torna alla homepagetorna alla homepage
storia militare e cultura strategica
torna alla homepage
 
dalle discussioni
dell'area Warfare di MClink,
a cura di Nicola Zotti
 
home > recce team - 2005


ricognizioni
in territorio ostile


recce team

2004 - 2005
storie
strategia
tattica
what if?
vocabolario
documenti
segnalazioni
link
scrivici


quelle piccole sciabole incrociate

quelle piccole spade incrociate

Viaggi nei
campi di battaglia d'Italia
sulle carte del Tci



CAPIRE È RISCHIARE

recce team



dicembre 2005
ringraziamenti di fine anno


Ho aspettato fino ad oggi, il giorno di Natale, per scrivere queste righe.

Sono questi giorni un po' complicati per me, ma felici.

E sento il bisogno di ringraziare quanti mi leggono (in questi 12 mesi siete stati quasi 35.000) per l'aiuto che mi avete dato facendomi sentire utile.

Ringrazio gli studenti che mi hanno copiato per fare i propri compiti: avete avuto buoni voti? so di una ragazza del liceo che ha preso un 9, spero non sia l'unica.

Ringrazio chi inserisce i miei testi nei forum e non aggiunge né la mia firma né il link a warfare.it: l'importante è che mi abbiano trovato interessante.

RIngrazio chi mi ha criticato: sono pochissimi, in verità, però gli esseri umani sono così distanti tra loro, che chiunque ti si avvicini in fondo ti sta facendo un regalo.

Ringrazio, infine, i moltissimi che mi hanno sostenuto con le loro parole di incoraggiamento: il loro valore è inestimabile.

Un felice 2006 a tutti.

novembre 2005
Che cosa sta succedendo?


In questi giorni la Francia è travagliata da disordini che infiammano, letteralmente, i quartieri periferici di Parigi (e non solo: perché altrettanto accade in Grecia, Olanda e Belgio), prevalentemente abitati da immigrati.

Ho usato un termine improprio: "immigrati". In realtà a quanto pare ad essere protagonisti di ciò che sta succedendo sono in larghissima maggioranza francesi figli, quando non nipoti o bisnipoti, di immigrati.

Ma è difficile non vedere come la condizione di immigrato sia ancora elemento fondante della loro identità: il riferimento, molto probabilmente mitico e superficiale, della propria personalità.

Forse un ibrido tra "là" e "qua": tra cultura d'oltremare e cultura continentale europea: che è a sua volta quell'ibrido che chiamiamo cultura occidentale.

Non mi addentro oltre sulle origini della protesta, se vi sia implicata la malavita che prospera in quelle strade, ed altri dettagli di questo genere di cui sono prodighi i nostri giornali.

Personalmente non riesco a convincermi che l'integrazione debba consistere in masse di convertiti al cristianesimo, o stuoli di kantiani o di marxisti.

E men che meno mi attirano i multiculturalismi o la prospettiva di ulteriori ibridazioni culturali. Mi spiego: le culture si impastano spontaneamente quando hanno qualcosa da dirsi. Guardate, tanto per rimanere in Francia, a quel tanto di bene e di male che hanno fatto i giacobini e quanta influenza hanno avuto sulle culture politiche nei luoghi più sperduti del mondo: dall'Irpina alla Cambogia.

Allo stato attuale, temo che la cultura politica "europea" abbia così poco da dire al Mondo che qualsiasi commistione sarebbe al ribasso. Oggi abbiamo da offrire una versione della nostra storia culturale e politica fatta di pensieri troppo vaghi e molli per sperare che in un matrimonio di culture si riesca a mettere qualche cosa di buono di noi. Così come poco riusciamo ad affascinare e a conquistare quelli che da tanto tempo qui si nutrono, di pane e di idee.

Un giorno una donna scrisse a George Bernard Shaw che avrebbe voluto avere un figlio da lui perché lei era bellissima e lui così intelligente, e il figlio che avrebbero avuto sarebbe quindi stato eccezionale: contemporaneamente bello come la madre ed intelligente come il padre. Il commediografo rispose: "E se invece il nostro bambino fosse brutto come me e stupido come lei?".

La debolezza politica dell'Europa, delle singole nazioni d'Europa intendo, è insieme l'origine e il metro di misura di quello che sta succedendo: non ne usciamo oggi e non ne usciremo domani, finché i nostri pensieri saranno qualitativamente così distanti da quelli che, un tempo ormai lontano, abbiamo avuto.

ottobre 2005
Un "diavolo" di Ammiraglio


Evento da ricordare di questo mese di ottobre: il duecentesimo anniversario della battaglia di Trafalgar e della morte di Horatio Nelson: 21 ottobre 1805.

Per l'occasione non sono mancate ricostruzioni, rievocazioni, celebrazioni.

E, naturalmente, tante belle parole su Horatio Nelson: che, per carità, le merita tutte.

Ma, se permettete, ne merita anche qualcuna brutta. Non tanto per dare un po' di conforto allo spirito di Francesco Caracciolo, ma per rispetto dello stesso Nelson, che santo non era e non ha mai preteso di esserlo.

