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TRA TECNOLOGIA E DOTTRINA

La Mitrailleuse

nicola zotti

Nei decenni successivi la fine delle guerre napoleoniche la tecnologia militare cominciò l'impetuoso sviluppo che la nascente civiltà delle macchine poteva alimentare e che prosegue ai giorni nostri.

Anni di esperimenti e, quindi, di errori, anni fervidi di accese polemiche tra conservatori ed innovatori, questi ultimi, ovviamente, ad assumere con entusiasmo assoluto il ruolo di profeti ed evangelisti dell'innovazione tecnologica.

Nell'affollata e in alcuni casi bizzarra galleria degli innovatori, un posto di rilievo è riservato ad Auguste Verchère de Reffye, che diede il proprio nome alla Mitrailleuse con la quale l'esercito francese affrontò le armate prussiane durante la guerra Franco-prussiana del 1870.

Napoleone III aveva iniziato ad interessarsi alle armi a ripetizione fin dal loro primo apparire negli anni Cinquanta del XIX secolo, ma la campagna d'Italia del 1859 trasformò questa attenzione in un vero e proprio progetto.

Durante le battaglie con l'esercito austriaco, i francesi, infatti, avevano riscontrato due deficienze tecniche di un certo rilievo, che non si erano dimostrate decisive contro un avversario come la reale-imperiale armata austroungarica gravata da ben altri problemi, ma che nella futura inevitabile guerra con i prussiani potevano significare la sconfitta.

La prima era rappresentata dall'inferiorità dei moschetti francesi rispetto ai nuovi fucili ad ago. Gli austriaci avevano in dotazione il fucile Lorenz che, nonostante fosse un'arma tutt'altro che eccezionale, aveva notevolmente impressionato i francesi.

Queste nuove armi si erano dimostrate sufficientemente letali a distanze prima impensabili -- 400 e più metri -- decimando il corpo ufficiali, ma soprattutto riuscendo ad impensierire anche i serventi di artiglieria. Sul suolo italiano il Lorenz non aveva trovato campi di tiro sufficientemente ampi per sfruttare in modo sistematico le proprie potenzialità e i danni erano stati limitati dall'addestramento francese (e italiano) agli assalti ad ondate veloci, alla "zuava" (o alla bersagliera), con i quali vennero annullati i differenziali nei campi di tiro.

La seconda era invece dovuta all'adozione da parte dell'artiglieria francese del nuovissimo pezzo da 4 libbre Beaulieu, un cannone in bronzo ad avancarica e a canna rigata estremamente preciso e niente affatto inferiore all'omologo prussiano Krupp in acciaio a retrocarica dello stesso peso, ma insoddisfacente per quanto riguardava le prestazioni con i proiettili a mitraglia, quelli utilizzati per l'autodifesa dei pezzi e contro le masse di fanteria all'assalto: un difetto reso più acuto dai progressi compiuti dalle armi della fanteria.

Il primo problema venne risolto brillantemente con lo Chassepot, molto migliore dell'avversario prussiano Dreyse. Per il secondo, invece, si esplorò un campo praticamente vergine: quello delle armi automatiche.

Lo sviluppo della MItrailleuse Reffye avvenne in gran segreto e fu pagato di tasca propria da Napoleone III, un po' perché il bilancio della nazione francese era già sufficientemente assorbito dalla produzione degli Chassepot, e un po' perché era un'ulteriore garanzia di sicurezza.

Il segreto paradossalmente fu mantenuto più all'interno che all'esterno: praticamente tutti i potenziali avversari della Francia ne erano informati e i prussiani distribuiirono addirittura un opuscolo di contropropaganda alle truppe per minimizzarne l'efficacia.

Al contrario gli artiglieri francesi non seppero dell'esistenza dell'arma finché non gli venne consegnata, per altro senza ricevere praticamente alcun addestramento specifico.

Il risultato finale fu comunque veramente rimarchevole: l'arma esteriormente era del tutto simile ad un cannone, ma aveva 25 bocche da fuoco anziché una sola.



