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DAL PRÈCIS DE L'ART DE LA GUERRE

Le 12 battaglie offensive nella classificazione di Antoine-Henri de Jomini

nicola zotti


Nel capitolo IV, art. XXXI del Précis del l'art de la Guerre, Jomini affronta un'interessante opera classificatoria sugli ordini di battaglia interpretati secondo la chiave di lettura dell'armata attaccante.

Per von Clausewitz la battaglia (ma anche la guerra) è lo scontro dinamico tra forze morali che si influenzano reciprocamente, mentre per Jomini più semplicemente e più direttamente è una specie di rompicapo topologico schematizzabile geometricamente, uno scontro, se mi consentite l'ossimoro, tra astratti ma concreti battaglioni.

Il punto di vista di Jomini, quindi, ci appare ovviamente più superficiale, ma non per questo dobbiamo sottovalutarlo perché comunque si sofferma con lucidità su un aspetto assai reale della guerra.

Jomini premette che in ogni battaglia esiste sempre un'armata attaccante e una che tiene la posizione e riceve l'attacco: la prima non solo si carica di entusiasmo (mentre l'avversario è sotto lo stress dell'attesa) ma soprattutto assume l'iniziativa, pagandola con la negoziazione del terreno che la separa dall'avversario. La seconda, lucra su questo fattore con la prospettiva, che non deve mai mancare, di operare un contrattacco al momento più propizio, riprendendo l'iniziativa nelle proprie mani. E un difensore passivo che non contende l'iniziativa al suo avversario, se non destinato alla sconfitta, è per lo meno destinato a non cogliere il frutto della vittoria.

L'iniziativa è quindi così preziosa da valere un prezzo: la misura di questo prezzo è anche la differenza tra la vittoria e la sconfitta e quindi l'obiettivo al quale l'attaccante deve puntare è sempre quello di massimizziare a proprio favore il rapporto di forze con il nemico sul punto decisivo.

Per Jomini

«Lo scopo di un battaglia offensiva non può essere che far sloggiare il nemico o penetrare [la linea nemica], a meno che con delle manovre strategiche non si abbia preparato la rovina della sua intera armata».

Si tratta di una visione essenziale e ridotta all'osso di una battaglia, ma perfettamente coerente al suo interno e funzionale ai teoremi che Jomini cerca di delineare.

«1) La chiave topografica di un campo di battaglia non è sempre la sua chiave tattica:
2) il punto decisivo di un campo di battaglia è incontestabilmente quello che unisce il vantaggio strategico con i luoghi più favorevoli;
3) nel caso non vi siano delle difficoltà del terreno troppo formidabili sul punto strategico del campo di battaglia, quel punto è di norma il più importante;
4) tuttavia accade anche che la determinazione di questo punto dipenda soprattutto dallo schieramento delle rispettive forze».

Come vedremo successivamente, è quest'ultimo aspetto quello su cui Jomini concentra la sua attenzione.

«In ogni battaglia vi è un punto decisivo che procura la vittoria meglio degli altri, nel rispetto dell'applicazione dei principi della guerra, e ci si deve mettere in condizione di portare i propri sforzi su quel punto.
Il punto decisivo di un campo di battaglia è determinato [...] dalla configurazione del terreno, dalla combinazione delle località con l'obiettivo strategico che un'armata si propone ed infine dalla disposizione delle rispettive forze».

Gli schemi proposti da Jomini non vanno letti tanto come punti di partenza, ovvero come schieramenti iniziali, ma quasi sempre interpretati come punti di arrivo o fotografie della situazione "aerea" del campo di battaglia immediatamente prima dello scontro tra le linee. Inoltre non necessariamente devono essere visti come rappresentazioni dell'intero campo di battaglia, ma piuttosto come le porzioni di esso dove aviene lo scontro sul punto decisivo: come anticipato nella precisazione effettuata al punto 4) indicato sopra.

Una seconda avvertenza che ritengo necessaria è che questi schemi possono sembrare semplicistici, ma sarebbe un grave errore ritenerli tali. Sono delle astrazioni e come tali vanno considerate: dovete lavorare d'intelligenza e di interpretazione, come farebbe un chirurgo che disegna su un foglio con pochi tratti l'operazione su un corpo vivo che si accinge a compiere.

Qui di seguito la classificazione schematica di Jomini nella quale in rosso vedete il difensore e in blu l'attaccante.


1. Ordine parallelo semplice.
Secondo Jomini si tratta dell'ordine di battaglia peggiore, perché non ha alcuna consistenza tattica, riducendosi ad uno scontro battaglione contro battaglione. Tuttavia sottolinea anche il caso in cui sia un tipo di battaglia conveniente quando è il frutto di una manovra strategica, come ad esempio il taglio delle linee di comuncazione.

In questo caso uno dei due eserciti potrebbe avere urgenza di sopraffare l'altro: o per riprendere le comunicazioni o per impedire che accada.

