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La battaglia di Ponte Milvio: questioni aperte

nicola zotti



Come tutte le battaglie (e come tutti gli eventi storici, in effetti) anche la battaglia di Ponte Milvio lascia aperta più di qualche questione, alcune comuni, altre decisamente peculiari.

Sono le questioni su cui si discute, sussultando ogni volta che si ascolta un'opinione diversa dalla nostra.

Innanzitutto, fatto assolutamente normale per una battaglia antica, è assolutamente aperto il dibattito sulla localizzazione del campo di battaglia.

Autorevolmente von Moltke, nei suoi appunti di viaggio, sottolinea che se i numeri sono quelli citati dai cronisti dell'epoca, non è possibile che la battaglia si sia svolta davanti a Ponte Milvio, come da tradizione.

Una schiera di storici militari, infatti, ha spostato più a Nord, a Saxa Rubra, là dove la campagna romana si apre dopo che la Flaminia ha attraversato quelle formazioni tufacee rosse che la le stringono contro il Tevere. E prima dei "Sassi Rossi", a Malborghetto, un arco trionfale, oggi incassato in un casolare, ricorda il luogo dove le truppe costantiniane posero il campo.

Altri la collocano un po' più vicino a Roma, dove oggi si trova via dei Due Ponti, mentre altri ancora si esercitano in ricostruzioni più complesse, che prevedono manovre di aggiramento delle armate costantiniane lungo la Cassia. Nel primo caso, però, il torrente Pussino, perpendicolare al Tevere, appare inadatto a ingoiare chicchessia tra i suoi magri flutti, mentre nel secondo la ricostruzione e così complicata che si presta a essere tagliata dal "rasoio di Occam", in favore di una soluzione più semplice.

Nella mia ricostruzione della battaglia di Ponte Milvio io ho sostenuto la tesi tradizionalista. Mi sono basato su due fonti che mi paiono più convincenti di altre.

Incomincio con il IX panegirico latino dedicato a Costantino (consiglio la lettura dei panegirici latini a chiunque voglia godere dell'adulazione elevata ad arte letteraria) che però devo citare a memoria perché, e questo è veramente un evento degno di nota, la copia della sala di Umanistica della Biblioteca Nazionale di Roma, era in consultazione quando sono andato a rileggermi quei brani. O forse, più banalmente era fuori posto. Cosa racconta il citato panegirico di autore anonimo? Che Costantino non aveva con sé tutto il suo esercito, avendone lasciati i tre quarti nelle sue dipendenze imperiali.

Pure Massenzio doveva avere molti meno uomini di quanti non gliene sono attribuiti dagli altri storici dell'epoca, non fosse altro per le sconfitte che aveva già subito nella parte preliminare della campagna e per la necessaria guarnigione che aveva dovuto lasciare tra le mura di Roma.

Per questo motivo l'obiezione di von Moltke potrebbe venire a vantaggio dell'ipotesi "ponte Milvio" anziché il contrario.

Sempre il panegirico citato (e sempre purtroppo a memoria) ricorda che le truppe di Massenzio furono schierate così a ridosso del fiume Tevere da non avere nemmeno lo spazio per fare il passo indietro necessario a rilanciare un attacco.

Dato l'asse Nord-Sud del tragitto del Tevere, a meno di non collocare gli eserciti con lo stesso asse, l'unico punto dove si possa essere sufficientemente vicini al Tevere, ma perpendicolari alla via Flaminia, sono i prati di Tor di Quinto, adiacenti a Ponte Milvio e alla possibile collocazione del fatale ponte di barche.

Un'ultima "prova", e considerate le virgolette, a sostegno della tesi che la battaglia si sia svolta nei prati di Tor di QuInto, deriva dall'unica "istantanea" che abbiamo della battaglia.



tevere


In questo particolare del fregio costantiniano che compare sull'arco di Costantino, vediamo il Tevere assistere alla distruzione nelle sue acque dell'esercito di Massenzio, mentre Costantino giunge presso Ponte Milvio.

