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LA NASCITA DELLA CAVALLERIA COLONIALE ITALIANA

La cavalleria coloniale italiana: 1885-1897

nicola zotti

Le unità “Metropolitane”

Tra gli 8-9 mila uomini della divisione rinforzata che agli ordini del Colonnello Tancredi Saletta doveva occupare militarmente Massaua nei primi mesi del 1885, erano previsti circa 240 uomini di cavalleria su due squadroni.

La tabella di costituzione precisamente indica 14 ufficiali con 27 cavalli, 239 uomini di truppa con 204 cavalli da sella e 4 da tiro, e 22 muli da trasporto.
i Cacciatori a cavallo

Il primo nucleo di cavalleria coloniale fu costituito nel febbraio 1885 con un reparto tratto dal Rgt. Cavalleggeri di Caserta (17mo), uno Squadrone che venne aggregato al corpo di spedizione del colonnello Saletta solo in giugno.

il 26 gennaio 1887 questo Squadrone fu impegnato nel combattimento di Saati e 3 giorni dopo, il 29, a Dogali.

Il secondo Squadrone previsto dai piani militari venne costituito nell’aprile 1887 con elementi provenienti da ben 7 Reggimenti di Cavalleria (Foggia, Alessandria, Lodi, Lucca, Guide, Roma e Padova) e assunse la denominazione di 1mo Squadrone “Africa”.

Due anni di campagna africana avevano però suggerito una riorganizzazione delle truppe di cavalleria coloniale.

Nel novembre del 1887 fu infatti costituito un nuovo squadrone che assunse la denominazione di 2o Squadrone “Cacciatori a Cavallo”, con elementi del 24mo Reggimento “Vicenza”, appena creato. I “Cacciatori a Cavallo” furono armati della lancia di cavalleria di ordinanza, modello 1860: lunga circa cm. 260, in legno di frassino, fibroso e resistente, verniciato di nero fino al 1895 e successivamente color noce.

Completava l’armamento del cavaliere il moschetto da cavalleria mod. 1870, ma la cavalleria coloniale adottò una baionetta con una lama di cm. 30 per lasciare spazio nel vano della cassa alla scatola serbatoio.

A fine dicembre 1887, tra lo Squadrone già di stanza a Massaua e quello arrivato con i rinforzi del Corpo Speciale d’Africa, la cavalleria coloniale italiana raggiunse i 2 Squadroni originariamente previsti.

La nascita della cavalleria indigena

Il primo nucleo di cavalleria indigena nacque dalla banda del Sangiac Adam Aga che comprendeva 30 indigeni, chiamati nei documenti ufficiali “arabi doifer”, montati su muletti e cammelli corridori.

La spedizione Di San Marzano (dal novembre 1888 al maggio 1889) fu la prima ad utilizzare l’unità, integrandola con 2 ufficiali e 25 cavalieri nazionali.


le Penne di Falco

Questo plotone di esploratori, noto anche come “Orda Kaiala”, il 30 giugno 1889 fu trasformato dal Generale Oreste Baratieri in uno “Squadrone Esploratori”, sempre formato da elementi misti, italiani e indigeni.

L’importanza che Baratieri assegnava a questo Squadrone era sottolineata dalla scelta del suo comandandante, individuato in uno degli ufficiali di Stato Maggiore più in vista: il capitano Pietro Toselli che, diventato Maggiore, il 7 dicembre 1895 morirà ad Amba Alagi.

Il 3 ottobre 1889 lo Squadrone Esploratori prenderà parte all’occupazione di Asmara e il 26 gennaio 1890 parteciperà alla prima occupazione di Adua, col corpo di spedizione del generale Orero.


Tra Primavera e Autunno del 1890 con il 1mo Squadrone metropolitano “Africa” e con cavalieri indigeni si costituiscono 2 Squadroni di cavalleria ascara.


Il primo assume la denominazione ”Asmara” e il secondo, di nuova formazione, di “Cheren”: con 5 ufficiali, 25 graduati e cavalieri italiani e 127 indigeni . Il “Cheren” diventerà famoso per le “Penne di Falco” che ornavano il loro Tarbusc rosso e per le lance con asta di bambù (invece del frassino di ordinanza) di cui vennero dotati.

Completavano l’armamento delle cavallerie indigene il moschetto Vetterli da cavalleria modello 1870/87, la pistola a rotazione modello 1874, la sciabola da cavalleria modello 1871. Spesso quest’ultima veniva sostituita da armi indigene come la Shotel e la Guradé e immancabilmente faceva bella vista di sé nel cinturone un pesante coltello da caccia indigeno.

Il 21 dicembre 1893 i due Squadroni di cavalleria indigena vengono impegnati in una carica nel secondo combattimento di Agordat e contribuiscono alla vittoria.

Nel febbraio dell’anno successivo lo Squadrone “Asmara” viene sciolto in seguito ad un nuovo ordinamento delle truppe d’Africa.

Le Penne di falco del Cheren dal 12 al 17 luglio 1894 saranno duramente impegnate nella presa di Cassala.


Il reparto comprendeva 4 Ufficiali e 3 uomini di truppa italiani e 130 ascari indigeni, con 119 cavalli e 19 muletti.

In questa occasione, il Capitano del Cheren, Conte Francesco Carchidio Malavolti, ottenne la prima Medaglia d’Oro al Valor Militare di una formazione di cavalleria indigena.

La colonna italiana avanzava verso Cassala in due formazioni a quadrato, una di avanguardia e una col grosso, quando intercettò una formazione di cavalleria baggara, una popolazione nomade arabizzata che costituiva l’elite delle truppe delle truppe del Mahdi.

Il Cheren uscì dal quadrato principale per spingere i baggara verso il fuoco del’avanguardia. La carica del Cheren disperse i sudanesi ma ne seguì una mischia disordinata nella quale prevalse il numero delle truppe del Mahdi.

il Capitano Carchidio Malavolti si trovò isolato e morì colpito da 11 colpi di lancia. Con lui caddero anche 18 ascari.


Cavalleria coloniale in azione

Gli ultimi combattimenti dell'Ottocento

Raggiunta una definitiva stabilità organizzativa, la cavalleria coloniale nelle sue componenti metropolitane e indigene verrà utilizzata nei principali fatti d’arme in terra d’Africa della fine del secolo.

Questo l’elenco:

18 dicembre 1894 – Halai
13 e 14 gennaio 1895 – Coatit e Senafé
9 ottobre 1895 – Debra Ailà
7 dicembre 1895 – Amba Alagi
8 dicembre 1895 – 22 gennaio 1896 – Macallé
1 marzo 1896 – Adua
2-3 aprile 1896 – Monte Mocram e Tucruf
Gennaio-febbraio 1897 – Campagna contro i dervisci

Bibliografia

Ufficio Storico SME, “Storia militare della colonia eritrea”, Roma 1936, Tipografia Regionale.
Pezzi ed altri, “Fasti della Cavalleria italiana”, Milano, Ravagnati, 1939.
Rotasso e Ruffo, “l’armamento individuale dell’Esercito italiano da 1861 al 1943”, Ufficio Storico SME, Roma 1995.

Nelle foto: soldatini della collezione coloniale di Strategia e Tattica, scolpite da Francesco Marchesini. Ringrazio Luca Onesti e Giuseppe Gennaro.