torna alla homepagetorna alla homepage
storia militare e cultura strategica
torna alla homepage
 
dalle discussioni
dell'area Warfare di MClink,
a cura di Nicola Zotti
 
home > strategia > Quale"pericolo giallo"?


ricognizioni
in territorio ostile


recce team

storie
strategia
tattica
what if?
vocabolario
documenti
segnalazioni
link
scrivici


quelle piccole sciabole incrociate

quelle piccole spade incrociate

Viaggi nei
campi di battaglia d'Italia
sulle carte del Tci


UNA STORIA CHE CONTINUA

Quale"pericolo giallo"?

nicola zotti



Nel settembre del 1895 lo zar Nicola II ricevette un regalo dal cugino, il Kaiser Guglielmo II: un dipinto, commissionato da Guglielmo al mediocre pittore tedesco Hermann Knackfuss su proprie precise indicazioni.

Un'allegoria nella quale sette donne, le sette potenze europee, si apprestavano, alla guida e con l'incitamento dell'arcangelo Michele, a fronteggiare l'approssimarsi di una fosca tempesta da Oriente.

A cavallo delle nere nuvole che prendevano la forma di un drago un tetro Buddha, che tutto devastava al suo passaggio.

Una croce luminosa sovrastava le sette nazioni europee e completava l'allegoria: "Nazioni d'Europa, difendete le vostre più sacre proprietà".

Questo il titolo ufficiale del dipinto, che è però più noto con la postilla aggiunta di propria mano dal Kaiser allo schizzo che fece da base per il dipinto definitivo: "il pericolo giallo".

Aveva così un nome l'antica paura occidentale delle moltitudini asiatiche che ormai tracimavano dai propri confini originari esondando innanzitutto nelle terre dei coloni europei, provocando reazioni xenofobe, in Australia come negli Stati Uniti.

Questione di tempo, profetizzava il Kaiser, e il pericolo giallo avrebbe percorso nuovamente la via dell'Occidente ed era compito dello zar essere il primo baluardo di questa minaccia.

Pochi anni dopo, in Cina, la rivolta capeggiata dalla Società dei pugni giusti e armoniosi, i "Boxer", cominciata con la persecuzione dei missionari cristiani e sfociata nell'uccisione per mano di truppe imperiali, il 20 giugno 1900, di Klemens August Freiherr von Ketteler, il plenipotenziario tedesco a Pechino, e i successivi 55 giorni di assedio del quartiere delle legazioni, diede il destro a Guglielmo II per avere un ruolo attivo in questa guerra tra civiltà.

«Rivificate la tradizionale fermezza prussiana. -- disse esortando le truppe in partenza per la Cina -- Mostratevi cristiani. Date al mondo un esempio di virilità e disciplina. Nessun perdono sarà concesso, non saranno presi prigionieri. Chi cadrà nelle vostre mani cadrà per la vostra spada.»

Qualche centinaia di occidentali e decine di migliaia di cinesi "occidentalizzati", di cristiani (o presunti tali), morti per mano dei Boxer (100.000 fatti letteralmente a pezzi solo a Pechino) e un numero sconosciuto, ma sicuramente elevatissimo tra Boxer, soldati imperiali e civili cinesi uccisi dalle truppe occidentali, furono le vittime della guerra, durante la quale, con soddisfazione del Kaiser, i soldati tedeschi si distinsero per brutalità, assieme ai russi e alle truppe indiane dell'Impero britannico.

Per la Cina fu un disastro: l'ammontare delle riparazioni fu di un tael per ciascuno dei 450 milioni di cinesi (67,5 milioni di sterline dell'epoca) che vennero pagati a rate e con gli interessi nei successivi 39 anni. A questo enorme esborso seguirono una serie di ulteriori morsi al territorio cinese, in particolare da parte della Russia: probabilmente lo zar aveva accolto l'invito del cugino.

Il commento dell'anarchico russo Mikhail Bakunin fu caustico: «Siccome i numeri asiatici corrono in centinaia di milioni, il risultato più probabile di questi intrighi sarà il risveglio del fino ad oggi immobile mondo asiatico, che travolgerà l'Europa ancora una volta». Il riferimento era ampio: gli "intrighi" a cui si riferiva partivano dalla Prima guerra dell'oppio (1839-1842) ed arrivavano fino all'intervento multinazionale contro i boxer (1900).

Tuttavia il monito di Bakunin rivolto all'Occidente era almeno in parte diretto al bersaglio sbagliato. Il problema, infatti, era in primo luogo cinese. Da circa 60 anni la Cina si era imbattuta nel diritto e nella politica internazionali e non aveva saputo adeguarvisi, manipolando con superficialità e supponenza a proprio piacimento le regole di questo spiacevole gioco.

I "trattati ineguali": regole occidentali, scritte da occidentali per tutelare gli interessi occidentali, ma regole che la Cina aveva concordato e accettato convinta con leggerezza di poterle ignorare a proprio piacimento.