Devo dire che Jomini, in questo caso, non sembra afferrare il punto della questione, ovvero il tempo, che può obbligare alla rinuncia di ordini di battaglia più sofisticati e a manovre più complesse. E ci rimane la convinzione che Jomini non considerasse l'elemento tempo, che pure Napoleone non cessava mai di enfatizzare, con la dovuta preoccupazione:

«La strategia è l'arte di fare uso del tempo e dello spazio. Io sono meno avaro di quest'ultimo che del primo: lo spazio posso riprenderlo, il tempo mai». (dalla "Correspondance de Napoleon Ier, publiée par ordre de l'Empereur Napoleon III", Vol XVIII, n. 140707, 1858-1870, pag. 218).




2. Ordine parallelo con un gancio difensivo o offensivo
Quest'ordine è un caso particolare del precedente e spesso una sua evoluzione che si realizza quando l'attaccante effettua un aggiramento del fianco del difensore, al quale questi reagisce nel modo più spontaneo, ovvero adeguando il proprio fronte fronteggiando la minaccia con un suo arretramento, o impegnando le riserve.

Anche in questo caso Jomini in realtà non approfondisce a sufficienza l'argomento: non segnala, nella fattispecie, che la debolezza che si crea in questo modo nella linea del difensore è all'angolo formato dalla L.

In realtà, per quanto sia una dimenticanza importante, lo si può scusare in quanto di norma l'attaccante non crea questo punto di debolezza "d'angolo" intenzionalmente, per poi sfruttarlo, ma solo come effetto "secondario" di una manovra di superamento del fianco.


3. Ordine rinforzato su una o due ali
Questo ordine di battaglia è da preferire, secondo Jomini, ai precedenti e molto più in linea con i principi dell'arte della guerra che egli sostiene: cerca in effetti di concentrare le forze su un punto preciso dell'avversario, ovvero un fianco.

Lasciando tuttavia indebolito e soggetto ad aggiramento il fianco opposto e il centro, non può essere impiegata contro un avversario lesto nel riprendersi l'iniziativa.


4. Ordine rinforzato sul centro
Come il precedente, anche in questo ordine di battaglia Jomini rinviene il riconoscimento dei principi della guerra da lui sostenuti, seppure solo parzialmente, perché ci si espone ad un contrattacco nemico.

Recuperando concetti sparsi in altre pagine, posso aggiungere che Jomini ritiene l'attacco in forze al centro particolarmente consigliabile in un caso: quando l'avversario è disposto a cordone su una lunga linea sottile e non è in grado di dislocare con tempismo le sue riserve.

Anche qui, tuttavia, Jomini dovrebbe aggiungere che l'effetto sorpresa e la rapidità di esecuzione sono le condizioni necessarie per provare un simile attacco.


5. Ordine obliquo semplice o rinforzato sull'ala attaccante
Jomini definisce questo ordine di battaglia il migliore per chi si trova in inferiorità numerica perché consente di attaccare con la propria forza principale un singolo punto dello schieramento nemico e al contempo tiene bloccata la linea nemica non ingaggiata, e distante quella propria più debole, che così, in caso di bisogno, può fungere da riserva.

I "battaglioni" di colore celeste rappresentano un eventuale rafforzamento dell'ala attaccante ottenuto indebolendo l'ala arretrata o "rifiutata".

Anche qui Jomini dovrebbe aggiungere qualche spiegazione: la linea nemica rimane infatti bloccata da una minaccia solo potenziale e molto del successo dell'ordine obliquo dipende proprio dalla rapidità della sua reazione: il difensore può riprendere l'iniziativa con un rapido spostamento di forze per linee interne, che troverà la linea attaccante esposta ad un aggiramento proprio sul fianco avanzante.

La manovra difensiva corrispondente all'ordine obliquo è il cosiddetto "rifiuto del paralellismo".


6. Ordine perpendicolare su un'ala
Jomini inserisce questo ordine solo come astrazione dell'astrazione (come per altro il successivo).

Ovvero indica la funzione ideale dell'attacco sul fianco, quello di battere d'infilata la linea nemica, che sarà contemporaneamente incapace di rispondere.

In quanto tale, rappresenta lo scopo ideale dell'ordine di battaglia obliquo.

Quando si presenta come attacco reale, tuttavia, Jomini precisa che non può mai essere disgiunto da una qualche forma di "disturbo" frontale, o altrimenti al difensore è sufficiente cambiare il fronte (come al punto 2) per stornare la minaccia.


7. Ordine perpendicolare sulle due ali
Vale quanto detto al punto 6, con la precisazione che questo ordine è ingannevolmente più forte del precedente, in particolare se l'attaccante è inferiore all'avversario, che potrebbe avere buon gioco nel sconfiggere due attacchi entrambi deboli.


8. Ordine concavo (errato)
Di questo ordine di battaglia Jomini precisa che va letto solo in prospettiva, come punto di arrivo di una manovra tesa ad avvolgere il nemico come Annibale fece a Cannae.

