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GLI ETRUSCO-VENETI, LA SITULA DELLA CERTOSA E I MANIPOLI

L'origine dell'ordine manipolare: la tesi della situla della Certosa



nicola zotti



Questa che vedete è una situla, ovvero un'anfora di bronzo celebrativa realizzata a sbalzo e a cesello dalla cultura etrusco-veneta insediata a Bologna-Certosa, risalente alla metà del VI secolo a. C. e ritrovata in una tomba femminile che ha una datazione di circa un secolo successiva, verso il primo quarto del V, quindi tra il 500 e il 475 a.C.

Una nobile dell'Etruria padana ricevette dunque in dono questo piccolo vaso bronzeo di appena 32 cm. di altezza e lo portò con sé nella tomba, dopo averlo conservato per decenni.

La decorazione a sbalzo celebra le gesta di un principe etrusco: i festeggiamenti per il suo ritorno da una fortunata impresa militare o forse, al contrario, i riti funebri in onore dello stesso principe. A scendere si riconoscono una parata di uomini armati, una processione di persone che recano vari oggetti e portano un montone e un bue al sacrificio e al successivo banchetto; due uomini seduti intenti a suonare strumenti musicali mentre dei servi conducono al sacrificio altri animali e preparano del vino in un grande recipiente, raffigurazione affiancata a da scene di caccia e di aratura. Nell'ultima fascia abbiamo una sequenza di animali reali e fantastici. 

La particolarità storico-militare della situla della Certosa è nella fascia alta dove è rappresentata una parata militare di truppe che, data la commistione di simboli etruschi e veneti presenti, è difficile collocare in modo univoco nell'una o nell'altra cultura, ma che viene considerata la prima prova di un proto-sistema manipolare che i romani assunsero all'epoca della fabbricazione della situla con la riforma serviana e conservarono anche successivamente in epoca repubblicana, fino al completamento della transizione con il sistema manipolare vero e proprio.

A me questa affermazione non convince molto: in effetti credo sicuramente che la situla ci racconti qualcosa di complesso e ancora tutto da scopirere. Guardiamo comunque assieme la scena e se vi viene qualcosa in mente scrivetemi.

Il primo punto da sottolineare è quello della datazione: se gli archeologi collocano la fabbricazione della situla attorno alla metà del VI secolo, le scene raffigurate sono da considerarsi precedenti, ovvero quando le armate etrusche si ritiene combattessero, da qualche decina di anni, in formazione "oplitica".

Quanto fosse realmente oplitico l'oplitismo etrusco (passatemi il gioco di parole), ovvero aderente al modello greco, è una questione irrisolta. In Etruria ritroviamo panoplie oplitiche, ma anche altri tipi di armi, e così pure affreschi rappresentano opliti armati di giavellotti. La società etrusca, poi, è fortemente segmentata socialmente, e probabilmente timocratica (ovvero con un potere politico di ogni classe sociale proporzionato al loro contributo economico alla comunità) come sarà poi quella romana. È difficile in tale contesto ipotizzare un oplitismo identi a quello della società democratica greca. Per altro gli stessi opliti greci sono un modello tutt'altro che statico o univoco, per cui è lecito considerare l'ipotesi di un oplitismo "italico", dove la falange è formata da "ordini", linee, di uomini di ceto diverso e armati in modo diverso.

I guerrieri che partecipano alla parata sono infatti di 5 tipi marcatamente diversi: in testa vi è la cavalleria, seguita da un primo nucleo di guerrieri, un elemento decorativo (lo vedete al centro dell'immagine di sinistra della situla) separa un secondo gruppo di 3 tipi diversi di guerrieri.

La cavalleria è rapresentata da due cavalieri. Guida la parata ed è armata di un'ascia di tipo villanoviano, quella immanicata in un legno a forma di L rovesciata. Non è dotata di scudo ma ha un elmo a calotta e una corazza trapuntata.

