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LA DIMENSIONE MODERNA DELLA GUERRA DI TRINCEA

La modernità nata nel fango


nicola zotti




Nel novembre 2014 ho raccontato in che cosa consisteva il dilemma della guerra di trincea affrontato dai comandanti della Grande Guerra.

Oggi (fine gennaio 2015) riprendo il tema con un ulteriore approfondimento che non esaurirà certo l'argomento delle condizioni in cui gli alti ufficiali di ogni nazione si trovarono ad agire, ma aggiungerà un altro importante tassello di informazione da sottoporre all'attenzione dei miei lettori.

C'è una strana confusione, infatti, nell'immaginario del pubblico sulla conduzione delle operazioni belliche, che influisce pesantemente sul giudizio generale sulla Grande Guerra.

Il pregiudizio al quale mi riferisco potrei definirlo "estetica movimentista": in pratica si giudica la fase statica della Grande Guerra "rozza" e "arretrata" proprio perché mancava di quella mobilità e di quella velocità che ritroveremo solo con la Sconda Guerra Mondiale.

Vuoi mettere la "bellezza" delle ardite manovre aggiranti napoleoniche con la cieca e stolida carneficina della guerra di trincea?

Il "movimento" ci appare "moderno", la trincea, al contrario, è la quintessenza del "vecchio".

In realtà è vero l'esatto opposto: gli eserciti in lotta furono resi moderni proprio dalla guerra di trincea, abbandonando forzatamente nel suo fango le illusioni romantiche di una "napoleonicità" cacciata fuori tempo dal progresso tecnologico.

Nell'agosto 1914 per pochi giorni, l'establishment militare delle parti in lotta credette di poter giungere rapidamente alla vittoria seguendo lo schema lineare ben sedimentato da secoli di storia dell'arte militare, fatto di attacchi sul fianco e manovre avvolgenti.

Nella testa avevano battaglie di incontro tra grandi masse di fanteria e cavalleria che si muovono travolgenti sui campi di battaglia, batterie di artiglieria che temerariamente avanzano e si schierano di fronte al nemico per sparare ad alzo zero contro le sue masse compatte, o caricate a shrapnel per tempestarne i ranghi con le sue schegge.

Inaspettatamente, invece, trovarono un teatro diverso.

Incominciamo col sottolineare l'aspetto più importante, ovvero che per la prima volta, ad esempio, lo scenario della guerra fu compiutamente tridimensionale: mare, terra e aria luoghi ugualmente e contemporaneamente coinvolti nel conflitto in modo sinergico.

Il campo di battaglia così conformato (spesso non solo in senso strategico) non si era esteso solo in tre dimensioni, ma aveva anche moltiplicato la profondità alle stesse: gli oceani letteralmente, nella loro completa definizione di spazio d'acqua: l'aria ugualmente nella sua altitudine, il terreno disponendo masse mai viste prima di uomini su schieramenti chilometrici che dalla fronte del nemico giungevano a retrovie che coincidevano con le capitali, i centri industriali, le abitazioni dei civili.

Aggredire quesro campo di battaglia significava leggerlo in modo completamente diverso dal passato mediante un apparato informativo che partiva dalle spie in territorio nemico e arrivava alle pattuglie al fronte, correndo sui canali radio, sugli avvistamenti aerei, sulle osservazioni ottiche.

La tripla C del Comando, Controllo e Comunicazione (C3) era intensamente sotto pressione a elaborare le informazioni ricevute e contemporaneamente era il nevralgico fulcro contro il quale le informazioni stesse arrivavano come letali pallottole immateriali prima ancora, molto prima, che arrivassero eventualmente quelle reali.

Ed eccoci arrivati al punto cruciale della modernità: negli ultimi anni della Grande Guerra, ormai il processo decisionale dei Quartieri Generali segue canoni "moderni", che poco hanno di diverso con quelli attuali.

Gli staff raccolgono le informazioni sullo schieramento nemico, la sua composizione, le sue forze. Riflettono sulla credibilità delle informazioni, sui depistaggi organizzati dal nemico e sula riuscita dei propri.

Quindi elaborano tali dati trasformandoli in contenuti di intelligence, ovvero deducendone le intenzioni offensive o difensive dell'avversario, espresse secondo le tre dimensioni nella loro completa estensione.

Inizia a questo punto l'elaborazione del piano di battaglia vero e proprio che sarà tanto preciso nella sua formulazione, quanto elastico nella sua appllicazione, per potersi adattare all'inaspettato.

I vertici militari concordano un piano che nell'offensiva prevede uno sfondamento in punti strategicamente significativi del dispositivo nemico, in prospettiva di una penetrazione in profondità, e nella difensiva al contrario prevede gli strumenti non solo per contrastare questo sfondamento, ma anche le direttrici dei contrattacchi più produttivi.

Il bombardamento di artiglieria e dall'aria e le manovre delle truppe di terra sono coordinate in modo sinergico per ottenere il massimo effetto combinato. Esso è studiato affinché la sincronia delle azioni massimizzi la complessità della situazione e saturi il sistema C3 dell'avversario fino alla paralisi. Ponti, infrastrutture, riserve, apparato logistico, sistemi di comunicazione, batterie di artiglieria, e chi ne ha più ne metta, assieme agli stessi Quartieri Generali, sono tutti assieme e tutti contemporaneamente i bersagli di questa fase del combattimento.

L'"intelligenza" del bombardamento consiste nella conformazione del tipo di minaccia all'obiettivo: calibro, durata del bombardamento, estensione dello stesso, sono commisurati nel modo più preciso possibile per rispettare il principio dell'economia di forze.

Sempre aviazione e artiglieria sono chiamate a partecipare all'azione lungo tutta la dinamica del suo sviluppo, a seguire l'avanzata dell'offensiva o il dispiegarsi della contoffensiva.

Singoli aspetti di questo lungo e complicato processo possono essere rinvenuti lungo tutta la linea temporale della storia militare: la conoscenza del nemico, il valore della tempistica, il ruolo dell'azione simultanea delle armi combinate non sono invenzioni avvenute nelle trinceee, ma mai prima del 1917-18 esistevano tecnologie che consentivano e tattiche che pretendevano che questi ragionamenti avvenissero in un campo di battaglia tanto esteso e multidimensionale.

Uno sconvolgimento enorme delle competenze militari avvenuto nell'arco di pochi anni dall'inizio del conflitto, ma dal quale era uscita una professionalità molto simile a quella attuale: Verdun come Falluja? Già...