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I VASI COMUNICANTI TRA FILOSOFIA E DOTTRINA MILITARE

La guerra, Talete e Anassimandro


nicola zotti


Le teorie cosmologiche dei filosofi presocratici Talete e Anassimandro hanno una singolare applicabilità nel campo dell'evoluzione del pensiero militare. E' così evidente, che se l'ho notata io non può essere sfuggita agli strateghi greci. Probabilmente non è un caso, dunque, se l'evoluzione della dottrina militare greca sembra trarre origine dall'uno o dall'altro filosofo.

Talete di MIleto (635-543 a. C.) ispirandosi ad un'analogia empirica/osservativa sosteneva che la terra galleggiava sull'Oceano e a questa instabilità erano dovuti i terremoti. Talete aveva osservato il rollio e il beccheggio delle navi sull'acqua e aveva notato la similitudine di questi movimenti con quelli dei terremoti.

Il suo pensiero era sufficientemente convincente proprio perché faceva riferimento a un'esperienza alla portata di tutti e che soprattutto apriva le porte a una serie di conseguenze. In campo militare, che è quello che mi interessa, ad esempio suggeriva l'importanza degli appoggi, come pure la loro concatenazione.

Se Talete non giungeva a spiegare a che cosa mai fosse appoggiato l'Oceano (e via così di appoggio in appoggio) problema che come spiegherò tra breve fu l'origine critica del pensiero di Anassimandro, ai militari questo dovette apparire altrettanto importante e se non di più facile soluzione, almeno risolvibile.

L'appoggio che gli opliti delle linee posteriori fornivano a quelli che li precedevano conferiva solidità alla falange, l'appoggio che un elemento del terreno dava ad un fianco della falange ne aumentava la solidità, il sostegno di un vicino accampamento o di una città amica donava forza ad un intero dispositivo strategico.

Di sostegno in sostegno, la filosofia di Talete sviluppava l'apparato concettuale che consentiva di comprendere alcuni meccanismi di base della guerra e di fondare una dottrina militare, proponendo la possibilità di una condotta di guerra non più esclusivamente schiava della fortuna e del volere degli dei, ma a disposizione di quegli uomini sufficientemente acuti da comprenderne con l'osservazione empirica la dinamica degli appoggi.

Anassimandro (610-547 a. C.) comprese intuitivamente che la teoria del suo amico e maestro Talete non poteva essere valida perché rinviava la stabilità del mondo ad un infinito sistema di sostegni e appoggi, ed elaborò una teoria più ardita, basata non tanto sull'osservazione empirica, quanto sulla speculazione critica e astratta.

Nell'unico frammento pervenutoci del trattato di Anassimandro "Sulla natura" (il primo trattato conosciuto della filosofia greca) riportato da Simplicio (Phys,24,13;A 9), uno dei più discussi concetti filosofici di tutti i tempi, è riassunto il suo pensiero.

"Inizio...ed elemento primordiale delle cose è l'infinito ["apeiron": un insieme indeterminato e senza confini]...da dove infatti gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessità: poichè essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo."

Anassimandro illustra la sua concezione della natura in termini di conflitto tra gli enti che la compongono: la stabilità (o la precarietà) del mondo è il frutto di una sua simmetria interna strutturale, che non garantisce l'esistenza di una direzione privilegiata di crisi. Non esistono un "alto" e un "basso", ma un sistema di equilibri, che non possono mutare se non esistono differenze. Così spiega la stabilità della terra, affermandone l'equidistanza dagli altri corpi celesti, in una logica che anticipa la fisica di Newton.

Nei secoli successivi il dibattito filosofico si scatenò attorno a queste visioni dell'universo e delle leggi della natura: Anassimene, Eraclito, Aristotele e tanti altri contribuirono notevolmente ad evolvere il pensiero e soprattutto ad arricchire il dibattito.

Ciò che rimase del pensiero di Anassimandro nella testa degli strateghi fu però sconvolgente e se ne trova traccia anche nelle dottrine militari di importanti studiosi moderni come ad esempio nel concetto di Schwerpunkt di von Clausewitz, o nell'approccio indiretto di Basil Liddell Hart: un dispositivo strategico ha un equilibrio dinamico intrinseco e l'azione militare deve riuscire ad articolare il proprio e a disarticolare quello dell'avversario. Non un dispositivo di concatenazioni lineari, ma un meccanismo di pesi e contrappesi che non ha un'origine da scardinare (un unico punto gravitazionale fondante), ma semmai un'intrinseca forza coesiva strutturale, con diversi punti di forza e di debolezza.

L'analisi strategica, dunque, poteva e doveva individuare le giunture critiche di questa articolazione strutturale per esercitare su di esse lo sforzo decisivo: imparando, quindi, ad aprire le porte usando la maniglia, anziché sradicando i cardini.

Non so che cosa ne pensate voi, ma senza Anassimandro non ci sarebbero state né la tattica macedone né la tattica annibalica.