Seguono 5 guerrieri di due tipi leggermente diversi alternati: tutti sono armati con una lancia di almeno 2,5 metri dotata di cuspide a foglia e un lungo calzuolo. In testa hanno un elmo a punta circondato da un disco decorato di borchie. Il secondo e il quarto guerriero della fila differiscono dagli altri perché sembra indossino un gonnellino.

Perché l'autore della situla ha rappresentato questa distinzione? Perché i guerrieri sono 5, a differenza degli altri 3 gruppi che vedremo in seguito, che sono di 4 guerrieri ciascuno? Non ho letto nessuna osservazione in merito: il che, data la mia ignoranza, non vuol dire affatto che non ci sia...



Da notare la posizione dello scudo oblungo che segue la linea dell'avambraccio: è sicuramente più lungo di un metro, orientativamente 120 centimetri, e largo (considerando le proporzioni) poco più di mezzo metro: dunque ha la stessa lunghezza che avrà lo scutum romano, ma una larghezza inferiore di una ventina di centimetri almeno.

Forse in questo momento è tenuto alla spalla mediante una cinghia di cuoio posta internamente, e non disponendo di un umbone, doveva avere una presa simile a quella dell'Oplon greco, ovvero appoggiare all'avambraccio ed avere una presa per la mano.

Sembra essere molto concavo e forse non veniva utilizzato perpendicolare al suolo ma in battaglia doveva forse essere tenuto leggermente inclinato verso sinistra. Dal modo in cui gli uomini impugnano la lancia si può desumere che l'arma venisse usata sottomano, come una lunga spada, tenendo il corpo il più possibile all'interno dello scudo, ma non è escluso che potesse essere anche usata sopramano.

Sotto Augusto nell'Illiria settentrionale gli Iapudi combattevano più o meno in questo modo, con lance particolarmente lunghe.

Un altro elemento strano è l'uccello che sembra guidare questo gruppo di guerrieri: è così inserito nel contesto dell'immagine da non poter essere una semplice decorazione ma sembra invece un dettaglio narrativo: anche perché lo stesso uccello compare nelle due fasce successive.

Mi piacerebbe poter dire che si tratta del simbolo dell'unità militare di cui funge da guida, o forse il suo stesso nome, ma il fatto che l'animale in volo compaia anche nelle due fasce seguenti lascia spazio a dubbi e interpretazioni diverse,ad esempio è l'indicazione di una forma di presenza divina, o della stessa anima del defunto.

Chiudono la processione 3 gruppi di 4 guerrieri ciascuno: i primi due sono armati di lancia lunga oltre due metri, hanno lo stesso elmo a calotta crestata (direi il tipo di Negau) e differiscono soltanto per la forma dello scudo, quadrangolare con i bordi arrotondati i primi, tondo i secondi.



L'arma è tenuta con la punta verso il basso come i guerrieri precedenti, ma sembra più corta e forse è adatta ad esere lanciata e non solo usata in corpo a corpo.

Solo lo scudo differenzia i primi dai secondi, ed è un dettaglio interessante, perché certifica che se si tratta di opliti vuol dire che si poteva comporre una falange oplitica anche senza l'oplon che ne costituiva l'aspetto principale, il che è abbastanza singolare.

L'ultimo gruppo di guerrieri porta un elmo conico o forse un cappuccio, è senza scudo, e armato della stessa ascia villanoviana a forma di L rovesciata esembra indossare la stessa tunica trapuntata della cavalleria.

Forse potrebbero essere degli ausiliari impiegati in operazioni artigianali, sempre che l'ascia possa essere configurata come un attrezzo e non come un'arma.

Benché sia chiaro che la situla della Certosa descrive una parata di truppe, non è evidente, come anticipato, se si tratti di un corteo funebre o della celebrazione di qualche altra occasione, una vittoria, un rito religioso o altro.