Il caricamento avveniva mediante una culatta mobile di forma rettangolare nella quale erano alloggiati 25 (5 righe da 5) proiettili calibro 13mm, che veniva infilata in una slitta alla base delle canne. Girando la manovella che si intravede nella foto qui sopra, gli aghi in successione percuotevano l'innesco dei proiettili garantendo un elevato regime di fuoco: 75 colpi al minuto che in situazioni di emergenza potevano essere portati a 125.

Spinte da 12 grammi di polvere, le palle da mezzo etto partivano ad una straordinaria, per l'epoca, velocità di circa 500 m/s che conferiva un tiro teso superiore tre-quattro volte a qualsiasi fucile contemporaneo e una distanza utile di oltre 2 km.

Unico difetto tecnico evidente era lo scarso brandeggio che comportava una certa tendenza a "strafare" nel piazzare colpi a bersaglio: durante la battaglia di Spicheren (6 agosto 1870) il generale prussiano von François fu centrato da 4 colpi ad una distanza di 600 metri, anche se il poco invidiabile primato spetta ad un certo tenente von Pölnitz che ne ricevette 5.

Un difetto più grave ai tempi non riscontrato lo possiamo oggi desumere dal nome che venne dato all'arma: "canon à balles", cannone a pallottole.

Come ho descritto sopra, i francesi dovevano risolvere un problema derivante dall'adozione di un nuovo cannone, il pezzo da 4 libbre Beaulieu, che non aveva una sufficiente prestazione a distanza ravvicinata, e quindi le Mitrailleuse vennero inserite nelle batterie di artiglieria divisionale, in proporzione 1 a 3 -- una batteria da 6 Mitrailleuse ogni 3 batterie da 6 pezzi ciascuna da 4 libbre -- in sostituzione di una batteria da 4 libbre. Un sistema che ricordava la sezione obici aggregata ai cannoni di una batteria di epoca napoleonica.

Le 190 Mitrailleuse prodotte si trovarono così ad operare al fianco dei cannoni come dei veri e propri cannoni, seppure "à balles".

Dal canto loro i prussiani avevano invece un parco di artiglieria divisionale costituito da 2 batterie da 4 libbre e 2 batterie da 6 libbre per un totale di 24 cannoni che ad ogni salva sparavano sull'avversario un peso in metallo superiore del 40%, decidendo in questo modo abbastanza agevolmente i duelli di artiglieria.

Dal punto di vista puramente tecnologico quindi la Mitrailleuse era per l'Ottocento un'arma eccezionale, non supportata però da un'adeguata dottrina d'impiego: nei rari casi in cui venne impegnata come accadrà decenni dopo durante la Grande guerra rivelò tutto il proprio terribile potenziale.

Nella battaglia di Saint-Privat (18 agosto 1870) le Mitrailleuse vennero collocate in postazioni protette e occultate, e aprirono il fuoco contro la fanteria prussiana, decimandola, solo quando arrivò ad ostacolare il campo di tiro della propria artiglieria.

La guerra Franco-prussiana fu decisa dall'inadeguatezza dei marescialli MacMahon e Bazain e dalla disorganizzazione complessiva dell'apparato militare francese, e non dall'uso erroneo di un arma, tuttavia una dottrina di impiego diversa per la MItrailleuse probabilmente sarebbe servita a rendere il compito molto più difficile ai prussiani.

Errori come questi non sono affatto rari nella storia militare e in questo caso in particolare non si può affermare con leggerezza che siano stati originati dall'incompetenza di Reffye o degli altri sostenitori della Mitrailleuse.

La novità tecnologica rappresentata dell'arma automatica era troppo radicale per essere comprensibile con gli strumenti analitici del passato, anche da visionari come Reffye. O, al contrario, sarebbe servita un'intelligenza militare superiore e capace di un compromesso intellettuale di alto livello tra passato, presente e futuro: come quella di un Gustavo Adolfo di Svezia, per intenderci, con le sue intuizioni brillanti come i cannoni leggeri reggimentali.