Al contrario, se questo ordine di battaglia viene adottato come schieramento iniziale, si rivela controproducente, perché espone le due estremità della propria linea, le più vicine all'avversario, ad un attacco dalle conseguenze facilmente prevedibili.

L'ordine concavo diviene una specie di ordine parallelo quando il difensore è schierato su una linea convessa.


8 bis. Ordine concavo (esatto)
Più realistica è, secondo Jomini, questa formulazione dell'ordine concavo: le estremità della linea in parallellismo col nemico offrono resistenza, e quindi un eventuale avvolgimento ha più probabilità di riuscita.


9. Ordine convesso
Dopo l'attraversamento di un fiume, o di un altro ostacolo naturale, un esercito può spontaneamente trovarsi in questa posizione, così come probabilmente l'avversario sarà schierato parallelamente a lui lungo una linea concava.

Le ali e il centro dell'attaccante, disposti a protezione dell'unica via di ritirata -- seppure, nel caso delle ali, appoggiate allo stesso ostacolo naturale -- rappresentano, secondo Jomini, ovvi "punti decisivi" a disposizione del contrattacco da parte del difensore.

Posto che si tratta di un ordine di battaglia dettato dalle circostanze, avrei trovato giusto che Jomini si fosse soffermato su quale tipo di svolgimento consigliava per l'attaccante.

La posizione del difensore, infatti, è anche più scomoda di quella dell'attaccante, in particolare in quanto è costretto ad accettare il parallellismo, schierandosi su una linea concava.

Le sue linee di comunicazione sono infatti più lunghe di quelle dell'attaccante e questi, aprendosi a ventaglio, aumentarà la distanza che separa tra loro le forze del difensore quando queste arretreranno, e potrà concentrare più facilmente le proprie riserve su un eventuale varco dovesse aprirsi.

Aggiungo che la situazione è identica a quella che si verifica dopo uno sbarco anfibio.


10. Ordine scaglionato su una o due ali
Di questo ordine di battaglia Jomini sottolinea la semplicità e la compattezza: come l'ordine obliquo, tiene lontana dall'avversario la quota più debole delle proprie forze, dislocandola su un'ala o anche al centro, rendendo contemporaneamente difficile un aggiramento, per lo meno dell'ala arretrata.

Ogni unità protegge su un fianco quella che la precede, ma l'ala avanzante è, al contrario, esposta sull'altro fianco ad un contrattacco nemico e quindi è un potenziale punto di debolezza. È necessario proteggerla, vuoi appoggiandola ad un ostacolo del terreno, vuoi con un contingente speciale incaricato di questo compito.

La caratteristica principale dell'attacco "en echelon" è però la gradualità degli sforzi: posto infatti che una sconfitta parziale del difensore genera un effetto a cascata, tanto effettivo quanto sul morale, le unità che in successione giungeranno contro la linea avversaria beneficeranno di questo costante e progressivo degrado, trovando un compito facilitato.

Veri esperti di questa disposizione furono gli svizzeri, che la realizzavano con solo tre gruppi di unità (Gewalthaufen): Vorhut, Hauptmacht e Nachut.

Avanguardia e retroguardia proteggevano di norma l'attacco condotto dalla colonna principale, la cui velocità e forza travolgente avevano frequentemente successo.


11. Ordine scaglionato al centro
Il centro avanzato di una linea "en echelon" è più protetto e prudente rispetto all'ordine precedente e si presta in particolare a rompere al centro una linea estesa priva di riserve.

Se ha un punto debole è riscontrabile nella circostanza che la punta avanzante si offre (nel caso dello schema, 1 contro 3) al fuoco concentrico del difensore.


12. Ordine combinato con un forte attacco al centro e su un'ala contemporaneamente

In conclusione, Jomini presenta la combinazione che meglio di tutte realizza i propri principi: un attacco che unisce i pregi di tutti gli ordini di battaglia precedenti, minimizzandone i difetti.

Essendo un caso teorico non dobbiamo confonderlo con uno schieramento "ideale" o perfetto", ma dobbiamo prenderlo con una certa cautela.

Jomini in questo schema unisce l'attacco contemporaneo sul centro e su un'ala -- la migliore delle situazioni offensive a sua opinione -- con la realistica e saggia economia di forze di un'ala rifutata e tenuta a distanza dal nemico, e una prudente linea di collegamento tra le due puntate attaccanti.

Ben lungi dall'essere realizzabile in qualsiasi circostanza, sintetizza tuttavia, a colpo d'occhio, il concetto di razionalità militare offensiva secondo l'Autore.

I primi ad avvalersi in modo sistematico di questo ordine di battaglia furono gli eserciti ellenistici, da Alessandro il Macedone in poi: divenne nelle guerre tra i suoi successori uno schieramento privo di fantasia e di inventiva, isterilendo il concetto. Uno dei pochi casi di guerra simmetrica che si ricordino.