torna alla homepagetorna alla homepage
storia militare e cultura strategica
torna alla homepage
 
dalle discussioni
dell'area Warfare di MClink,
a cura di Nicola Zotti
 
home > recce team - 2008


ricognizioni
in territorio ostile


recce team

2008 - 2009
storie
strategia
tattica
what if?
vocabolario
documenti
segnalazioni
link
scrivici


quelle piccole sciabole incrociate

quelle piccole spade incrociate

Viaggi nei
campi di battaglia d'Italia
sulle carte del Tci


CAPIRE È RISCHIARE

recce team

 
Novembre 2008
Questioni di casta


Tutto si tiene.

Faccio appena in tempo, il mese scorso, a pubblicare qualche pensiero sulla distinzione cittadino-soldato / guerriero-cittadino, che la stampa ci propone due notizie, una ai limiti del grottesco e l'altra di ben diversa drammaticità.

Quella grottesca proviene -- si può dubitarne? -- dal nostro paese, e la potete leggere sul Corriere della Sera del 14 novembre sotto il titolo «Un posto da ricercatore, un solo candidato: il figlio del professore»: nel quale l'accademico/padre (Giuseppe Nicòtina) spiega i meriti del figlio (Ludovico), solitario partecipante e quindi inevitabilmente vincitore di un concorso da ricercatore, sostenendo che «...i figli dei docenti sono più bravi perché hanno tutta una "forma mentis" che si crea nell'ambito familiare tipico di noi professori».

L'altra giunge dal subcontinente indiano (il 23 novembre, nemmeno una settimana prima dell'attacco terroristico a Mumbay), dalla cittadina di Patna, nel Bihar, dove è stato assassinato un "intoccabile" di 15 anni per una lettera d'amore scritta ad una ragazza di casta superiore e per questo gettato sotto un treno davanti agli occhi della madre.

Profeticamente, mi concedo di dire a questo punto, avevo sollevato la questione delle implicazioni di un assetto sociale per caste insite nella riproposizione della figura del guerriero a discapito di quella del soldato.

Senza moralismi, che non mi sono caratteriali, mi sono limitato a tratteggiare sommariamente un atteggiamento che ritengo poco meditato, ovvero comunicare il ruolo del militare nella società moderna sotto la fattispecie del "guerriero" anziché sotto quella consolidata nella società occidentale del "soldato".

Le due notizie citate in apertura, seppure distanti come anticipato per drammaticità, ci riportano ad altre implicazioni: può una società essere moderna eppure divisa in ceti sociali chiusi o addirittura in caste? ovvero può rinunciare alla mobilità sociale interna se in questo modo si propone di realizzare il migliore impiego possibile delle proprie risorse umane, come implicitamente sostiene il professor Nicòtina? e soprattutto può farlo nell'ambito della sicurezza, assegnando a "guerrieri nati" la difesa dell'intera comunità?

La modernità non è solo progresso, è anche crisi, recessione e restringimento inarrestabile delle opportunità, condizioni che impongono come più naturale delle scelte a protezione di sé e dei propri congiunti, l'estrema difesa del diritto acquisito, delle relazioni pregresse, dei vincoli di clan.

In questa luce, per esemplificare, anche richiamare in servizio i "guerrieri", propone una "Kshatriya" (la casta guerriera degli indiani) assai singolare: avendo lo scopo di difendere, all'occorrenza anche con le armi, i privilegi e gli stipendi dei suoi appartenenti prima che l'ordine sociale della comunità in cui è inserita nel suo complesso.

La nostra società richiede di modificare la scala liberale dei valori affermando che merito e qualità provengono dalla nascita e non da altro, incluse conoscenze, capacità, esperienza, intelligenza? Se le regole del gioco sono queste, o meglio sono ormai esclusivamente queste, senza qualche ipocrisia in più del passato, allora c'è da chiedersi innanzitutto quali saranno le pene per i trasgressori, quei "diversamente abili" la cui sola individuale esistenza perturba gli equilibri, auspicando una società che sia "civile", in quanto più bonaria rispetto a quella della tragedia indiana.

Una seconda questione aperta, più politica, apre uno scenario non banale: se la nostra società, partendo da un insieme anarchico e conflittuale di ceti sociali chiusi, si sta inesorabilmente stratificando in caste, mediante quale processo si metterà ordine tra loro articolandole in una opportuna scala gerarchica? La rottura, in questo caso, dopo quella delle tradizioni liberali, avverrebbe rispetto a quelle socialiste, cristallizzando le dinamiche politiche tra ceti sociali.

Con le opportune distinzioni e sfumature è indubbiamente un bell'argomento di discussione: perché il mutamento sociale segue dinamiche sommerse, che si leggono, e solo parzialmente, a posteriori.

NZ

Giugno 2008
Italianità


Nessun argomento tra i molti che ho trattato qui su Warfare in oltre 4 anni ha stimolato una reazione tra i lettori quanto la battaglia del Trasimeno.

Di fronte a queste reazioni mi sono deciso ad approfondire l'argomento cercando di spiegare in un altro articolo (intitolato "Il Trasimeno: ma dove?") le mie ragioni: mi è sembrato un atto di rispetto nei confronti di questi lettori e spero che lo sappiano apprezzare, pur rimanendo ciascuno sulle rispettive posizioni.

Il motivo di questo Recce è però un altro: ammiro molto l'amore che questi lettori hanno nei confronti dei luoghi in cui vivono e che io probabilmente secondo loro, con le mie opinioni, ho in qualche modo deprivato dell'onore di aver fatto da scenario ad un così grande evento storico.

