilkhanidi contro i mamelucchi per il dominio della Siria.
La sconfitta di Ayn Jalut nel 1260 aveva in effetti segnato un punto sostanziale a favore dei mamelucchi, e purtuttavia il primo sovrano musulmano di un regno mongolo non voleva abbandonare la presa e si preparò per una nuova spedizione militare contro i suoi correligionari mettendo in campo, secondo lo storico persiano Wassaf, contemporaneo agli eventi, almeno 6 Tumen e 65.000 uomini: in realtà un tumen dovrebbe essere composto di 10.000 uomini e quindi i calcoli potrebbero essere un po' ridimensionati.
Sempre secondo Wassaf, Ghazan chiese ai suoi uomini di portare con sé 5 cavalli ciascuno, il che porta ad un totale di almeno 300.000 cavalli per l'intera spedizione.
Ad essi, per prudenza, Ghazan aggiunse un treno composto da 50.000 cammelli, destinati a portare foraggi secchi, che hanno circa 3 volte il valore nutritivo di quelli freschi.
Ho già riportato il
fabbisogno alimentare di un cavallo mongolo e quindi, anche escludendo i cammelli dal calcolo, è semplice misurare in 4.200 tonnellate circa di erba (14 kg. per 300.000 cavalli) il fabbisogno giornaliero dell'armata equivalente alla produzione di complessiva di 7.000 ettari di pascolo (4.200.000 kg. diviso 600 kg. di produzione per ettaro, secondo una possibile ipotesi) ovvero 70 km. quadrati di territorio vergine al giorno, inutilizzabile quello successivo.
I citati 50.000 cammelli ci sembrano un numero stratosferico, eppure, considerando 200 kg. la loro capacità di carico, avrebbero potuto trasportare 10.000 tonnellate di fieno e orzo, equivalenti al valore nutritivo di circa tre volte tanta erba fresca: ovvero più o meno una sola settimana di sostentamento per i cavalli dell'armata.
Sempre secondo Wassaf, non solo i cammelli tornarono utili, ma vennero persino impiegati più volte, il che significa che Ghazan aveva anche predisposto delle scorte: il che la dice lunga sulla sua capacità organizzativa.