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SE FOSSIMO FORTUNATI...

Annibale come leader

nicola zotti


Una delle fortune che possono capitare ad un uomo normale è incontrare e collaborare con un buon capo.

I capi mediocri, e ve lo dice uno che ha un innato senso della disciplina e non ha mai fatto mancare la sua lealtà ad un superiore, purtroppo sono la merce più comune, ed è inutile lamentarsi.

Se uno è fortunato, però, può incrociare la sua vita con quella di un capo come Annibale Barca.

Al di là dei risultati pratici che conseguì e indipendentemente dal fatto che in conclusione sia stato sconfitto da Roma, lo stile di leadership di Annibale è un esempio difficile da superare e la storia ancora lo propone come modello a quanti, militari e non, hanno la responsabilità di guidare altre persone.

Capo carismatico probabilmente si nasce e non si diventa, e senza carisma non si riesce a far superare le Alpi ad un esercito (per non parlare degli elefanti), né le paludi dell'Arno. Tuttavia il carisma è innanzitutto fiducia e nessuno si affida ad un capo che non abbia dimostrato coi fatti di meritarsela.

Annibale aveva costruito questo capitale di fiducia in anni di quotidiana presenza negli accampamenti di Spagna e non pretese mai che fosse incondizionata: era un debito che onorava con la stessa puntualità con la quale pretendeva la disciplina dai suoi uomini.

Annibale conosceva a fondo i propri uomini. Le sue battaglie dimostrano che sapeva sacrificarli per i suoi scopi, ma anche che ne valorizzava i meriti e le capacità.

Ad esempio, sul campo di battaglia di Cannae, con i due eserciti schierati, Giscone, uno dei suoi ufficiali, notò preoccupato l'enorme superiorità numerica dei romani. Annibale gli diede ragione, ma aggiunse che una cosa però era sfuggita alla sua attenzione ed era più importante: per quanti fossero i romani, non ce n'era uno che si chiamasse Giscone.

Annibale, dunque, sapeva ascoltare i suoi uomini anche se non erano d'accordo con lui, come quando un altro tra i suoi ufficiali, Maharbale, dopo la vittoria di Cannae davanti all'esitazione con cui Annibale accolse la sua proposta di marciare risolutamente contro Roma, gli indirizzò la famosa frase: "tu sai come vincere una vittoria, Annibale, ma non sai come usarla".

Nella fattispecie, secondo me, aveva ragione Annibale, ma l'episodio ci dimostra che non si circondava di "Yesmen", di collaboratori inclini ad assecondarlo, ad adularlo e a esaltare ogni sua scelta. Al contrario preferiva gli parlassero chiaro ed esponessero il proprio pensiero senza censure.

Nè si pensi che Annibale fosse diplomatico nei giudizi, tutt'altro. Quando si trovava in esilio ad Efeso, un certo Formio pronunciò davanti a lui una dissertazione sull'arte del comando. Gli intervenuti chiesero poi ad Annibale la sua opinione sulla conferenza di Formio e il cartaginese rispose "Ho visto molti vecchi fanfaroni, in più di una occasione. Ma non ho mai conosciuto uno che le sparasse più grosse di Formio".

Non voglio immaginare che cosa direbbe Annibale di questo mio articolo.