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AGMEN: L'ESERCITO IN MARCIA

La mobilità della fanteria romana

nicola zotti

I romani avevano 3 parole per definire l'esercito: lo chiamavano "Agmen" quando era in marcia, "Exercitus" se volevano indicare un'armata ordinata e disciplinata, "Acies" se si riferivano all'armata schierata in ordine di battaglia.

Quindi il protagonista della marcia e di queste brevi note è l'Agmen: ricordatevene se vi capiterà di leggere un qualche testo classico.

Un'armata che si muoveva in ordine serrato era definita Agmen justum o Agmen pilatum, mentre se procedeva senza troppe precauzioni in un territorio dove non vi era la pressione del nemico veniva chiamata "Agmen incauto": probabilmente il tipo di marcia marcia scelto dal console Caio Flaminio nella battaglia del lago Trasimeno.

Per Agmen o Acies "primun" si intendeva l'avanguardia, "medium" il centro, "extremum" o "novum" la retroguardia, una distinzione già presente in epoca repubblicana, e se i romani parlavano in questo caso anche di Acies anziché solo di Agmen, è perché proiettavano già le formazioni di marcia nel futuro schieramento in battaglia.

"Agmen quadratum", veniva chiamata l'avanzata di un esercito in quadrato con il bagaglio al centro,
e a volte è sinonimo di "Acies triplex" ovvero di esercito che marcia già schierato per affrontare il combattimento, nelle consuete tre linee romane.

La giornata di marcia dell'esercito romano durava circa 6 ore, qualche cosa di più se la luce lo permetteva.

Le velocità di marcia che ci sono state tramandate (soprattutto da Renato Vegezio e da Cesare) sono sostanzialmente due: l'iter justum di 30 km. al giorno e l'iter magnum di 36 km. al giorno, ma lo stesso Cesare (nella campagna contro Vercingetorige) guida 20.000 legionari in una marcia di andata e ritorno di 75 km. in poco più di 27 ore durante le quali riesce persino ad affrontare gli Edui e a disarmarli: in pratica muovendosi al doppio della massima velocità giornaliera prevista dall'iter magnum.

In un'altra occasione, per portare un esempio di marcia "normale", Cesare condusse il suo esercito per 465 km. da Corfinium a Brundisium in 17 giorni, dal 21 febbraio al 9 marzo del 49 a. C.: ovvero 15 giorni di marcia e 2 di riposo alla velocità dell'iter justum, o 13 giorni di marcia e 4 di riposo in caso di iter magnus.

Non dimentichiamo, poi, che i romani, anche quando portavano con sé solo ciò che serviva per il combattimento, avevano un carico di circa 30 kg., mentre circa altri 20 kg. costituivano il bagaglio normale: insomma non marciavano certo leggeri.

La cosa più complicata di tutte, però, doveva essere l'organizzazione della marcia e il controllo della colonna. Polibio, Cesare, Vegezio, Flavio Giuseppe e Sallustio (oltre che Arriano) descrivono le colonne di marcia romane, che sono accorte e sempre molto ben organizzate.

Pensate solo all'enorme lunghezza occupata da un esercito romano in marcia: una sempllice legione romana completa dei propri bagagli non occupava mai meno di 4 km. di strada e un esercito si poteva allungare fino ai 20 km.: in pratica la giornata di marcia dell'avanguardia finiva quando quella della retroguardia era da poco cominciata.

Quando sentiamo riportare numeri stratosferici per certi eserciti antichi (magari neppure romani) dobbiamo sempre chiederci come erano arrivati sul campo di battaglia: riuscire a muovere assieme 25.000 uomini è già un'impresa, 50.000 un miracolo, 100.000 è impossibile.

Non parliamo poi di nutrirli: un esercito romano di 25.000 uomini (una classica armata consolare) consumava circa 23 tonnellate di derrate alimentare al giorno, senza contare il foraggio degli animali, con i quali la cifra più o meno raddoppiava.