È un amore che è un tratto caratterizzante di noi italiani e che mi rende -- è difficile spiegarmi -- in qualche modo accettabile essere trattato a male parole da un ragazzo di 15 anni.

Altrettanto interesse ha sollevato anche il mio testo sulla sicurezza. Un'attenzione molto meno polemica e, almeno per il momento, più concorde con le opinioni che ho espresso, e che sfioravano la situazione della sicurezza in Italia affermando l'importanza di una strategia politica "alta" per affrontarla e risolverla.

Ho la convinzione che i due flussi di e-mail siano collegati ed ispirati allo stesso amore disperato per il nostro Paese.

Un amore che cerca solo il modo e le forme per esprimersi. Cerca, inesausto e instancabile, e quando trova anche strumenti modesti come quelli che offro io, urla finalmente: quanta energia, quanta forza, quanta voglia di lottare in questi italiani.

NZ

Aprile 2008
Scendere dal carro del vincitore


A inizio mese ho sbertucciato anche io Luca Luciani, il dirigente della Telecom inciampato in una quanto meno inappropriata ed inesatta citazione della battaglia di Waterloo.

A distanza di poche ore, io che non sono mai salito sul carro del vincitore e per puro caso mi ci sono trovato in questa occasione, ho annunciato che ne sono sceso.

Alcuni lettori un po' sorpresi da questa mia marcia indietro, mi hanno chiesto spiegazioni, anticipando quella che era già mia intenzione, ovvero scrivere queste poche righe di spiegazione su come io intendo la "colonnina infame".

Sulla "colonna infame" di manzoniana memoria erano incisi a imperituro disonore i nomi degli "untori". E la mia "colonnina infame" più modestamente vuole sottoporre al pubblico ludibrio gli untori dell'odierna abissale ignoranza.

Tuttavia, come è noto, la colonna infame oggi è anche il simbolo del cieco furore di chi quei supposti untori perseguitò, proprio a ragione della propria ignoranza, ed ebbe a vergognarsene.

Allora la colonna infame è una duplice gogna, di fatto e metaforica, un doppio monito: per chi vi è descritto, ma anche per chi vi scrive.

Nella fattispecie di quanto ha visto protagonista il dirigente della Telecom, io non mi sono sottratto alla condanna della sua ignoranza, ma poi sono dovuto necessariamente scendere da un carro di accusatori che ho constatato in molti casi altrettanto ignoranti e altrettanto volgari.

Non godo dell'ignoranza altrui: ne soffro, perché amo ciò che studio e fatico per imparare ogni giorno un poco di più. Né godo nell'umiliare chicchessia, neppure gli ignoranti, come trovo vile infierire sui perdenti.

Temo infine moltissimo l'invidia, ovvero temo che i miei giudizi possano essere plasmati da questo spiacevole sentimento.

Tirando le somme, ho voluto prendere le distanze da questa gogna che come tutti i patiboli è il luogo della gara a chi è peggiore tra il condannato e il suo boia.

NZ

Marzo 2008
Piano piano...


...sto cercando di riempire i vuoti di questa disordinata carovana di idee che è warfare.it.

Non sono spaventato dal fatto che gli argomenti da trattare siano innumerevoli, o dalla loro complessità (il che la dice lunga sulla mia sanità mentale) anzi, la cosa mi rallegra: da un po' di tempo a questa parte sono più preoccupato della sistematicità e dei collegamenti tra i concetti stessi.

Ad esempio questo mese ho trattato lo Schwerpunkt e il processo di individuazione dello Schwerpunkt: su questo tema ci sono innumerevoli chilometri di parole ai quali aggiungo anche le mie: probabilmente sono superflue nel grande teatro delle idee, ma su questo piccolo palcoscenico ne sentivo la mancanza.

Per inciso spero che l'argomento stimoli i lettori perché non sono completamente soddisfatto di come l'ho trattato.

Tornando al tema principale, il movimento mi pare lento ma costante. Sono curioso di vedere (se mi concedete il paradosso) come andrà a finire...

NZ

gennaio 2008
>100.000?


Come ho fatto l'altro anno riporto i risultati statistici di warfare.it, secondo i dati forniti dal mio provider:

 
2007
2006
variazione
visitatori >111.500 >56.419 +98%
visite 142.980 68,858 +108%
pagine viste 471.265 215,578 +119%

Le cifre di visite e pagine viste sono precise, quella dei visitatori, che è forse la più interessante, no, perché i visitatori non sono individuati su base annua, ma su base mensile, per cui quelli che si presentano in mesi diversi sono contati più volte.

Ho provato ad ottenere cifre più precise con altri programmi di statistica, ma si è rivelata un'inutile perdita di tempo, perché dovevo escludere manualmente gli accessi da parte dei catalogatori automatici di pagine e non sono riuscito a farlo, anzi, ottenevo un numero persino maggiore.

Credibilmente, i visitatori sono dunque stati un bel po' meno di 100.000, e considerando coloro i quali si collegano da macchine diverse (ad esempio dall'ufficio e da casa), un'altra fetta andrebbe tagliata, fate voi di quanto.

Inizio a sentire un po' il peso di questi numeri: dovrei probabilmente offrirvi qualcosa di molto più sistematico ed ordinato, ma non so se ne sono capace.

Ironico per uno che studia la strategia e l'arte militare da una trentina d'anni, non essere in grado di applicarne una a se stesso.

Il mio auspicio, nell'attesa che i miei sforzi per riuscire in questa impresa abbiano almeno qualche parvenza di successo, è che la sistematicità la troviate voi: che dal caos concettuale di warfare.it, riusciate a costruire un ordine e un senso.

Datevi da fare, ho molta fiducia in voi e sono sicuro che le mie speranze sono ben riposte.

NZ