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IPOTESI, NON CERTEZZE

La legione, questa sconosciuta

nicola zotti





Mi piace rispondere alle vostre domande, e tento di farlo il prima possibile, per non lasciare questioni sospese, e voi insoddisfatti.

C'è però una serie di domande che credete siano semplici e che invece mi imbarazzano non poco.

Si tratta delle domande relative alla legione romana e soprattutto al suo schieramento. Ahimé sì: proprio la Legione romana nelle sue numerose manifestazioni.

Il mio imbarazzo nasce dal fatto che qualsiasi spiegazione dovrebbe essere preceduta da una serie di distinguo che vi lascerebbero senza una risposta precisa e quindi insoddisfatti.

Penso in particolare alle domande degli amici wargamisti, almeno quelli che amano più la simulazione che il gioco, abituati come sono a schemi mentali "regolamentati" e quindi necessariamente molto rigidi e precisi: per loro, in particolare, le cose di cui sto per parlare saranno poco piacevoli, e ogni volta che guarderanno i loro soldatini credo proprio che proveranno nuovamente l'amaro sapore dell'insoddisfazione.

Infatti della legione romana sappiamo pochissimo e anche quel poco è piuttosto vago.

Innanzitutto trattiamo delle fonti.

Quando parliamo di fonti ci riferiamo ai documenti antichi scritti da storici e non. Possiamo dividerli in 3 categorie: 1) le fonti primarie, ovvero i resoconti di persone contemporanee ai fatti e sono quando va bene frammentarie o solo come citazioni più o meno occultate in altri scritti; 2) le opere storiche, redatte da storici più o meno bravi in epoca successiva ai fatti sulla base dei resoconti primari; 3) le opere di terza mano, scritte da letterati più che da storici, quindi senza un'accurata ricerca storica.

Un'altra distinzione delle fonti riguarda l'esperienza militare degli autori, che può essere più o meno profonda.

Qualche esempio.

Di Polibio si sottolinea una certa pratica di cose e di responsabilità militari, ma in realtà il periodo in cui ebbe ruoli di comando in Grecia fu pacifico, e non vide mai una legione in combattimento, per cui anche le sue analisi e ia sua visione dei fatti è spesso lacunosa e contestata.

Livio, un altro storico a cui dobbiamo fare riferimento per la sua descrizione delle legioni, non aveva alcuna esperienza militare e per di più la legione di cui racconta più diffusamente, quella della riforna Serviana, è distante cinque secoli dai suoi tempi.

Nel caso di Frontino, autore di una collezione di stratagemmi militari. appare purtroppo spesso evidente che egli, vissuto a cavallo tra I e II secolo d.C. descriva cose di cui non comprende in realtà il significato, per la superficialità dei suoi studi e perché, ad esempio, ha perso memoria di alcune istituzioni militari come la legione manipolare.

Infine Renato Vegezio (vissuto tra IV e V secolo) autore di un'opera molto citata, l'Epitoma rei militaris, è troppo lontato dai fatti che descrive e facciamo difficoltà a distinguere tra le informazioni che ricava da fonti attendibili e quelle di cui invece riferisce senza esatta cognizione di causa.

L'anacronismo è spesso il problema maggiore: fare riferimento ai propri tempi per descrivere quelli passati causa difficoltà di comprensione, e ha una sua prima evidenza nell'uso dei termini militari.

Una terminologia anacronistica – ad esempio usare la parola coorte per parlare dei manipoli – non è il solo problema di analisi dei testi: non dobbiamo dimenticare che alcuni storici, come Polibio, scrivono in greco, e non hanno parole per descrivere le istituzioni militari romane: solo una volta Polibio usa una traslitterazione "koortis" in riferimento alla coorte definendola insieme di 3 manipoli, e per "manipolo" usa normalmente la parola greca SPEIRA, che al contrario gli storici Greci da Augusto in poi utilizzano per indicare le coorti.

Appiano, invece, chiama la centuria LOKHOUS, termine con cui a volte sembra riferirsi però alla coorte, per la quale poi usa anche il termine TAXIS, in altre occasioni utilizzato nel senso di "unità" in modo generico.

Insomma l'esegesi di un testo è un lavoro assai complicato, che richiede pazienza e non dà alcun risultato certo.

Ogni pezzo di informazione che abbiamo risulta quindi da un mosaico di altre informazioni, messo insieme frammento dopo frammento con l'aiuto del senso critico, auspicando che poi il risultato abbia una qualche coerenza logica.

Arriviamo dunque ai dubbi, perché ci sono questioni che le fonti non aiutano a sciogliere affatto, in quanto spesso in contraddizione tra loro o cumunque oscure od opinabili, e gli storici moderni non sono giunti a soluzioni univoche, ma continuano a dividersi su di esse.





centurie


Quanto spazio c'era tra un legionario e l'altro? Non si sa.

Le ipotesi sono comunque sostanzialmente due: 1) secondo Vegezio ogni legionario occupava uno spazio di 3 piedi romani, ovvero 88,71 cm (un piede è cm. 29,57; 2) secondo un passo non proprio di facile comprensione di Polibio i piedi erano, a seconda delle interpretazioni, cinque, sei o sette.

