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Passignano sul Trasimeno (PG), Centro tav. 9 F8

Lago Trasimeno, 21 giugno 217 a. C.

nicola zotti

Mai una battaglia si è svolta in uno scenario più bello di questo. Un altro primato per Annibale che difficilmente qualcuno potrà strappargli.

Lo scelse, naturalmente, non per la sua bellezza paesaggistica, ma per la conformazione del terreno che si prestava ottimamente al tipo di battaglia che aveva in mente.

Nell'autunno del 218 a. C., Annibale aveva sconfitto le armate romane sul fiume Trebbia. Quindi aveva trascorso l'inverno nella pianura padana e all'inizio della primavera del 217 a. C. si era rimesso in movimento penetrando nel cuore della penisola italiana.

La sua intenzione era quella di sconvolgere gli equilibri strategici romani, "convincendo" gli alleati di Roma ad abbandonarla al proprio destino: da posizioni di forza, Annibale avrebbe a quel punto potuto concludere con i romani una pace vantaggiosa.

Per quante vittorie potesse cogliere nella pianura padana, però, nessuna sarebbe mai stata sufficiente questo scopo ed era quindi inevitabile affondare nel cuore dell'Italia, anche se questo significava tagliare le proprie vie di comunicazione con le basi cartaginesi nella penisola Iberica, per gettarsi direttamente nelle fauci di quella terribile "leonessa" che era Roma.

Davanti a lui tre vie alternative:

1) scavalcare l'Appennino ligure e quindi percorrere la costa tirrenica, avvantaggiandosi dei possibili contatti che così poteva mantenere con la flotta cartaginese;
2) tenere gli Appennini sulla propria destra e seguirli fino al mare Adriatico, per poi aprirsi una strada per il sud di Italia;
3) puntare decisamente a sud verso l'Etruria attraversando l'Appennino tosco-emiliano.

Delle tre alternative, Annibale scelse quest'ultima perché gli permetteva la maggiore libertà strategica rispetto alle vie costiere e portava una minaccia direttamente al cuore dell'Etruria: il territorio ideale dove iniziare l'opera di persuasione che si era proposto.

Così, giunto a Bologna, piegò a sud verso il passo della Porretta (lungo quella che attualmente è la strada statale 64) attraversando gli Appennini e giungendo a Pistoia.


Roma si era fatta sorprendere dall'avanzata di Annibale. Aveva in campo circa 11 legioni con il consueto corredo di altrettanti alleati, ma solo due armate consolari (ciascuna di 2 legioni romane e 2 alleate) costituivano l'immediato dispositivo contro i cartaginesi: il console Caio Flaminio, ad Arezzo, sbarrava la via in Etruria, mentre il console Gneo Servilio Gemino era a Rimini, da dove avrebbe potuto bloccare un'eventuale marcia adriatica dei cartaginesi.

I romani erano quindi in svantaggio rispetto agli avversari sia dal punto di vista numerico -- ciascuna armata consolare contava circa 25.000 uomini, mentre l'armata guidata da Annibale ne aveva almeno 60.000 -- che da quello strategico, perché i due consoli si trovavano distanti e incapaci di collaborare tra loro.

Un inaspettato aiuto ai romani venne dalle condizioni metereologiche: l'Arno straripò, trasformando in una palude tutta la zona tra Firenze e Pistoia. Una terribile marcia di 4 giorni e 3 notti nel terreno allagato decimò gli uomini e gli animali dell'esercito di Annibale e costò al condottiero, letteralmente, un occhio dalla testa: fu colpito da un'infezione oculare e divenne cieco da un occhio.

Anche orbo, però, Annibale era capace di vedere molto meglio dei suoi avversari.

Flaminio non si mosse da Arezzo, per attendere l'arrivo del suo collega: un comportamento prudente, perché Annibale era troppo più forte di lui in cavalleria, nonostante le perdite nelle paludi dell'Arno, e andargli incontro avrebbe significato offrirsi ad un suo accerchiamento, perché con la sola fanteria ogni strategia dilatoria si sarebbe prestata a questo esito.