Brindiamo, dunque, alla memoria di Horatio Nelson: era un diavolo di Ammiraglio. Un diavolo, appunto...


(NOTA: Francesco Caracciolo di mestiere faceva l'ammiraglio della flotta napoletana. Nelson nutriva verso di lui un rancore che gli storici ancora non sono riusciti a spiegare esaurientemente. Più per caso che per convinzione politica, Caracciolo, dopo essere stato congedato dal suo comando -- non senza l'intervento di Nelson -- si trovò alla guida della flotta della Repubblica napoletana. Compito che svolse abilmente, ma inutilmente.
Venne catturato. venne processato. Venne condannato. La pena venne eseguita. Tutto nello stesso giorno. Pena di morte con disonore: impiccato, anziché fucilato come dovuto al suo rango, e il suo corpo gettato in mare, ai pesci, anziché degnamente sepolto. Ognuno di questi passaggi ed ognuna di queste decisioni videro Nelson protagonista).

NZ

settembre 2005
Anniversari dimenticati


Nel settembre di 25 anni fa cominciava la guerra tra Iraq e Iran.

Il 4 settembre l'Iran sparò alcuni colpi di cannone contro le città di Khanaquin e Mandali: non un primo atto di ostilità, ma l'ultimo di una lunga serie di scontri di confine cominciati all'inizio dell'anno.

Il 10 settembre l'Iraq annunciò di aver "liberato" lembi di territorio conteso, per poi denunciare, una settimana dopo, gli accordi con l'Iran sulla sovranità dello Shatt al-Arab .

Il 23 settembre le forze armate irachene invadevano l'Iran, iniziando un conflitto sanguinoso segnato da un singolare scontro di incompetenze che sarebbe terminato otto anni dopo.

Rimanete con me in attesa di vedere quanti ricorderanno questo anniversario.

NZ


agosto 2005
Storiche astrazioni


La storia romanzata e ridotta a pettegolezzo, che incontro sempre più spesso, mi ha provocato un intenso e irrefrenabile desiderio di affidarmi totalmente al pensiero astratto, alla pura logica.

Non ne posso più di riletture dei documenti, di sensazionali scoperte archeologiche, di illuminanti interpretazioni delle prove che riscrivono la storia, di romanzate introspezioni psicologiche dei protagonisti.

Tiri tanto fragorosi, quanto grottescamente corti, solo che, appunto, se ne faccia un esame critico con minimo ricorso alla logica.

Allora esplode evidente la modesta dimensione del pensiero, debole fino alla flebilità, e di fragorosamente sensazionale rimane solo l'entità del fallimento.

La logica astratta ci salva, ci vaccina, e in più cauterizza la ferita all'intelligenza che la sicumera di certi autori provoca in una mente anche solo un poco sensibile.

Purtroppo, l'esercizio della logica è faticoso e non sempre assiste l'intuizione, ed è logorante seguirlo: tanto per l'autore quanto per il destinatario. Molto più semplice è mettere insieme la coppia affabulatore/spettatore.

Quanti delitti alla storia rimangono così impuniti, per pigrizia e per incapacità muscolare del cervello.

NZ

luglio 2005
Waterloo e il carattere delle persone


Leggo sul Corriere della Sera del 24 giugno 2005, in un fondo di Gianni Riotta, che Leonardo Sciascia per capire che tipo di interlocutore si trovasse davanti usasse chiedere: "Lei da che parte avrebbe combattuto la battaglia di Waterloo?"

Secondo Sciascia, o almeno secondo quanto riferisce Riotta, inglesi e francesi sintetizzavano a Waterloo due visioni opposte del mondo: "La Gran Bretagna razionale del duca di Wellington, operosa e industriale, tollerante ma imperiale, libera nel rispetto sovrano della legge, contro la Francia figlia della rivoluzione, madre dei diritti dell'uomo, innamorata di Napoleone. La ragione riformista di Londra contro la passione utopica di Parigi simboleggiano un antico scisma progressista, filtrato nel Novecento dall'icona inglese Bertrand Russell, matematico, pacifista, saggio, contro il totem francese Jean Paul Sartre, filosofo, comunista, tormentato".

Ho fatto anche io questo gioco, senza sapere che Sciascia potesse vantarne la primogenitura.

Anzi, a dire la verità, nel mio ambiente di appassionati di storia militare e di Wargame, non c'è nemmeno bisogno di farla la domanda, perché si conosce già la risposta, ce l'abbiamo scritta in faccia.

Per questo ho qualche dubbio sulle interpretazioni che Sciascia, o Riotta per lui, danno alle possibili risposte: la buttano in politica, mentre a me pare che la lezione che ne possiamo ricavare sia sul carattere degli interlocutori.

Sarebbe troppo facile osservare che la cultura fabiana di Betrand Russell si spingeva ben al di là del riformismo per entrare con gioia nel massimalismo utopista. E certo le passioni dell'uomo male interpretano la flemma "operosa e industriale, tollerante ma imperiale" della razionale Gran Bretagna.

Ugualmente, la durezza glaciale del pensiero del filosofo Sartre, e anche dell'uomo Sartre, non mi ispirano "passioni", utopiche e non.