Per il primo, quindi i legionari romani combattevano in ordine né più né meno oplitico, mentre secondo Polibio in ordine praticamente aperto.

Possono riferirsi a due periodi diversi? no, perché poi gli studiosi hanno trovato conferme/smentite in altre fonti di varie epoche, e quindi il problema si ripercuote un po' sull'intera storia della legione.

Fa una bella differenza, come vedete dallo schema, perché in ordine aperto una centuria è il 66% più larga anche solo ipotizzando un legionario ogni 5 piedi.

I legionari potevano passare dall'una all'altra formazione? È sicuramente possibile: la stessa formazione in ordine aperto che ho presentato non è l'unica che viene presa in considerazione, perché i legionari potevano benissimo essere allineati in colonne anziché sfalzati, ma in quest'ultimo caso avrebbero potuto chiudere immediatamente i ranghi in caso di necessità formando un ordine chiuso.



fronte legione


La legione presentava un fronte continuo o con intervalli? Non si sa.

Anche qui siamo all'interpretazione delle fonti. Sottolineo che stiamo parlando di analisi delle fonti ovvero di descrizioni di battaglie o di azioni di combattimento, e non ci basiamo su "manuali" di tattica romana redatti da militari. Abbiamo molte più informazioni di questo tipo sui Greci che sui Romani.

Limitandoci alla legione medio-repubblicana, ovvero quella "manipolare" che affrontò le guerre puniche, e a quella tardo-repubblicana e del primo impero, alcuni storici sostengono che la legione presentasse un fronte continuo, sostanzialmente per evitare che negli spazi vuoti tra le unità si infiltrassero gli avversari.

Altri, invece, ritengono che i varchi ci fossero ed avessero almeno l'ampiezza di un manipolo o di una coorte.

Il problema però si complica perché da alcune fonti ci sono quelli che deducono che la legione "manipolare" avesse i varchi, mentre quella successiva "coortale" non li avesse, e presentasse un fronte continuo.

Al contrario altri storici, sempre con un'approfondita analisi praticamente delle stesse fonti dei precedentii, deducono l'esatto contrario, ovvero che la legione manipolare non presentasse varchi, o comunque non si esprimono, mentre sono sicuri che li avesse, invece, quella coortale.

La differenza non è da poco: facciamo qualche calcolo limitandoci ad esaminare il caso di una legione coortale schierata in "tripla acies", ovvero con 4 coorti in prima linea e 3 in seconda e in terza [con i rettangolini più piccoli che rappresentano singole centurie in ordine chiuso, mentre quelli più grandi sono in ordine aperto].

Al numero 1) abbiamo una legione in ordine chiuso senza varchi; al 2) in ordine aperto senza varchi; al 3) in ordine chiuso con i varchi e al 4) in ordine aperto con i varchi.

Questo considerando l'ampiezza di un varco uguale a quello di una coorte.

Potevano le coorti passare dall'una all'altra formazione? È possibile, però non è questo il punto: il punto è che non sappiamo qual era la formazione prevalente della legione coortale e non abbiamo neppure le idee chiare su che cosa servissero i varchi, su quali fossero le loro eventuali funzioni tattiche. Ci sono solo ipotesi, alcune più plausibili di altre, ma sempre e solo congetturali.

Come potete immaginare le ricostruzioni di molte battaglie e le dinamiche ad esse connesse dovrebbero partire da una esplicita adesione a questo o a quel modello, almeno per la battaglia considerata. Perché poi il risultato può essere radicalmente diverso.

State tranquilli, invece, che la maggioranza degli scrittori attuali non ha alcuna idea del problema e tanto meno una pur minima conoscenza della tattica (romana o non romana che sia). Ho dei dubbi persino che alcuni abbiano letto le fonti in lingua originale.

Non parliamo poi dei dilettanti che si improvvisano storici e degli autori di regolamenti di Wargame: i primi a confermare che l'ignoranza è direttamente proporzionale alla presunzione e all'arroganza, i secondi incapaci di concentrarsi sugli aspetti di gioco pretendendo di fare "simulazione".



centurie di fianco


Terminato lo sfogo mi spiego con un esempio.

Se consideriamo l'eventualità che una centuria debba girarsi su un fianco, allora è necessario che ci sia uno spazio libero tra essa e l'altra centuria del manipolo pari, almeno, alla sua profondità.

Per i calcoli fatti sopra sui fronti occupati da una legione abbiamo considerato uno spazio di 3 piedi, mentre avrebbe un senso tattico che tra una centuria e l'altra fosse almeno di 18 piedi.

Dovete tenere presente che per girarsi su un fianco e manovrare non è possibile effettuare un semplice "fronte sinist", perché così facendo la centuria sarebbe incoerente, ovvero si troverebbe a combattere con una formazione divesa da quella canonica.

Muovere una massa di uomini di queste dimensioni richiedeva invece manovre tanto semplici quanto precise e spazi adeguati per eseguirle, senza il pericolo che le unità si disordinassero vicendevolmente.