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CERCHIAMO DI CAPIRE PERCHE'

il progresso tattico della fanteria medioevale nel XIV secolo


nicola zotti


La lotta di borghesi e contadini per la libertà e l’indipendenza non era incominciata l’11 luglio del 1302 a Curtrai, né in quel giorno si era definitivamente conclusa.

I fanti fiamminghi avevano alle spalle un secolo abbondante di esperimenti, alcuni dei quali riusciti. Le fanterie comunali lombarde a Legnano (1176), ad esempio, avevano tenuto testa alla cavalleria imperiale, ma la vittoria era stata raccolta dai cavalieri milanesi, prima messi in fuga e poi inopinatamente ritornati con rinforzi sul campo di battaglia al momento decisivo. A Cortenuova (1237) i lombardi riconfermarono la caparbietà delle loro fanterie plebee, ma negli anni successivi furono ostacolati a procedere nel consolidamento delle proprie innovazioni tattiche dalla potenza dell’avversario, che nel XIII secolo era al suo apice.

Uno sviluppo interrotto che pesò nel prosieguo della storia d’Italia, ma che aveva già maturato frutti pesanti. Jacob Burckhardt, e dopo di lui molti altri storici, individuano nella feroce lotta per l’indipendenza e l’autogoverno di Venezia, Milano, Firenze e Genova la precondizione per il Rinascimento, una stagione che rivificò l’arte italiana della guerra intrecciando e confondendo armi ed eccellenza artistica e umanistica.

Un altro antecedente, molto ravvicinato, era rappresentato dalla vittoria degli scozzesi sugli inglesi di Stirling Bridge del 1297, ma ancora di più dalla loro sconfitta di Falkirk del 1298: qui, infatti, i picchieri scozzesi si dimostrarono impenetrabili per le cavallerie feudali che, per assestare il colpo decisivo, dovettero aspettare che gli arcieri inglesi e gallesi avessero dovutamente ammorbidito l'ostacolo.

Dopo Curtrai i “comunes” seppero ripetersi in tutta Europa in meno di cinquant’anni per un’altra ventina di volte, magari senza ottenere risultati politici definitivi, ma tracciando sui campi di battaglia una linea che la cavalleria scoprì a proprie spese quanto fosse difficile superare. Il predominio armato della nobiltà feudale era definitivamente scomparso e con esso si era concluso per sempre anche il suo predominio sociale.

Dall’alto dei propri cavalli e invulnerabile nelle proprie armature, la classe nobile per secoli aveva imposto con la violenza la propria supremazia. Professionisti nell’uso delle armi, dediti a nient’altro che a fare la guerra o a prepararsi ad affrontarla con il continuo addestramento bellico e con un tempo libero dedicato ad arti altrettanto marziali come la caccia e i tornei, i cavalieri avevano maturato l’assoluta certezza della propria invincibilità, alla quale in negativo corrispondeva nelle classi popolari un sentimento di irredidimibile inferiorità, l’incapacità di considerarsi individualmente e collettivamente capaci di riscatto.

Battaglie come Antiochia (9 febbraio e 28 giugno 1098), Axpoel (21 giugno 1128), Arsoef (7 settembre 1191), la battaglia delle Steppe (13 ottobre 1213), Bouvines (27 luglio 1214) e Woeringen (5 giugno 1288), avevano dimostrato l'importanza di un buon coordinamento tattico sul campo di battagila tra fanterie e cavallerie.

Battaglie come Falkirk, e quelle che seguiranno, dimostrano però che la cavalleria non è più tatticamente autosufficiente, ma ha bisogno di altre fanterie -- arcieri, picchieri, ecc. -- per avere la meglio su un esercito di fanti determinato a resistere: una dipendenza che aveva il suo prezzo in termini sociali e politici oltre che militari.

Le cose iniziarono a cambiare già alla fine del XIII secolo e non solo perché la cavalleria aveva già intrapreso la sua fase discendente: nelle Fiandre, in Scozia, in Svizzera, nel Dithmarschen tedesco, e in altre regioni d’Europa stava emergendo chi era in grado di approfittare di questa decadenza. Una coincidenza di fattori sociali, politici, geografici ed economici aveva rinvigorito l’economia di alcuni territori e contemporaneamente sviluppato nelle popolazioni che vi abitavano sentimenti di indipendenza e di appartenenza nazionale, conferendo loro, quindi, tanto i mezzi per battersi quanto un motivo per farlo.

I “comunes” delle Fiandre all’inizio del XIV secolo, ad esempio, si trovavano proprio in questa condizione, come gli svizzeri dei tre cantoni originari o i contadini del Dithmarschen.

Una prima condizione era politica: la subordinazione feudale in queste regioni si era allentata e le popolazioni avevano intrapreso in vari modi forme seppure limitate di autogoverno. Il senso di appartenenza ad una comunità era quindi cresciuto fino ad assuemere i connotati di un embrionale concetto di nazionalità diffuso in larghi strati di popolazione, nobiltà compresa. I nobili di queste regioni cessarono di fare casta a parte, ma iniziarono a condividere gli stessi ideali delle classi inferiori, fornendo ad esse i servizi della propria istruzione militare, che ai communes e ai rusticos mancavano completamente.

Una seconda condizione era psicologica: per resistere ad una carica di cavalleria si doveva aver sviluppato una bella fiducia in se stessi e nella propria forza. Non è semplice spiegarsi come questo sia avvenuto, ma deve essersi trattato di un processo lento, probabilmente legato non solo al miglioramento generale delle condizioni di vita, ma anche al diffondersi delle notizie legate alle gesta di altri umili pedoni come quelle dei lombardi a Legnano.

Alle precedenti condizioni ne va legata quindi una economica e sociale: un significativo e diffuso benessere che trovava le sue origini nell'autodeterminazione. Più risorse per nutrirsi, per armarsi, per diventare ancora più numerosi e quindi in grado di tenere testa alle ricchezze di re e di duchi.

Un'ultima condizione era più propriamente militare: un'innovazione tattica. I fanti iniziarono ad esplorare i metodi di guerra che potevano portarli a confrontarsi con speranze di successo con le cavallerie. I terreni migliori come campi di battaglia, le armi più adatte, le formazioni più efficaci. Fu un esame anche teorico che poneva le sue basi nelle esercitazioni tradizionali delle milizie feudali, ma che sapeva anche andare oltre, perché riusciva a prescindere dalla presenza delle cavallerie, ovvero dalla loro stessa ragion d'essere.

Contrariamente a quanto pensano molti storici militari del passato -- da Oman a Delbrück a Morris -- all'inizio del XIV secolo la cavalleria ha già cessato di essere la regina del campo di battaglia, perché i fanti si sono autonomizzati da essa mentre al contrario la cavalleria non può più prescindere dai fanti, ma anzi è debitrice ad essi delle proprie vittorie, tanto che sempre più spesso agisce come "fanteria montata" e sceglie di combattere a piedi anziché a cavallo.

La fine del feudalesimo era vicina: I contadini e i borghesi iniziavano ad abituarsi alla propria forza e farne strumento di autogoverno. E tanto iniziarono a sentirsi forti che Giovanni Villani nelle sue Istorie fiorentine racconta che i fiamminghi «per queste vittorie salirono in tanta superbia e ardire che uno Fiamingo a pie con uno Godendac in mano harebbe atteso due cavalieri Franceschi a cavallo»: il mondo si era rovesciato.