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La logica militare


nicola zotti



Mi sono accorto che spesso nei miei articoli faccio riferimento alla "logica militare". Capita in particolare quando pronuncio una delle mie condanne definitive verso questa o quell'opinione diversa dalla mia o quando voglio spiegare perché la mia è superiore: "la ricostruzione della battaglia di tizio è militarmente illogica" scrivo, oppure "la logica miiltare vuole che...".

In effetti, che io abbia ragione oppure no, la logica militare è spessissimo assente dalle analisi degli storici militari, che hanno per loro educazione una forma mentis eminentemente "documentale", come è giusto, e non deduttiva.

Inoltre, poi, non hanno competenze specifiche di arte militare: i migliori le hanno solo del periodo oggetto dei loro studi, e questo spesso è sufficiente –– anche se non sempre -- ad evitare marchiani errori di logica militare.

La logica militare ha tre significati distinti, seppure collegati tra loro. Il primo si riferisce allo sviluppo della dottrina (ovvero il passaggio da teorie a dottrine), il secondo all'elaborazione e alla gestione delle operazioni, il terzo alle analisi degli avvenimenti militari, ed è quello a cui faccio riferimento di solito.

Nella definizione delle dottrine, il procedimento logico è indispensabile a comprendere, sulla base di scarsi dati fattuali, future dinamiche belliche. Le dottrine e le tattiche, infatti, dipendono dalla valutazione teoriche che si fanno degli scenari operazionali nei quali si prevede di impiegare le proprie FFAA, del miglior uso possibile delle tecnologie, ecc. La dottrina di impiego della Mitrailleuse, durante la guerra Franco-prussiana, fu, ad esempio, non particolarmente felice e contribuì alla sconfitta francese.

Prima e durante le operazioni militari la logica militare è allineabile ai processi mentali del comando e li definisce come l'elaborazione e l'esecuzione di un progetto con le incognite normalmente associate alla guerra guerreggiata. FIssati gli obiettivi, il procedimento logico-militare definisce le vie migliori per raggiungerli. Se, ad esempio, temiamo che il nemico possa aggredirci con forze superiori, è illogico fermarsi col nostro esercito ad assediare una sua piazzaforte, dandogli così il nostro indirizzo ed il tempo per raggiungerci. Se al contrario vogliamo la battaglia, assediare una importante base strategica dell'avversario può essere un buon modo per ottenerla.

Infine la logica militare assiste -- o dovrebbe assistere -- gli storici militari quando devono riempire i vuoti lasciati dalle fonti documentali.

Gli storici antichi, in particolare, spesso non erano esperti di arte militare e i loro testi frequentemente ci sono giunti incompleti. Ricostruire la logica militare degli avenimenti significa, dunque, trovare una coerenza dove non sempre e non necessariamente c'è e ricostruire una trama spezzata in più punti.

Per riuscirci servono un'approfondita conoscenza della tattica e della logistica del periodo, solo per limitarci al minimo necessario. E magari si devono riempire le incognite rimaste con analogie plausibili basate su conoscenze dell'arte militare di altre epoche o altre culture belliche.

Un passaggio, quest'ultimo, molto delicato, perché molto spesso le analogie possono essere forzate e condurre in errore. Ogni possibile ragionamento di questo tipo dovrebbe valutare attentamente la cultura, non solo miliare, del periodo, prima di poter essere anche solo ipotizzato.

Anche sentimenti umani apparentemente semplici come "paura" e "coraggio" non hanno sempre avuto lo stesso significato nel corso dei secoli.

A molti storici che raccontano la storia militare mancano alcune o tutte queste competenze, come detto per la loro formazione specialistica, e questo si traduce in ricostruzione illogiche.

Non sto parlando di principi "universali" della guerra: non mi spingo a tanto. Piuttosto a fattori sensibili che possono condizionare fortemente la nostra analisi.

Ecco un esempio. Analizzando una battaglia o provando a ricostruirne il corso dai resoconti storici, spesso lacunosi, non possiamo esimerci dal considerare l'addestramento delle truppe: sia quello relativo alla loro tipologia, sia a quello riscontrabile nell'epoca considerata.

In generale non possiamo così attribuire a truppe scarsamente addestrate manovre complesse, mentre se ipotizziamo che un comandante abbia ordinato a truppe con morale basso una manovra particolarmente azzardata – ad esempio una falsa rotta – dovremmo anche aggiungere che è stata una decisione temeraria e pericolosa, e che il comandante in questione è un matto.

Sempre in tema di manovre, qualora ne ipotizzassimo una complicata dovremmo anche spiegare dettagliatamente di quali azioni tattiche si compone, faddequando e se è stata provata in addestramento, quali precedenti ci sono di quella tale manovra, quanto tempo si poteva impiegare per completarla, e via così, come se quell'azione dovessimo progettarla noi stessi per un corpo di armati.

Alla fine, naturalmente, il risultato deve essere privo di contraddizioni interne.

La logica militare, quindi, è qualcosa che presuppone ma si aggiunge alla logica "normale", da Aristotele in giù: non la sostituisce, ma la integra.

Ho cercato di esemplificare un ragionamento logico-militare tentando di individuare il luogo della battaglia del lago Trasimeno.