Esemplare è il caso dell'assassinio del sacerdote francese Auguste Chapdelaine, che fu una delle cause della Seconda guerra dell'Oppio (1856-1860). Nel trattato di Guanpo siglato con la Francia nel 1844 era specificato ogni cittadino francese trovato fuori dalle concessioni venisse consegnato al più vicino consolato francese.

Il missionario padre Chapdelaine che dal 1842 predicava all'interno del distretto di Guangxi Xilin, dopo essere già stato allontanato una volta, volle ritornarvi e nel 1856 venne arrestato dai cinesi, i quali, anziché consegnarlo ai francesi, lo picchiarono a morte e quindi (per colmare la misura) lo decapitarono.

La violazione degli accordi era palese, ma il funzionario di zona Zhang Fengming, responsabile dell'assassinio, di fronte alle proteste francesi si limitò a negare che il fatto fosse mai accaduto, e tale fu la versione ufficiale cinese dei fatti per due anni.

In breve la Cina aveva l'occasione per fare i conti con la modernità e la rifiutò, accorgendosi a proprie spese che con gli imperi occidentali non si poteva scherzare.

Capisco che questo ricordi la situazione attuale della Cina, che entra nella WTO, ma poi distribuisce per il Mondo merci contraffatte e pericolose, che aderisce all'Organizzazione mondiale della sanità, ma poi nega il diffondersi dell'influenza aviaria, ma la storia del "pericolo giallo" prosegue.

Infatti, proprio mentre Guglielmo II commissionava il suo quadro per il cugino, la Cina perdeva la Prima guerra Sino-giapponese (altri 340 milioni di tael di riparazioni) e, pochi anni dopo, quando si trattò di riunire una forza che contrastasse la rivolta dei Boxer, il contingente più numeroso tra le otto nazioni partecipanti (tra le quali anche l'Italia) fu proprio il Giappone, che in questo modo entrò di diritto a far parte delle "grandi potenze".

Così, mentre in Europa si faceva di tutta l'erba un fascio, disquisendo in modo semplicistico ed ideologico di un totalizzante pericolo con gli occhi a mandorla, l'Asia si divideva e si combatteva in una lotta per la supremazia.

Per effetto della doppiezza cinese e dell'incapacità del vecchio regime di modernizzarsi e di porre un rimedio alla propria crisi, la cancrena si diffuse e i maggiori beneficiari furono Russia e Giappone: le loro sfere di influenza si espansero al punto da intersecarsi in un conflitto che doveva accelerare la fine di un altro impero: quello Russo.

Riepilogando: negli anni in cui si accendeva la xenofoba individuazione del pericolo giallo, l'Occidente sbranava una vittima colpevole e in qualche modo istruiva e lasciava crescere un altro nemico "giallo", che si occidentalizzerà prima e meglio di altri e sfrutterà una carica xenofoba asiatica complementare a quella occidentale per giustificare la propria politica di aggressione.

Come descrivo raccontando altre storie (Pearl Harbour, il Raid di Doolittle e Midway) il Giappone non entrò nella modernità compiutamente, ma scatenò una guerra per la quale era culturalmente e materialmente impreparato pagando la propria presunzione con oltre 2 milioni di militari morti: un uomo su quattro nell'Esercito e uno su cinque nella Marina. L'immagine del soldato giapponese che carica con il fucile Arisaka è la rappresentazione grafica di questa guerra che enfatizza esaspèeratamente l'elemento morale: un fucile che con la baionetta inastata era più lungo del soldato giapponese di altezza media.

Questa storia non ha una morale, né delle conclusioni: tuttavia tutti conosciamo le reticenze dei giapponesi a fare i conti con il proprio passato e i crimini di guerra compiuti dalle proprie forze armate.

Meno squillanti sono altri segnali: ad esempio i contenuti dei libri di testo di storia delle scuole cinesi.

Nel gennaio del 2006, Freezing Point, il supplemento settimanale al quotidiano China Youth Daily, è stato chiuso per qualche settimana per aver pubblicato un saggio di Yuan Weishi, professore di storia alla Zhongshan University di Taiwan, nel quale denunciava come i libri di testo degli studenti cinesi descrivessere in modo contraffatto e tendenzioso i 60 anni di eventi di cui ho parlato, giustificando i crimini dei Boxer e degli altri protagonisti di atrocità come una reazione rivoluzionaria all'aggressione occidentale.

Il messaggio che si vuole mandare agli studenti cinesi, secondo il professor Weishi, è che qualsiasi azione che protegga la purezza della superiore cultura cinese dalle maligne influenze occidentali è opportuna e auspicabile, compreso l'uso della forza.

Freezing point è tornato nelle edicole, ma con un nuovo direttore e senza la collaborazione del professor Weishi.