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COSE TURCHE

Innovazione tecnologica e declino dell'Impero ottomano


nicola zotti



Quello che state per leggere (bontà vostra) non è un attacco a certa storia militare eurocentrica.

Leggetelo in positivo, come un cambio di prospettiva nell'osservazione di quel periodo cruciale della storia del Mondo, e dell'Europa in particolare, che al Rinascimento arriva all'Illuminismo.

Lo scorso mese ho esaminato un aspetto circoscritto, eppure abbastanza significativo, delle resistenze culturali (e non solo, ovviamente) all'introduzione delle armi da fuoco in Europa.

La storia ci propone un caso opposto, quello dell'Impero ottomano, dove invece la polvere da sparo e le armi da fuoco vennero adottate con un certo entusiasmo.

I primi cronisti ottomani nel XVI secolo riportano con orgoglio l'introduzione di queste tecnologie in battaglie e assedi della seconda metà del XIV: magari si tratta di progeniture dubbie, di tradizioni orali o di documenti male interpretati, per il diffuso errore di interpretare in modo anacronistico terminologie del passato.

E purtuttavia gli storici non esitano a definire l'Impero ottomano come l'impero "della polvere da sparo", per altro in compagnia dei Safavidi e dei Moghul.

Ma è lo stesso Impero ottomano di cui altri storici, il più famoso dei quali è Geoffrey Parker, sottolineano l'incapacità di tenere il passo tecnologico e industriale con l'Occidente già nel XVI secolo, un gap che sarebbe divenuto incolmabile nel XVII?

Sono secoli importanti dal punto di vista della storia militare, perché se è durante il XV secolo che le armi da fuoco entrarono in numero consistente negli eserciti, è nel XVI che il loro impiego divenne strategicamente significativo: una dinamica comune tanto all'Europa quanto all'Impero ottomano.

C'è indubbiamente qualcosa che non torna in queste due "istantanee" e che merita un approfondimento.

Innanzitutto: di quali progressi tecnologici stiamo parlando?

Dopo l'invenzione della polvere da sparo, solo due innovazioni tecnologiche ebbero un vero impatto sulla storia militare: la granulazione della polvere, che ne moltiplicò e stabilizzò l'efficacia balistica, attorno al 1500; e l'introduzione negli eserciti verso il 1700 del moschetto a pietra focaia dotato della baionetta.

Posto che quest'ultima innovazione esula dai limiti temporali considerati e che la prima era invece nota agli Ottomani, dobbiamo evidentemente cercare altrove la superiorità dell'Occidente rispetto all'Impero Ottomano e la causa del declino di quest'ultimo.

Il discorso non è diverso sul versante delle tecnologie metallurgiche e del bagaglio di conoscenze legato allo sviluppo delle armi da fuoco.

La tecnologia in questa epoca viaggiava insieme agli uomini e gli uomini del Rinascimento viaggiavano molto più di quanto noi moderni siamo disposti a pensare.

Gli Ottomani come gli Spagnoli, i Portoghesi, gli Austriaci e gli Inglesi, attingevano a piene mani agli artigiani e ai tecnici di altri paesi, in particolare Italia e Germania, all'avanguardia tecnologica. E gli Ottomani potevano anche approfittare dell'alto numero di prigionieri cui offrivano libertà in cambio di un impiego come lavoratori specializzati per la Sublime Soglia: valeva per fonditori, artiglieri, carpentieri e qualsiasi altra specializzazione.

Per non parlare dei disertori di ogni etnia – Valloni, Francesi, Italiani, Spagnoli, tanto per citarne alcuni – che in molte occasioni offrirono i loro servigi agli Ottomani, attirati dalle laute ricompense offerte dal Sultano. Tanto per fare un esempio, Diego de Hadeo, un frate benedettino spagnolo prigioniero ad Algeri tra il 1579 e il 1582, nel 1581 compilò una lista di 35 capitani pirati che operavano da quella città contro le coste "cristiane", dalla quale risulta che solo 10 di essi erano turchi, mentre 22 avevano origine europea e di essi la maggioranza, 12, erano italiani.

