torna alla homepagetorna alla homepage
storia militare e cultura strategica
torna alla homepage
 
dalle discussioni
dell'area Warfare di MClink,
a cura di Nicola Zotti
 
home > storie > La nascita dei samurai


ricognizioni
in territorio ostile


recce team

storie
strategia
tattica
what if?
vocabolario
documenti
segnalazioni
link
scrivici


quelle piccole sciabole incrociate

quelle piccole spade incrociate

Viaggi nei
campi di battaglia d'Italia
sulle carte del Tci


GENESI DI UN CETO GUERRIERO

La nascita dei samurai

nicola zotti


 

Il potere politico si basa in ultima istanza sulla facoltà di costringere gli altri con la forza a sottomettersi alle sue varie espressioni.

Detenere il monopolio dell'uso della forza diventa così una precondizione auspicabile, e in sostanza indispensabile, che ogni soggetto politico tende a guadagnarsi per esercitare il potere politico senza temere eventuali opposizioni.

Dato che tuttavia le opposizioni, potenziali e non, esitono, definire di quale e quanta forza dotarsi diventa una decisione strategica che impegna profondamente qualsiasi soggetto voglia esercitare il potere politico.

E, come tutte le decisioni politiche, si basa sulla definizione di una gerarchia di valori, in questo caso militari, ovvero di una piramide di sistemi d'arma, da quello ritenuto essenziale e decisivo, a quelli che invece vengono considerati meramente ausiliari: sul primo si investiranno attenzioni e risorse, possibilmente ottenendone, logicamente, il monopolio, sui successivi, le attenzioni e le risorse via via residuali, mano a mano che si discendono i livelli gerarchici.

Si tratta, come accennato, di una decisione strategica, e non solo perché comporta un investimento di risorse nel lungo periodo, o perché si può definire una piramide inattuale, sbagliando la definizione delle priorità e quindi dotandosi di un apparato di sicurezza inadeguato: il rischio maggiore è che si possa mettere in pericolo la legittimità dello stesso potere politico, facendolo passare di mano.

Il caso dell'emergere nel Giappone feudale del ceto dei samurai come classe dominante è emblematico proprio di questa eventualità e trova la sua origine in una serie di decisioni del ritsuryo (lo stato imperiale) in materia di politica di difesa, durante l'era Heian (794-1185).

Dalla metà del X secolo fino alla fine dell'Ottocento, la guerra in Giappone fu il palcoscenico di uomini d'arme di professione, noti come bushi, tsuwamono, musha, mononofu o - più comunemente tra il pubblico occidentale - samurai.

Questo ordine guerriero sorse durante il periodo Heian per servire la corte imperiale e le case nobili che la componevano come spade in affitto e archi a contratto, ma i suoi membri, alla conclusione dell'epoca Nambokucho (1336–1392), erano diventati i padroni di fatto del paese. L'ascesa dei bushi non avvenne però mediante una rivoluzione drammatica, ma piuttosto seguendo un'evoluzione fatta di passi costanti nel tempo.

Non è questo il luogo adatto per riferire in modo esauriente (ammesso che sia nelle mie capacità) di un fenomeno così complesso avvenuto lungo un periodo si tempo tanto ampio, tuttavia mi è possibile segnalare una delle cause più sommerse e meno eclatanti di questo fenomeno, ma non la meno importante.

Durante l'era Heian il rysturio si era posto il problema di ristrutturare le proprie forze armate che fino ad allora era costituito sostanzialmente da truppe di fanteria arruolate per i brevi periodi delle campagne militari e da arcieri a cavallo di origine nobile o seminobile protetti da corazze.

Questi ultimi, tuttavia, erano arcieri a cavallo molto diversi da quelli che dominavano nelle steppe: il loro stile di combattimento era influenzato da cavalcature meno resistenti e da archi meno potenti di quelli compositi in uso tra gi arcieri continentali e può essere accostato al "dogfight" degli aviatori della Grande Guerra.

Non praticando il tiro a massa degli altri arcieri asiatici, i giapponesi non erano particolarmente efficaci contro le fanterie, ma la generalizzata debolezza degli archi di quel periodo faceva sì che le fanterie non solo non potessero sopraffare con il loro tiro le cavallerie, ma alla lunga venissero al contrario sconfitte dalla maggiore mobilità e dalla protezione dei propri avversari: il kiyumi e il fusetake-yumi in uso in Giappone dal decimo al dodicesimo secolo erano particolarmente deboli, mentre la oyoroi era una corazza assai efficiente e difficile da perforare tirando con quegli archi da oltre 10 metri.

Questa superiorità si era dimostrata decisiva quando l'imperatore Temmu vinse la guerra Jinshin nel 672-3, o quando la corte aveva soppresso le ribellioni di Fujiwara Hirotsugu (740) o di Fujiwara Nakamaro (764). La stessa guardia imperiale era composta esclusivamente di arcieri e il prestigio del loro arco era tale che con esso praticavano anche riti ed esorcismi.

L'unificazione giapponese, la cessazione delle minacce esterne e la concomitante crescita di importanza della minaccia alla sicurezza nazionale rappresentata dai normali problemi di ordine pubblico, innescarono un progressivo processo di smantellamento dell'apparato miitare del rytsurio: richiamare alle armi grandi armate di fanteria per brevi periodi di tempo e addestrarle alla guerra stava diventando troppo costoso, quando la minaccia che si doveva affrontare era più simile ad una questione di polizia.

Rimaneva il problema di che cosa poteva sostituire il vecchio apparato militare: e l'arciere a cavallo sembrò la scelta più naturale, perché non solo era il sistema d'arma che si era dimostrato il più efficace sul suolo giapponese, ma anche perché si adatta perfettamente allo scopo di inseguire un malvivente colpendolo da lontano.

Tuttavia si presentava lo scoglio dell'addestramento: addestrare un arciere a cavallo è probabilmente l'impresa più difficile che un esercito dell'epoca potesse intraprendere perché richiede la compresenza di due competenze professionali già difficili da coltivare separatamente, e non era un'attività che il rytsurio ritenne di poter compiere, preferendo affidarsi a quanti già le possedevano.

Le funzioni di polizia si esercitano soprattutto localmente da qualcuno che conosce il territorio e così vennero istituiti gli oryoshi, gli "inviati per la sottomissione del territorio", mentre gli tsuibushi, gil "inviati per l'inseguimento e la cattura", si sarebbero occupati dei problemi interprovinciali. e nella capitale Kyoto avrebbe agito l'Ufficio della polizia imperiale o kebiishi-cho, i cui rappresentanti erano noti come kebiishi, ovvero "investigatori delle stranezze".

In breve la corte abbandonò un sistema miitare basato su una forza di fanteria coscritta addestrata a spese pubbliche, per un "outsourcing" di militari mercenari addestrati ed equipaggiati a spese proprie: la maggior parte dei quali erano fortemente insediati in un territorio che iniziarono ad amministrare praticamente senza alcun controllo centrale, mentre un'altra molto consistente presidiava la capitale impegnandosi con solerzia in intrighi di palazzo.

Il resto è storia.