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dell'area Warfare di MClink,
a cura di Nicola Zotti
 
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"Chi sta sulla difensiva non fa la guerra, la prolunga".
Maresciallo di campo barone Colmar von der Goltz
La Nazione in armi, 1883.


LA FORMA FORTE

Difesa

nicola zotti



La difesa: secondo von Clausewitz la forma di guerra "forte". Un elemento nodale nel suo pensiero che si basa su una approfondita riflessione del significato della difesa e sulla sua funzione nell'arte della guerra, alla quale è dedicato l'intero cap. VI del "Vom Kriege, non a caso il più lungo di tutta l'opera.

Un capitolo importante quanto sottovalutato, tanto che in alcune edizioni ridotte, come quella della Penguin, viene addirittura saltato a piè pari.

Che cos'è però la "difesa"? Quali sono gli scopi che si pone chi la conduce in guerra?

1) Ovviamente il primo intendimento è la sconfitta del nemico. L'avversario attacca e noi, se non disponiamo della forza necessaria a fare altrettanto, per contrastarlo dobbiamo obbligatoriamente disporci in difesa. Un eventuale nostro successo potrà essere seguito da un contrattacco, ovvero dall'acquisizione da parte nostra dell'iniziativa, per rendere la vittoria più completa. La transizione tra lo stato difensivo a quello del contrattacco è particolarmente delicato e tutt'altro che scontato.

2) Guadagnare tempo. Il secondo aspetto di particolare importanza è la capacità della difesa di guadagnare tempo prezioso, necessario alla preparazione di operazioni offensive o di predisporre una difesa ancora più efficace. Lo scopo dell'attività militare sarà quella di rallentare, indebolire ed eventualmente guidare l'avversario verso le condizioni più vantaggiose per il nostro contrattacco. Una forma particolare di questo tipo di operazione comporta la cessione di terreno ed è detta "operazione retrograda". Anche la deterrenza appartiene agli scopi difensivi orientati al guadagno del tempo: In questo caso l'utilità della difesa è psicologica, prima che fisica, convincedo il nemico che le nostre difese attuali possono fermare il suo attacco, e in questo modo lo si costringe a posticiparlo fino al raggiungimento dell'asimmetria auspicata.

3) Realizzare un'economia di forze. Questo, tra i principi dell'arte della guerra, è quello che trova l'impiego principale proprio nella difesa. In generale, l'attacco è sempre più costoso in termini di vite umane e di materiali rispetto alla difesa, così nel punto in cui ci si attesta a difesa vi è un risparmio di forze che può essere proficuamente impiegato là dove invece si intende attaccare, ottenendo un'utile, quando non necessaria, superiorità di forze locale.

4) Motivazioni conservative. Difesa di posizioni chiave, della popolazione civile, di attività strategiche: la difensiva in questi casi diventa necessaria, un vincolo strategico difficilmente aggirabile.

5) Schermare attivamente o passivamente l'attività di intelligence. Impedire al nemico di scoprire le nostre attività, le nostre concentrazioni di forze, richiede un'adeguata attività difensiva: e questo è sempre valido, sia nell'offensiva che nella difensiva.

Dati questi obiettivi, la dottrina distingue 3 tipologie basiche di operazioni difensive che, in crescente livello di difficoltà sono la difesa d'area, la difesa mobile e la difesa retrograda. Le esamineremo come categorie "pure", ma di norma ogni operazione difensiva è una combinazione di esse. Una stessa operazione difensiva può infatti prevedere contemporaneamente le tre tipologie, oppure una loro sequenza definita.


difesa d'area


Per difesa d'area si intende una difesa focalizzata sul mantenimento di una determinata porzione di terreno per un tempo prestabilito o anche indefinitivamente. Si tratta di una missione eminentemente passiva e quindi non prevede di affrontare altri nemici se non quelli che aggrediscono la porzione di terreno oggetto della difesa d'area.

Le condizioni che possono influenzare la difesa d'area includono innanzitutto le missioni assegnate dal Quartier generale, come l'economia di forze o le motivazioni conservative. In secondo luogo, la difesa d'area puà essere resa necessaria dalla differente mobilità tra attaccante e difensore: perché se è a vantaggio del primo, ogni difesa mobile è ovviamente improponibile. Infine il terreno, che può essere privo di canali attraverso i quali effettuare i contrattacchi caratteristici di una difesa mobile o negare pericolose opzioni di manovra all'attaccante e quindi divenire la scelta più naturale.

Per condurre questo tipo di operazione difensiva si procede studiando il terreno con particolare attenzione per trarne il massimo vantaggio intrinseco possibile. Ogni difesa fissa, infatti, si basa su posizioni che si supportano mutualmente in profondità e, quando la conformazione del terreno non ha sufficienti protezioni naturali, sarà necessario supplire mediante la costruzione di opere campali. Si tratta di un'attività molto impegnativa che richiede tempo e auspicabilmente l'intervento degli specialisti del genio.

