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FORSE L'ABBIAMO GIA' PERSA SENZA ACCORGERCENE

Una guerra per l'euro

 

nicola zotti




Affogate in un articolo del Corriere della Sera del 27 ottobre ritrovo le parole pronunciate della cancelliera tedesca Angela Merkel il giorno precedente di fronte al Bundestag:

«Non bisogna dare per scontati altri 50 anni di pace in Europa. Ecco perché dico che se l'euro fallisce l'Europa fallirà, e questo non deve succedere»

Un monito praticamente passato sotto silenzio dai media principali nel nostro paese (se escludiamo questa breve analisi di Rossella Bocciarelli sul Sole24ore e questo articolo di MilanoFinanza), ma che altrove ha suscitato reazioni più argomentate, come ad esempio in questa nota dell'inglese Evening Standard.

Tempo pochi giorni, e lo storico inglese Dominic Sandbrook ci ha costruito sopra uno scenario intitolato "Europe at War 2018", what if ampio, puntuale e bellicoso più di quanto avesse osato un blogger italiano nel post "La terza guerra mondiale della Merkel", dove si cercava un'analisi più fattuale e meno immaginifica.

Io che devo rispettare le scadenze dalla (autoimposta) periodicità di Warfare.it, arrivo quindi ultimo, e nemmeno buon ultimo, nell'esaminare questo scenario.

E però non sarò, perché non posso essere, così ottimista come le due analisi sopra accennate, in particolare quella di Sandbrook, che traguarda al 2018 una nuova guerra europea.

Indotto da un diverso concetto di guerra, sono portato a ritenere che essa sia già iniziata, e per quanto essa non si sia ancora conclusa, il nostro paese, purtroppo, l'ha persa una volta di più, senza nemmeno trovare il tempo di capire chi poteva vincerla per allearcisi per tempo.

Della nostra sconfitta non fa mistero il generale Leonardo Tricarico, che in un'intervista all'Espresso lo denuncia senza giri di parole: ma sì, Tricarico tratta della Guerra civile libica e di come egli sia sicuro che «l'Italia della politica ha perso questa guerra».

Stiamo parlando di due guerre diverse? No, perché, come si spiega in quell'articolo, «Negli ultimi dodici anni sono state soprattutto le missioni militari a rendere credibile la nostra politica estera: oggi con questa débâcle si chiude un ciclo».

La guerra dell'euro è cominciata in Libia con l'operazione "Unified protector", una guerra condotta da una coalizione nella quale gli USA si sono defilati in una posizione di secondo piano, lasciando giocare il ruolo di leader a Francia e Gran Bretagna.

L'Italia in questa guerra come sappiamo ha prestato basi, mezzi e uomini. Ha speso una montagna di soldi: per farvene un'idea una singola uscita di Tornado costa 35.000 euro in solo carburante e noi ne abbiamo fatte migliaia (2.000? 3.000? non è dato saperlo).

Senza l'Italia Unified Protector non sarebbe stata possibile ma il Presidente Obama nel ringraziare i paesi che hanno contribuito alla sua gestione e alla sua riuscita non ha pensato bene di ricordarlo, evitando di nominarci.

Il giornalista e conduttore televisivo Bruno Vespa l'ha definito "cafone" per questo, e temo sinceramente dicesse sul serio, inconsapevole testimone del degrado intellettuale dei nostri opinionisti.

In realtà il Presidente statunitense non ha ringraziato, perché non poteva ringraziare, un alleato del nemico contro il quale era diretta la coalizione, un amico del regime del colonnello Gheddafi, la cui partecipazione alla guerra era stata ottenuta praticamente con la coercizione: primo successo "militare" della coalizione stessa.

Non stavamo sullo stesso piano degli altri "volenterosi", e quei 35.000 euro a missione dei nostri Tornado e tutto il resto erano quasi una "preda di guerra" o, se preferite, "riparazioni".

Certificata, quindi, la nostra sconfitta e l'assenza di una nostra autonoma (nei limiti del possibile) politica estera, l'Italia si trova quindi già nelle condizioni in cui era nel 1945, ma senza la consapevolezza di esserlo. Anzi, peggio: è più vicina alla situazione della Germania nel 1918, per il caotico sgretolamento del suo tessuto politico-sociale e l'assoluta assenza di un'idea di governo al suo interno.

E la circostanza che non abbiamo da contare centinaia di migliaia o milioni di morti e di mutilati, non deve distrarci dal vero obiettivo di una guerra che, come ci ha spiegato Clausewitz, "é un atto di forza che ha per scopo costringere l'avversario a sottomettersi alla nostra volontà": e noi questo abbiamo fatto e continueremo a farlo, perché la guerra dell'euro l'abbiamo persa.

Domenica 23 e Mercoledì 26 ottobre 2011 a Bruxelles c'è stata solo una nuova Versailles, dove noi vinti siamo stati pubblicamente derisi e posti sotto il severo controllo di un corpo di osservazione, seppure al momento disarmato, nella figura del presidente del Consiglio europeo Hermann van Rompuy.

Come proseguirà questa guerra, se ci saranno escalation, se la Francia invierà truppe in "Padania", dipende solo da quale repubblica di Weimar uscirà da questa guerra e soprattutto da che cosa accadrà dopo la sua inevitabile caduta.

Concludo. Ho tratteggiato uno scenario, non vi ho proposto un vero What if: lascio ai molti tra voi che così bene si destreggiano in questi esercizi dell'intelligenza cercare il punto o i punti di svolta e immaginare una storia diversa. Quella passata io temo sia ormai definitivamente scritta.