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settembre 2006
Phileas Fogg e lo spirito dell'Occidente


Più o meno due anni fa anticipai con due articoli (Che cosa Rumsfeld deve imparare dai bizantini e Quando l'Occidente è il peggior nemico di se stesso) alcune analogie tra la nostra condizione attuale di occidentali e l'impero bizantino: ci scherzo sopra, però mi lusinga il fatto che anche altri ben più importanti e colti di me si siano accorti di quanto importante sia stato l'impero bizantino.

Allora mi lancio in un'altra riscoperta: Phileas Fogg, il protagonista del grande romanzo di Jules Verne, "Il giro del mondo in 80 giorni".

Scritto all'ombra di una delle guerre più importanti per l'Occidente, la guerra Franco-prussiana, nel romanzo il francese Verne descrive l'inglese Fogg con tutti i luoghi comuni che può immaginare, in realtà descrivendo l'archetipo dell'uomo occidentale dell'epoca, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti.

Un uomo di forma e di sostanza, fino al parossismo. Capace di percorrere la strada da casa al Reform Club sempre con lo stesso numero di passi, ma anche in grado di riconoscere un gatto in salmì spacciatogli per coniglio.

Un uomo, soprattutto, così amante delle sfide e del rischio da proporre la scommessa alla base del libro. Così fedele ai suoi principi da salvare dal rogo la vedova Aouda, infischiandosene del rispetto delle tradizioni indiane.

Così irrituale, cosmopolita e aperto non solo da portare con sé Aouda, ma anche da sposarsela.

Questi eravamo: un'accolita di Phileas Fogg.

Che cosa siamo oggi non lo so, perché non c'è un Jules Verne a raccontarcelo.

NZ

gennaio 2006

Sono un uomo dell'Ottocento


Ho
fatto questa scoperta.

Giorni fa, mentre mi recavo da un amico col quale intrattengo sempre lunghe conversazioni sugli argomenti più disparati, mi sono accorto che sono un uomo dell'Ottocento.

Le idee che ho, la loro origine intendo, risale a quel secolo, con qualche importante aggancio al pensiero del Settencento e qualche debole relazione con alcune idee del Novecento.

Delle due l'una: o sono rimasto indietro io -- e ciò è possibile -- o il Novecento (e aggiungiamoci pure questo scampolo di XXI secolo) non è che abbia prodotto idee di particolare rilievo. Tali da mettere veramente in crisi il pensiero dell'Ottocento.

Nella prima ipotesi la questione è personale: diciamo che potrei essere considerato un caso umano, un relitto, insomma, fate voi.

Ma nel secondo caso la questione si fa molto più dolorosa.

Posto che ovviamente il mondo è cambiato in questo secolo, e molto, non mi pare siano "sul mercato" attrezzi adatti a lavorarci sopra.

Meglio: le questioni sono due:

  1. abbiamo delle chiavi inglesi in millimetri e cerchiamo di stringere dei bulloni in pollici?
  2. oppure l'automobile nella quale ci troviamo è così impegnata a muoversi velocemente che non ha tempo per pensare dove andare?

Se avessi la risposta non sarei un uomo dell'Ottocento...

NZ