Un altro aspetto di essenziale importanza è la disposizione e l'impiego delle riserve: data per scontata la maggiore mobilità del nemico, il comandante dovrà prevedere con lungimiranza i punti dove è più probabile esse saranno necessarie, per facilitarne il tempestivo intervento. Purtroppo per le forze in prima linea, l'impiego prioritario delle riserve non è però quello di rinforzare i punti deboli o sotto pressione, ma essere pronte in caso di contrattacco.


difesa mobile


La difesa mobile, all'opposto di quella d'area, si propone attivamente la distruzione del nemico attaccante. Normalmente essa si basa su due tipi di forze: una, statica, di contenimento, e una mobile di aggressione. Mentre la prima blocca temporaneamente il nemico, la seconda lo attacca sul fianco possibilmente quando è in crisi di movimento, e prima che si consolidi sulla difensiva. Elementi cruciali della difesa mobile sono: 1) l'equilibrio tra le forze destinate ai due impieghi, perché ciascuna sia di entità sufficiente a svolgere i rispettivi compiti: 2) la scelta del terreno, che deve essere capace di fornire sia l'appiglio difensivo necessario alla posizione di fissaggio – tanto più là dove il nemico abbia motivo di attaccare – e sia canali di movimento per la forza di attacco; 3) un vantaggio in mobilità del difensore sull'attaccante; e infine, dato che il nemico ovviamente si aspetta un contrattacco, 4) la possibilità di sorprenderlo su dove, come e quando esso verrà lanciato.
ritirata


La difesa retrograda è quella di più difficile esecuzione e quindi si tratta di un compito assegnabile solo a truppe specificamente addestrate e con il morale più alto. Consiste in una ritirata combattente organizzata in presenza del nemico. Le sue motivazioni includono il guadagno del tempo; il mantenimento delle proprie forze (materiali ed umane) su migliori linee difensive; ingannare il nemico e costringerlo in una posizione a lui sfavorevole; consumarne le forze per attrito obbligandolo a continui scontri e, quindi, a non abbandonare mai l'impegnativa e dispendiosa disposizione tattica di combattimento; o infine, molto semplicemente, evitare il contatto col nemico o sganciarsi dal contatto con esso.

Le tipologie di difesa retrograda sono 3, in ordine di crescente difficoltà: ritirata, indietreggiamento, contenimento/rallentamento.

La ritirata può essere effettuata da unità che non sono in contatto con l'avversario e devono spostarsi in una nuova posizione: può accadere che ci sia una pausa nei combattimenti e sia utile sganciarsi dalla linea del fuoco, magari per schierarsi su una posizione difensiva migliore o per intervenire in un'altra zona, per accorciare le linee di rifornimento o per ripianare le perdite, e altro ancora.

Le truppe muovono in formazione di combattimento, ma la probabilità di essere ingaggiati dal nemico è remota e quindi il movimento dovrebbe avvenire in assenza di rischi.




indietreggiamento


L'indietreggiamento si distingue dalla ritirata perché il nemico è presente e vicino ma non esercita, almeno nell'immediato, una pressione significativa. Il pericolo potenziale è però maggiore, e quindi è opportuno che l'indietreggiamento venga effettuato in modo coordinato da unità che si supportano mutualmente, alternativamente muovendo e fermandosi a difesa.



contenimento

Infine l'operazione di contenimento/rallentamento è necessaria quando il movimento retrogrado avviene sotto la pressione del nemico. Sostanzialmente consiste in una negoziazione spazio/tempo: si cede terreno combattendo per guadagnare tempo, e viene eseguita rallentando il nemico e spegnendone la forza d'inerzia, sia fisicamente che psicologicamente, infliggendogli perdite umane e materiali senza tuttavia rimanere bloccati in un combattimento.

Quest'ultima è la caratteristica saliente di ogni difesa retrograda e mette a dura prova l'addestramento delle truppe e l'abilità del comandante: il nemico proverà in ogni modo a bloccare le truppe che effettuano il movimento retrogrado e se ci riuscisse le probabilità di condurlo a termine con successo diventano assai scarse.

Il ruolo del comandante è essenziale in altri quattro aspetti. 1) Qualsiasi movimento arretrante può facilmente trasformarsi in un caos se le truppe non sono coordinate con fermezza e intelligenza; 2) il ruolo del comandante è anche di centrale importanza per evitare che l'arretramento demoralizzi le truppe come è facile accada in queste situazioni; 3) un ingegnoso espediente può permettere alle truppe di guadagnare tempo prezioso: 4) negare informazioni al nemico, in particolare ingannandolo sulla direzione dell'arretramento.