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METAURO, FANO (PS), CENTRO tav. 7 F6

Il Metauro 207 a. C.

nicola zotti


La battaglia di Grumentum

E' C.Ostilio Tubulo ad aprire le ostilità: attacca Annibale presso Larinum, con un'armata di due legioni alleggerite dai bagagli: una colonna rapida adatta agli attacchi di sorpresa. Si permette di fare un'imboscata quando il comandante cartaginese sta volgendosi verso sud per rientrare nel cuore del proprio territorio: deve trattarsi di un bello scontro, se è vero che le perdite cartaginesi ammontano a 4.000 uomini e a 9 insegne.

Non sappiamo molto di più di questo e anche la collocazione stessa della battaglia è incerta, però, è un segnale di pericolo che deve allarmare non poco Annibale.

In ogni caso questi non ha tempo da perdere: prosegue il suo cammino verso il Salento, incurante di C.Ostilio che lo pedina da vicino. Gli si fa incontro Q.Claudio da Tarentum e Annibale evita entrambi piegando verso il Bruzzio. I due comandanti non possono assumersi la responsabilità di allontanarsi così tanto dai compiti loro affidati dal senato e sono costretti ad abbandonare l'inseguimento.

C.Ostilio torna verso Capua, ma a Venusia si incontra col console C.Nerone. Tra tutte le truppe il console sceglie 40.000 fanti e 2.500 cavalieri formando con questi un esercito di campagna.

Consegna le forze rimanenti a C. Ostilio in modo che le porti al proconsole Q.Fulvio che era destinato alla difesa di Capua, città dalla quale si controllava l'accesso da sud al Lazio e quindi a Roma.

Con questo forte esercito -- almeno 3 legioni più gli alleati -- C.Nerone si mette alla caccia di Annibale, con il fermo intento di costringerlo ad una battaglia.

Nel frattempo, però, Annibale è riuscito ad incorporare nella sua armata le guarnigioni del Bruzzio e quindi decide di puntare su Grumentum, con l'intenzione, afferma Livio, di assediarla. Questo proponimento non appare particolarmente brillante, né in sintonia con il preciso obiettivo strategico che Annibale doveva realizzare. Ritengo che Livio, o per meglio dire la fonte alla quale questi attinge le proprie informazioni, abbia male interpretato questo avvenimento: più logica è una semplice azione dimostrativa, che non per questo doveva rivelarsi meno pericolosa.

Infatti per Claudio Nerone è come avere l'indirizzo del suo rivale: e non perde tempo a fargli visita.

Il suo attacco improvviso coglie Annibale di sorpresa: prima che egli possa reagire, l'esercito romano pone il suo campo a poco più di un chilometro di distanza dal suo, imbottigliandolo in una stretta valle.

Il comandante cartaginese, comunque, si prepara ad adottare uno stratagemma che aveva già impiegato contro Marcello a Numistro e a Canusium: in questa seconda occasione, Nerone era presente in qualità di legato di Marcello.

Lo stratagemma consisteva nell'attaccare battaglia di giorno, con uno scontro poco significativo ma sufficiente a fiaccare il nemico, per poi abbandonare la posizione di notte.

Come detto, Nerone aveva già visto il trucco. Anzi, a dire la verità, era stato vittima di uno stratagemma anche migliore in Spagna, ad opera proprio di Asdrubale. Il romano aveva imprigionato l'esercito cartaginese bloccando l'uscita di un passo. Ma Asdrubale si era presentato direttamente al suo cospetto, asserendo di essere disposto a trattare l'abbandono da parte del suo esercito del suolo spagnolo. L'esito furono giorni di intense e inconcludenti trattative e notti di silenziose marce con le quali tutto l'esercito cartaginese (elefanti compresi), un poco alla volta, riuscì a sfuggire sotto il naso di Nerone.

Queste esperienze non suggerirono a Nerone misure cautelative e attenzioni difensive, ma lo spronarono a cercare di ripagare gli "astuti cartaginesi" con la loro stessa moneta.

Nerone era intenzionato a scendere il battaglia anche di più di Annibale e si preparò nel modo migliore: fece muovere di nascosto un contingente misto di legionari e di alleati alle spalle dello schieramento cartaginese e diede disposizione perché rimanessero occultati in attesa dell'occasione più propizia per attaccare. Poi fece uscire dal campo il resto del proprio esercito, per invitare i cartaginesi al confronto.

Come sappiamo anche Annibale aveva le idee molto precise a riguardo, ma qualcosa non andò come egli si aspettava. Infatti, dopo la chiamata alle armi, le sue truppe uscirono dal campo alla rinfusa, senza alcun ordine preciso: probabilmente il controllo che il comandante cartaginese esercitava sulle sue nuove reclute non doveva essere ottimale.

Con ammirevole coraggio e colpo d'occhio, Nerone approfittò del disordine nemico e ordinò al contingente di cavalleria di una legione di caricare. Si tratta solo di poche centinaia di cavalieri, ma è la tempestività dell'azione quello che conta. Tanto più che venne sostenuta con decisione da un'analoga azione della fanteria: i nemici furono pressati con tanta energia da dover cedere il campo nonostante i rinforzi che ben presto li raggiunsero.

Solo a questo punto intervenne Annibale, e sarebbe anche riuscito a far valere il proprio carisma tra le truppe, se non spuntassero alle sue spalle le coorti nascoste da Nerone.

La linea cartaginese è scossa e ripiega in disordine.


La crisi sarebbe gravissima se il campo non fosse così vicino: il sicuro rifugio blocca l'inseguimento romano.

Qualunque sia l'entità delle perdite cartaginesi -- appaiono esagerati gli 8.000 morti punici contro i 500 romani caduti secondo Livio -- sono sufficienti a bloccare la realizzazione del piano di Annibale.

Infatti, il giorno seguente Nerone è in grado di schierare nuovamente le sue truppe in battaglia: Annibale non ha stancato i romani al punto di fiaccarne la volontà di lotta. Se vuole sganciarsi deve inventare qualcosa di nuovo.
E puntualmente escogita uno stratagemma: nella notte tutte le sue forze abbandonano la posizione. Tutte non è esatto: un pugno di cavalieri numidi rimane nel campo.

La mattina successiva Nerone schiera le sue truppe in battaglia: ma solo uno sparuto gruppo di cavalieri numidi mette fuori il naso dalle porte.

Nerone ne deduce che Annibale stia ancora meditando sulla sconfitta di due giorni prima. Ma poi anche i cavalieri numidi non si vedono più: solo allora Nerone realizza che deve essere successo qualcosa di poco pulito. Ordina all'esercito di avanzare verso il campo e di prenderlo d'assalto se sarà necessario. In breve: i soldati passarono il resto della giornata a saccheggiare le poche masserizie lasciate indietro dai nemici.

La distanza che separa i due eserciti è però esigua, e non è sufficiente a raffreddare lo spirito di Nerone. Le legioni accelerano il passo e dopo un giorno di marcia forzata - la prima di una lunga serie - raggiungeranno i fuggiaschi ingaggiando un'altra battaglia presso Venusia. Annibale dovette perdere altri 2.000 uomini prima di potersi sganciare per dirigersi verso Metapontum.

Con molta più accortezza di prima, Annibale riprende la propria marcia alla raccolta di nuove truppe. Abbandona Metapontum per ritornare a Venusia, da lì si dirige a Canusium. Qui si ferma e di fronte a lui -- bloccandogli la marcia verso Nord -- si schiera Nerone.

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