Wellington a Waterloo cercò, riuscendoci, di chiudere la parentesi espansionista francese, più che quella rivoluzionaria. Napoleone, al contrario, riaccese nei suoi uomini lo spirito rivoluzionario (come Mussolini durante la Repubblica di Salò) solo per dare nuova energia morale ai suoi propositi di grandezza.

Le propensioni politiche degli individui sono ben al di là del fuoco che brucia sotto questa storia.

Nell'immaginario collettivo e in ciò che ci piace credere, più che nella realtà storica, gli inglesi a Waterloo sono il simbolo della fredda fermezza e della solidità, i francesi al contrario, quello dell'impeto e dello slancio generoso.

Questo sì, ci dice qualcosa dei caratteri, anche se le prime qualità spesso degenerano in arroganza e le seconde in impazienza.

Suggerirei dunque a Sciascia se fosse ancora vivo, o a Riotta, di riflettere che si può essere riformisti accesi o rivoluzionari freddi: i primi sarebbero stati comunque in prima linea con le cariche della cavalleria francese, mentre i secondi avrebbero tenuto duro nei quadrati dei reggimenti inglesi.

NZ

giugno 2005
Pensando al 2 giugno

Una domanda, più politica che futile, o forse entrambe le cose.

Sarebbe stato migliore profeta chi avesse preconizzato nel 1921 tutto il pericolo del fascismo o chi quello stesso anno avesse predetto l'avvento della Repubblica?

Ho la mia opinione, per lo meno su quale dei due sarebbe stato, anzi è meglio dire era, il più utile.

Eppure nessuno mi leva dalla testa che quelli che predicono un domani prossimo siano molto meno ascoltati di chi descrive ciò che avverrà tra 25 anni.

NZ

maggio 2005
Sul relativismo



Agnostico, di cultura liberale e idee politiche socialiste, privo di senso del sacro, dovrei sentirmi chiamato in causa dalla condanna del relativismo che ha fortemente segnato questa fase iniziale del pontificato di papa Ratzinger.

Invece sono d'accordo con lui.

Sono da sempre convinto che la verità esista e non possa essere messa ai voti, e che la maggioranza non sempre e non necessariamente abbia ragione.

Tuttavia non è indispensabile credere a verità immanenti e rivelate per essere contro il relativismo: la scienza non conosce verità assolute, ma solo ipotesi falsificabili che vengono rigettate definitivamente o accettate provvisoriamente.

E in nome della ragione, della logica, del metodo scientifico, maturano idee certo meno eterne di quelle di fede, ma non per questo più immuni dal pericolo del relativismo.

In più, ho l'intimo piacere di considerare il liberalismo, col suo rispetto per le minoranze e per le loro opinioni, qualcosa di eticamente più elevato della tolleranza religiosa.

NZ

aprile 2005
Morto un papa se ne fa un altro



Lo dico con tutto il rispetto di un laico agnostico.

I cattolici non dovrebbero dimenticare che il papa è un uomo ispirato direttamente dallo Spirito santo.

Ogni papa lo è con la stessa intensità.

La morte di un papa non interrompe la Storia della chiesa ma la prolunga in una successione non terminabile dall'uomo di segnali di fede e di speranza.

Un papa che si spegne accende la luce sul suo successore: non lo copre con la sua ombra: questo lo possono fare solo i fedeli se seguono le vanità del mondo.

Vanità delle vanità: considerare il papa un Manager, che deve essere forte, presente, reattivo, efficiente. Fisicamente all'altezza del ruolo.

Come se per il papa lo Spirito santo non fosse già una forza bastevole e sufficientemente carismatica. O debba essre considerato allo stesso livello di un'equipe medica o di un "personal trainer".


NZ

marzo 2005
Scegliersi i nemici


Un consiglio generale: imparare a scegliersi i nemici.

I criteri possono essere vari.

1) Odio militante, in modo irrazionale ed eventualmente autolesionistico.

2) Raziocinio operoso, con attenta analisi dei propri interessi e di chi si adopera per lederli.

3) Oculato realismo: prendendo le misure ad un avversario che si può battere oggi e nei secoli a venire.

4) Agonismo dadaista: perché se il conflitto è inevitabile tanto vale che sia eccitante.

Di fatto, poi, sono sempre i nemici a scegliere per primi...

NZ

gennaio 2005
Previsioni per l'anno nuovo...



..ahimé non ne ho.

Devo ammettere però che mi piacerebbe.

Proprio nei giorni scorsi ho visto in televisione la replica di una di quelle trasmissioni televisive locali che parlano di calcio.

A giochi fatti, ovvero a risultato acquisito, ho riscontrato che solo due "commentatori" su almeno una dozzina avevano visto quasi giusto: non hanno preso il risultato esatto, ma almeno hanno espresso preoccupazione, timore, dubbi, lasciando intendere che le cose potevano andare peggio di quanto ci si aspettasse.

La lezione che ne ho ricavato: per azzeccare le previsioni bisogna esprimere preoccupazioni, timori, dubbi.

Non far parlare il cuore o la speranza.


NZ