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IL PESO DI UNA VITTORIA.

Salamina

nicola zotti


Salamina nel 480 a. C. è stata poco più di una rissa tra pescatori, se paragonata alle battaglie navali che impegneranno i romani contro i cartaginesi due secoli più tardi, eppure ebbe una enorme influenza sulla storia dell'occidente.

Per riepilogare gli avvenimenti si deve ricordare che i greci erano una comunità dispersa e rissosa di città stato accomunate da lingua e cultura, oltre che da un'inesauribile, compulsiva propensione a fondare colonie.
Temistocle

In questo processo espansivo erano entrati in conflitto strategico ad ovest con la teocrazia autocratica cartaginese e ad est con l'autocrazia divinizzata persiana.

Da quest'ulima, in particolare, giunse la minaccia più terribile. Una prima spedizione esplorativa inviata da Dario nel 490 a. C. venne respinta non senza un po' di fortuna sulla piana di Maratona in una battaglia terrestre.

Un secondo tentativo, questa volta in grande stile, venne intrapreso dal figlio di Dario, Serse, nel 480 a. C. Una forza valutata tra i 250 e i 500 mila uomini, accompagnati da una flotta di 1200 navi con importanti compiti logistici, arrivò a distruggere Atene dopo aver annientato l'ostacolo costituito dagli spartani di Leonida al passo delle Termopili.

La flotta greca guidata dall'ateniese Temistocle, per quanto fosse meno della metà di quella persiana, riuscì a sconfiggerla e a disperderla nello stretto braccio di mare tra la punta dell'Attica e l'isola di Salamina.

I persiani, senza più flotta di appoggio, dovettero abbandonare l'impresa e non ebbero mai più l'occasione per riprovarci.

Questi i fatti. Possiamo aggiungere una certa ammirazione per Temistocle: non solo in quanto generale, ma in quanto politico.

Un politico capace di un'impresa eccezionale: riuscire a tenere unita una coalizione turbolenta come doveva essere quella greca e convincerla a combattere in un momento in cui la sua stessa città, Atene, era distrutta e la sua popolazione dispersa, e le altre città greche erano in immediato enorme pericolo.

Quello che avvenne dopo questa vittoria fu stigmatizzato da Platone, secondo il quale Salamina "rese i greci peggiori come popolo".

Che cosa era successo? E che cosa avrebbe potuto succedere?
La società greca prima di Salamina, quella rimpianta da Platone, era un'aristocrazia nella quale il diritto di voto era legato alla proprietà. La politica era riservata ai possidenti terrieri: conservatori ed economicamente autonomi in virtù delle rendite della terra, potevano dedicarsi alla politica con spirito di servizio e quell'alto senso morale e civico che Platone tanto apprezzava.

Salamina, proditoriamente, nello spazio di poche ore, spalancò le porte ad una classe nuova: i marinai, con la loro intraprendenza, il senso del rischio e del commercio, ma anche con la necessità di incarichi ben remunerati, impieghi pubblici, prestigiose "poltrone" con le quali sostenere gli interessi che rappresentavano.

I rematori di Salamina avevano aperto le porte ad un occidente dinamico, avventato, anche potenzialmente corrotto e corruttibile, ma indubbiamente così agile e feroce da avere la meglio sui pachidermi che lo assediavano.

Roma (Grecia capta ferum victorem cepit) aveva già assunto questo modello prima di conquistare la Grecia, e lo stabilizzò come il tema ricorrente della politica occidentale: di stagione in stagione, di epoca in epoca, la politica occidentale è stata segnata dall'afflusso, concesso o conquistato, di ceti e uomini nuovi che chiedevano potere e legittimazione.

Se nel 480 a. C. Temistocle fosse stato un politico meno convincente o un ammiraglio meno audace e abile, forse nulla di questo sarebbe successo.

Il grande re sarebbe stato benigno con i vinti e avrebbe anche saputo concedere una certa autonomia ai territori conquistati -- come d'altra parte faceva in tutte le province del suo impero -- ma alcuni importanti cambiamenti ci sarebbero stati.

Le proprietà terriere degli aristocratici sarebbero passate nelle mani del grande re e gestite da suoi funzionari. Anche la giustizia sarebbe stata amministrata da emissari del re, così come qualsiasi altra attività pubblica, compresa la riscossione delle tasse, che avrebbero arricchito il tesoro del grande re e non abbellito di monumenti le città greche.

Le agorà delle polis non sarebbero più servite per le assemblee pubbliche (le leggi le avrebbero fatte gli editti del re), ma sarebbero state occupate dai bazaar, nei quali un'onnipresente polizia avebbe mantenuto con severità l'ordine pubblico.

Non ci sarebbe stato più spazio per le accademie e le discussioni dei filosofi, né tanto meno per le ricerche degli scienziati: le uniche vie di conoscenza ammesse sarebbero state le divinazioni degli astrologi e dei maghi, lautamente sovvenzionate dal re e dalla sua nobiltà e profondamente connesse con la burocrazia statale e religiosa.

Niente libertà, niente arte, niente indagine aperta e razionale: niente Eschilo, Socrate, Fidia, Euripide, Aristofane, Aristotele, e ovviamente niente Platone.
Senza l'appoggio della madrepatria, i greci d'Italia non sarebbero riusciti a contenere i cartaginesi e anche Roma avrebbe avuto un avversario molto più potente, saldamente insediato nell'Italia peninsulare.

Chissà, forse oggi, se il destino dell'Occidente non si fosse materializzato a Salamina, non saremmo alle prese con una costituente europea.
O forse non avremmo difficoltà alcuna a riconoscerci tutti nelle comuni radici fenicio-persiane.