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L'ARTE DELLA GUERRA

La guerra reale nell'arte del Rinascimento


nicola zotti





Ci sono argomenti che mi affascinano ma ne capisco troppo poco per andare oltre questo livello di fascinazione.

Così, da perfetto dilettante della materia scopro l'acqua calda, probabilmente. Ma vi invito a fare lo stesso, senza paura del ridicolo.

Perché è semplicemente questione di punti di vista, e la vostra (e mia) opinione, può guardare cose che uno storico dell'arte o un critico, non hanno notato.

Per cui tentare non nuoce.

L'argomento vi è noto perché ne ho già parlato, ovvero l'arte che parla della guerra vista da chi si occupa di guerra: arte della guerra, guerra dell'arte, arte e guerra.

E le opere che ho selezionato per questa riflessione, sono tre opere del Rinascimento italiano: un periodo in cui l'Italia ha insegnato al mondo l'arte della guerra e anche l'arte.
leonardo

Leonardo da Vinci, "Un condottiero" (1472-1480)

Elmo grottesco, vorazza classicheggiante, ma sguardo truce, rughe e doppio mento. Il ritratto di un guerriero che accomuna tratti ariosteschi e fantastici con un realismo brutale.

Una metafora della guerra stessa, magnifica e terribile assieme.


antonello

Antonello da Messina, "Ritratto d'uomo" anche detto "il condottiero" (1475).

Tanti i ritratti d'uomo di Antonello da Messina, ma questo spiccatra gli altri per carattere e forza. Un uomo d'azione, senza dubbio, colto nei suoi anni di piena maturità, con l'energia e l'esperienza che servono per sentirsi pronto a qualsiasi impresa.

Sfida e sicurezza, vivacità e magnetismo: l'anonimo condottiere esprime questo e molto altro, compreso un certo enigmatico pensiero, quasi uno sguardo sul futuro, il suo, e sicuramente non ne ha paura, ma sembra che lo conosca.


parmigianino

Girolamo Francesco Maria Mazzola detto il Parmigianino, "Ritratto di Gian Galeazzo Sanvitale (1524)

Infine uno straordinario ritratto del Parmigianino, che celebra il ventottenne Gian Galeazzo di Sanvitale (1496-1550), suo conterraneo, e condottiere al servizio del re di Francia.

È un ritratto destinato a ricevere gli ospiti della stessa casa del Sanvitale, come prestigiosa quanto orgogliosa celebrazione di un ruolo e di un rango. Il giovane è vestito secondo la moda francese, per rivendicare senza equivoci possibili la sua fedeltà al re di Francia, e la sua condizione nobile.

Altrettanta cura è posta per presentare le armi con cui andava in battaglia, veri e propri strumenti del mestiere. L'opera è la sintesi di un'intera generazione di gentiluomini italiani dediti alla professione delle armi, in un momento di passaggio della condizione del condottiere: non più impresario militare, spesso di origini non particolarmente illustri e fattosi strada con la forza delle armi, ma uomo destinato alla carriera delle armi ed educato a questo scopo, entrato al servizio nelle armate di un grande sovrano e a lui legato nei successi come nelle avversità.
dettagli


E ora vengo al motivo della selezione di queste tre opere, che evidenzio in questi tre dettagli.

Il realismo rinascimentale non sottace, ma anzi esalta questi uomini nelle loro ferite e nel loro combattere faccia a faccia: al labbro inferiore del primo e a quello superiore del secondo, mentre l'elmo del Sanvitale è vistosamente ammaccato.

Uomini sfregiati al volto in guerra: hanno sanguinato, hanno avuto denti spezzati, hanno sputato sangue, mentre il Sanvitale se l'è vista brutta, che la mazza dell'avversario l'ha solo sfiorato, mentre molto probabilmente la sua (non a caso proprio lì vicino) il suo colpo non deve averlo fallito.

Arte, ma coniugata alla guerra e consapevole di mostrarla nella sua realtà.