Dobbiamo dare dunque credito all'artista di aver rappresentato un dettaglio non equivocabile di quello che avvenne storicamente: i massenziani vennero spinti nelle acque del fiume presso il ponte: la possibilità che questo sia avvenuto a conclusione di una fase di inseguimento iniziata più a monte è in effetti una possibilità da non scartare a priori (ammesso che l'anonimo panegiricista si sia sbagliato) ma tutto sommato remota.

chi ro

Il "chi-ro" sullo scudo della guardia di Costanzio II, figlio di Costantino: la battaglia di ponte Milvio è legata all’intervento divino che garantì a Costantino la vittoria.

L’episodio è raccontato da due scrittori cristiani contemporanei agli eventi, Lattanzio ed Eusebio: il primo riferisce che la notte antecedente la battaglia Costantino ricevette in sogno da Dio l’ordine di contrassegnare lo scudo dei suoi soldati con il “segno divino”, mentre il secondo riporta quanto riferitogli l’imperatore stesso, ovvero che il giorno prima della battaglia egli e il suo esercito furono testimoni della prodigiosa apparizione nel cielo di un incrocio di luci sopra il sole, accompagnato dalla scritta in greco “vinci con questo”.

Quella notte, poi, in sogno, Costantino ottenne dal Dio l’interpretazione del fenomeno, ovvero l’ordine di adottare il simbolo “chi-ro”, descritto come le lettere X e P dell’alfabeto greco sovrapposte (le prime due lettere greche con le quali si scrive “Christos”) per le proprie insegne militari. Eusebio non nasconde i suoi dubbi e nessuna menzione al “chi-ro” è presente sull’arco di Costantino: non sapremo mai se gli scudi dei soldati di Costantino recassero veramente quel simbolo, né se si sia trattato di un omaggio al culto solare di Mitra, molto diffuso tra le truppe, o di un intervento diretto del Dio dei cristiani.

Tuttavia, diamo per scontato che effettivamente Costantino abbia fatto apporre un simbolo sugli scudi e sui vessilli delle sue truppe: c'è una possibile spiegazione militare a questa decisione?

In effetti qualche cosa del genere potrebbe essere successa, se a posteriori Costantino si sentì autorizzato a doverne dare una spiegazione.

L'impresa in sé non è semplice: si dovevano trovare le vernici necessarie nella campagna romana, ad esempio, e non so se all'epoca erano conosciute tecniche come lo stencil, per ripetere lo stesso motivo con la sufficiente precisione senza avere le necessarie doti artigianali per effettuare un lavoro dignitoso.

In realtà, uniformare in questo modo le prorpie ttruppe può avere alcune motivazioni militari, in particolare quando un'armata è in inferiorità numerica come nel caso di quella di Costantino: ad esempio dare ai soldati il senso di essere un'unica grande unità, tutta con la stessa anzianità e lo stesso status, per amalgamarne il morale attorno ad un simbolo da tutti riconoscibile e condivisibile.

Inoltre va considerato che un'armata con un unico tipo di scudo presenta un panorama piuttosto singolare per l'avversario, che non può riconoscere più le diverse unità: non può contarle, distinguendole, né può sapere con chi si confronterà.

Si tratterebbe, in questo caso, di un espediente per confondere l'intelligence nemica: assieme alla precedente, potrebbe essere quel genere di motivazione per una decisione militare che un comandante può pensare, in un momento successivo, a giustificare, magari in buona fede, diversamente.

Infine mi rimane un'ultima questione aperta da sottoporvi.

Ho sotto mano alcuni di quei cataloghi di battaglie decisive: Creasy (Quindici battaglie decisive), Fuller (The decisive battle of the Western World) e Cecchini (Le battaglie che fecero la storia): ebbene in nessuno di essi si fa menzione alla battaglia di Ponte Milvio, nemmeno una vaga citazione.

A me pare una mancanza molto grave, perché non riesco ad immaginare una battaglia significativamente più inflluente per la storia dell'Occidente di quella avvenuta a Ponte MIlvio quasi 1700 anni fa.