E' plausibile che le truppe marcino in ordine di importanza o di prestigio sociale, come spesso avviene nelle parate, e l'armamento delle truppe sembra confermare questa ipotesi. Anche perché se si trattasse di un ordine di marcia – come nel caso dell'ordine di battaglia di Arriano contro gli alani – potremmo aspettarci una sequenza di truppe diversa, con le truppe leggere che guidano la colonna, ma non sembra questo il caso. Va anche aggiunto, però, che ordini di marcia sofisticati appartengono a culture militari successive e forse più evolute di quella di cui stiamo parlando, per cui non si può dire a questo riguardo nulla di conclusivo.

Va poi inoltre considerato che non si deve necessariamente ricavare dalla sequenza delle truppe in una parata l'ordine che queste assumevano sul campo di battaglia: come nel caso dei romani che schieravano veliti, astati, principi e triarii in successione inversa rispetto al reddito e all'età.

Ciò che la situla della Certosa testimonia a me pare sia solo l'esistenza tra i veneti più vicini alla cultura etrusca di una qualche segmentazione sociale o etnica che si rispecchiava in una differenziazione nell'apparato militare.

Di più non credo proprio si possa dire.

Rimane spazio solo per le congetture: voi come avreste fatto combattere queste truppe? Ad esclusione dell'ultima tipologia, perché evidentemente si tratta di truppe ancillari, le altre sono truppe "pesanti". Escluderei che si tratti di "vere" truppe oplitiche, anche se non danno l'impressione di essere eroi "omerici" o un aggregato tribale, ma sembrano corpi ordinati e organizzati uniformemente.

Se questi contingenti avessero combattuto affiancati, il loro valore militare doveva essere equiparabile. Ovvero dovevano essere tutti ugualmente affidabili. È un difetto tipico del combattimento basato su tribù il fatto che le tribù stesse siano diverse per numero e spirito combattivo, creando così uno schieramento ineguale, che può avere punti di forza e punti di debolezza.

Se invece combattevano disponendosi su linee successive, come in un ordine proto-manipolare, allora il peso del combattimento cadeva in modo ineguale su ciascuna componente, e questo deve avere qualche forma di giustificazione: ad esempio il censo, che assegna ad ogni classe sociale privilegi diversi, ma anche in proporzione responsabilità e obblighi diversi.

L'ordine manipolare, è infatti basato su ordini di combattimento successivi, che corrispondono a ruoli sociali diversi.

Nella sua forma più evoluta, però, richiede un combattente capace di agire individualmente perché come arma primaria ha la spada e trae vantaggio da un'arma da tiro come il pilum.

Gli opliti combattono affiancati e senza differenziazione di schieramento in ordini, ma in una formazione compatta. Almeno in Grecia: se mi passate la generalizzazione. Difficile è anche immaginare potessero combattere in file di 13 guerrieri, 5 del primo tipo, 4 del seconfo e 4 del terzo: i cambi di formazione richiedevano unità di numero numero pari: 4, 8, 16, 32 o 6, 12, 24 guerrieri.

In realtà essendo quella della situla una rappresentazione sintetica e astratta è veramente eccessivo dedurne anche la precisa profondità dell'unità.

È invece possibile che questa formazione (fosse profonda o meno 13 uomini) venisse composta sul campo di battaglia: gli uomini escono dall'accampamento per gruppi omogenei e poi si schierano in ordini paralleli, più o meno ravvicinati, sempre mantenendo la coesione censuaria o tribale.

Certo è che la genesi della tattica manipolare trova una delle sue origini proprio nella stratificazione in classi, e nella situla della Certosa non è senza fondamento l'ipotesi di vederla rappresentata.

Tirando le somme, credo comunque che l'ipotesi più plausibile sia che la situla della Certosa vada interpretata "politicamente": quella che vediamo è una sfilata di contingenti alleati. Il primo è in qualche modo il soggetto principale, i due successivi sono contingenti "amici" che portano il proprio omaggio, l'ultimo un contingente di basso rango, forse i servi del primo, la cavalleria che apre la sfilata un tributo all'aristocrazia locale.

Comunque c'è molto ancora da indagare, perché i punti oscuri sono troppi.