Tra l'altro, in quest'ottica appare evidente la natura di propaganda antiebraica di quanti additavano (e additano ancora oggi) i Marrani e gli Israeliti come principali responsabili del passaggio di conoscenze tecnologiche verso gli "infedeli".

Insomma le competenze circolavano nel Mediterraneo e questo vale anche per quelle metallurgiche: il famoso Maestro Orban, fonditore di cannoni, era Tedesco, ma molti altri fonditori erano Turchi e i loro cannoni venivano prodotti in un bronzo di pari qualità rispetto a quello europeo.

Fu, allora, un problema di inferiorità industriale? Ovviamente nelle quantità prodotte, visto che per la qualità le differenze non potevano ancora essere così significative?

Posto il numero di cannoni che l'Impero ottomano riuscì sempre a schierare, non pare però questo il caso. E neppure, bisogna aggiungere, fu il caso della polvere da sparo, di cui l'Impero ottomano fu in pratica sempre autosufficiente.

Studi specialistici in materia affermano che le importazioni (in particolare dall'Inghilterra e dalla Svezia) non superarono il 5% della produzione interna e incominciarono solo a partire dagli ultimi decenni del XVII secolo, ovvero in concomitanza con la fine di una guerra impegnativa come la Guerra dei Trent'anni, che forse aveva lasciato alcune nazioni europee con problemi di sovraproduzione.

Sulla qualità di quella polvere valga l'opinione di Raimondo Montecuccoli che, ancora alla fine del XVII secolo, la giudicava ottima.

Capisco che un tema così delicato meriterebbe un maggiore approfondimento, ma anche da quel poco detto finora, appare sufficientemente problematico attribuire a un gap tecnologico il declino dell'Impero ottomano così come dobbiamo riscontrarlo verso la fine del XVII secolo.

Fu proprio il citato Montecuccoli il primo a sconfiggere gli Ottomani in una grande battaglia campale, al San Gottardo (il 1º agosto del 1664), quando ormai erano trascorsi quasi settanta anni dalla Battaglia di Keresztes (24-26 ottobre 1596), ovvero dall'unica battaglia di comparabile magnitudine tra Ottomani e Cristiani sul suolo europeo.

Per riuscirci gli Asburgo avevano dovuto riunire le forze di mezza Europa nella Lega Santa, e, quando quell'alleanza venne meno, dovettero rivedere la propria strategia.

Allo stesso tempo gli Ottomani dovevano confrontarsi su altri due impegnativi teatri di guerra: contro i Polacchi e soprattutto contro i Veneziani nella guerra di Candia, per non parlare dei Tartari di Azov che nel frattempo dovevano vedersela coi Russi.

In definitiva, alla fine del XVII secolo, gli Ottomani combattevano dunque su 4 fronti contro l'Europa cristiana e non trovo tanto sorprendente il fatto che uscirono perdenti e ridimensionati da questi conflitti, quanto quello che furono in grado per decenni di sostenerli.

Le immense risorse del Sultano non furono sufficienti, né penso potevano esserlo.

Le nazioni europee erano uscite rivoluzionate dalla Guerra dei Trent'anni: a partire da profondi cambiamenti politici con la pace di Westfalia e per finire con altrettanto profondi cambiamenti militari con la maturazione della tattica lineare,

Nel mezzo abbiamo amministrazioni e burocrazie che diventano sempre più efficienti e riisorse virtualmente illimitate che giungno da oltre Oceano, spostando il baricentro strategico del Mondo dal Mediterraneo alle colonie, come ebbero a constatare anche i Veneziani.

Insomma mi pare ci siano ragioni strategiche più complesse per il declino Ottomano che non una inferiorità tecnologica e industriale, della quale non riesco proprio a trovare la consistenza.