Flaminio non è stato trattato molto bene né dai contemporanei né dai posteri. Non voglio, né posso, essere io a riabilitarne la memoria, perché come vedremo commetterà un grave errore sul campo di battaglia, tuttavia sono portato a pensare che egli abbia cercato di ridurre i rischi, nel frattempo preparando una possibile manovra a tenaglia: prendere Annibale tra la propria armata da ovest e quella del suo collega Servilio, che stava percorrendo la via Flaminia (costruita proprio da Caio Flaminio, che è anche l'autore del "circus Flaminium" antenato dell'attuale stadio Flaminio) e doveva ormai essere non lontano da Foligno, da est.

Forse la prudenza in queste circostanze avrebbe consigliato un piano meno ambizioso: arretrare di fronte ad Annibale, per avvicinarsi al collega Servilio.

Ma Annibale fu più veloce e si espose volontariamente al pericolo di un attacco a tenaglia: ignorando Arezzo scese verso Cortona e da qui si incamminò lungo il lago Trasimeno, mettendosi proprio in mezzo ai due consoli.


Flaminio seguì i cartaginesi a debita distanza e giunto a Cortona piazzò il campo all'apice sinistro del lago Trasimeno: i cartaginesi erano scomparsi dalla vista dei romani, forse diretti a Perugia.

Così non era. Annibale aveva fatto tornare indietro le sue truppe con un ampio giro, disponendole lungo la cerchia di colline che dominano la strada che percorre il lago realizzando così la più grande imboscata della storia militare.

Molti storici sostengono che la battaglia sia avvenuta nelle vicinanze diTuoro: questa, ad esempio, la località segnalata sull'atlante del TCI, secondo quanto sembra indicare Livio.

Secondo altri storici (che mi convincono più dei precedenti) la battaglia è avvenuta più avanti, come invece si ricava dal racconto di Polibio: tra Passignano e Torricella.

Polibio e Livio sono concordi che l'avanguardia romana sia stata attaccata di fronte e su entrambi i fianchi: questo, data la posizione del lago, può avvenire in due punti: oltrepassando Torricella, oppure dal campo romano deviando verso nord per puntare su Tuoro. In quest'ultimo caso, però, anche ammesso che avesse senso andare verso nord anziché proseguire lungo il lago, non ci sarebbe stato spazio per dispiegare la colonna di marcia romana, che doveva avere bisogno nella migliore delle ipotesi (sul fronte di una centuria già schierata, ovvero 10 uomini per 6 di profondità) di almeno 10 km. per svilupparsi, considerando anche le salmerie e la cavalleria, per quanto poca potesse essere.

(Un approfondimento sul sito della battaglia)

Perché la trappola di Annibale avesse successo, è necessario che la colonna romana sia il più possibile allungata ed interamente esposta all'attacco nemico, e questo credo proprio possa avvenire solo dove indica la mappa che vedete.

E per assecondare Annibale, l'armata di Flaminio si avventurò sulla strada nella nebbia del mattino senza alcuna precauzione: "Agmen incauto", come in una marcia di trasferimento in un territorio pacifico. Quando l'avanguardia romana oltrepassò Torricella e raggiunse la cresta della prospicente collina, ebbe la malaugurata sorpresa di incontrare i cartaginesi a sbarrargli la strada: era ciò che Annibale aspettava per dare il segnale dell'attacco generale.

Le truppe romane avvolte nella nebbia del mattino non riescono a capire nulla di quanto sta accadendo, tranne che si trovano a dover combattere per la vita. I cartaginesi attaccano scendendo dalle colline e il combattimento si divide in tanti scontri individuali. La confusione è massima, Flaminio non può esercitare alcun controllo sulla situazione, che pure, nonostante tutto, non è completamente compromessa: 6.000 romani riescono ad avere la meglio sui propri avversari (probabilmente galli) e li inseguono sulle colline. Dalla cima, volgendosi indietro possono vedere, tra la nebbia che si dirada, l'intero campo di battaglia e i propri commilitoni sopravissuti che cercano scampo tra le acque del lago per annegarvi come gatti di piombo.

E' troppo tardi per qualsiasi tentativo di soccorso e i 6.000 cercano scampo in una vicina città dove successivamente si arrenderanno.

Il combattimento è durato 3 ore: i romani hanno perso 15.000 uomini tra morti e prigionieri contro 2.500 cartaginesi (in maggioranza galli) che rimasero sul campo di battaglia. Tra i morti romani anche Flaminio.