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"Questi uomini non sono un esercito; sono cittadini che difendono il proprio paese".
Generale R.E. Lee, 15 maggio 1864

IL LEGAME NECESSARIO

civiltà (e guerra)

nicola zotti

“Guerra tra civiltà”: questa frase sembra evocare paure profonde e immediati scongiuri, quasi che un conflitto tra civiltà sia una forma più pericolosa di guerra rispetto ad altre. Così sempre più spesso si ripetono esorcismi contro la “guerra” o lo “scontro” tra civiltà e contemporaneamente si muovono accuse contro quanti le fomenterebbero.

Una civiltà è l’insieme delle componenti culturali e di organizzazione politico-sociale di un popolo: comprende quindi tanto il suo patrimonio storico di realizzazioni artistiche, folkloriche, tecniche e scientifiche, quanto le sedimentazioni successive dell’espressione religiosa, economica e politica.

C’è la tendenza ad aggiungere un connotato positivo al significato della parola civiltà, contrapponendola a “barbarie”. Questo uso provoca una serie di pericolosi equivoci, non ultimo quello di una conseguente graduatoria tra civiltà. E’ utile precisare, quindi, che non sono interessato a costruire una gerarchia tra civiltà, ma piuttosto ad esaminare assieme a voi le conseguenze strategiche delle loro differenze.

Per quanto una civiltà sia da considerare come un’entità unica, essa rimane sempre una composizione plurale, costituita da molte entità, a volte addirittura in contraddizione tra loro: una cultura contadina assieme ad una industriale, la cultura delle elite accanto a quella popolare, componenti con culture politiche diverse, usi e costumi, economie e livelli di sviluppo contrastanti, ceti e professioni con una propria identità.

Durante un conflitto tutte queste queste culture si esprimeranno in modo pieno e completo: lo sviluppo scientifico-tecnologico plasmerà il livello tecnologico degli armamenti, la struttura economica garantirà la loro produzione e il loro mantenimento, il sistema educativo definirà la capacità degli uomini di manovrarle e ripararle, l’efficienza del sistema burocratico darà la misura della qualità organizzativa e logistica delle Forze Armate, quella del sistema politico la certezza delle strategie e delle regole di impegno e del consenso della nazione.

Il sentimento etico diffuso; le tradizioni religiose; la coesione del tessuto sociale; il profilo simbolico e valoriale della popolazioni; il portato dei fermenti intellettuali e artistici; la sensibilità storica di una nazione; le culture politiche contribuiranno tutte a “manovrare”, con la collaborazione della cultura giuridica, le azioni dei singoli combattenti e il giudizio che su di esse verrà espresso dalla nazione.

Di fatto, quindi, persino gli artisti sono sul campo di battaglia assieme ai combattenti: alcuni non solo metaforicamente, come ad esempio nel caso di Henri Gaudier-Brzeska.

Un altro aspetto da considerare è che le civiltà per quanto siano un elemento del conflitto, non sono necessariamente una vittima designata dello stesso: le guerre sono formidabili “meticciatori” di civiltà, almeno tanto quanto possono trasformarsi in loro distruttrici.

Per una civiltà che scompare per effetto di una guerra, altre invece conquistano i propri conquistatori. Il principio del “Graecia capta faerum victorem coepit” ha avuto molte realizzazioni con varie sfumature di importanza e di forza.

L’esempio che mi sembra più significativo è la conquista da parte dei mongoli della Cina della dinastia Song. Quando Kubilai Khan instaurò la dinastia Yuan nel 1271, la civiltà Song era probabilmente la più progredita del XIII secolo. La sua struttura centralizzata, tuttavia, favorì la sua conquista, così come l'arresto del suo sviluppo fu dovuto a come i mongoli ne indirizzarono l'economia verso il commercio e la guerra anziché verso lo sviluppo industriale.

Là dove invece la civiltà di un popolo sembra particolarmente significativa e determinante è nella sua capacità di andare fino in fondo alle esigenze di un conflitto, come insegna ad esempio la guerra al terrorismo.

Vittoria e sconfitta dipendono fortemente dalla civiltà di un popolo ovvero da quanto e come e cosa la civiltà riesce ad offrire alle esigenze della guerra.